La climatologia e la sufficiente accuratezza
La prima mappa delle isoterme del pianeta (Alexander von Humboldt,
Sulle Linee Isoterme e la Distribuzione di Calore sulla Terra, 1817)
“Ma la climatologia non è una scienza esatta!” è un’affermazione a volte utilizzata per minimizzare e cercare di ridurre l’importanza del riscaldamento globale in atto, di suoi impatti, e sulle proiezioni per il futuro. Innanzitutto, molto ci sarebbe da capire su cosa si intenda per ‘scienza esatta’: una scienza in grado di modellare i fenomeni di cui si occupa e prevederne gli effetti senza alcuna incertezza? Una scienza in cui non esistono ambiguità possibili, e in cui a una precisa causa o insieme di cause segue necessariamente un preciso effetto o insieme di effetti, preciso nella sua entità, nello spazio e nel tempo?
Se queste sono le condizioni, non esistono “scienze esatte”, e tantomeno lo è la climatologia. Se invece con “scienza esatta” si intende una scienza dotata di proprie leggi specifiche con la loro struttura matematica e fisica, in grado di riprodurre e prevedere fenomeni con sufficiente accuratezza, ecco che la climatologia diviene esatta, come lo sono altre scienze che descrivono la natura. (altro…)
Aerosol, la “materia oscura” del sistema climatico
Se stessimo a sentire solo i media, più o meno social, sembrerebbe che il dibattito climatico sia ancora fermo a problematiche, come la causa del riscaldamento globale, risolte invece da almeno 30 anni, individuando nelle emissioni antropiche di CO2 la ragione largamente preponderante. Tuttavia, se solo coloro che negano ancora questa evidenza si informassero un poco di più, potrebbero trovare un sacco di materiale forse più interessante e realmente legato a dibattiti scientifici in corso. È il caso dell’ aerosol, una sorta di “materia oscura”, ancora sfuggente, nel sistema climatico.
Sono ormai decenni che le Nazioni Unite, attraverso l’IPCC, presentano una tabella (Fig. 1) in cui il contributo energetico (la cosiddetta “forzante radiativa”) dell’aerosol atmosferico al riscaldamento globale continua ad essere presentato con un livello di incertezza molto ampio. Certo, questo non può togliere ai gas climalteranti il primato nel modificare il clima del pianeta, ma è sufficiente a causare deviazioni, anche consistenti, nel trend generale (come ad esempio la pausa del riscaldamento globale negli anni ‘60-70) e, cosa interessante, forse anche nel brevissimo periodo (2010-2014).
Figura 1: Tabella dell’ultimo rapporto dell’IPCC nel 2013 con i contributi energetici delle varie componenti che influenzano il sistema climatico. L’ampia barra di incertezza legata agli aerosol è rimasta sostanzialmente invariata a partire dalla prima presentazione di questa tabella nel rapporto IPCC del 1995. (altro…)
L’ex-ambientalista che non ha ancora capito cos’è la crisi climatica
Nel libro “Elogio della crescita felice: contro l'integralismo ecologico”, Chicco Testa condisce un pastone di luoghi comuni sull’ambientalismo integralista con alcuni svarioni sul tema del cambiamento climatico, di cui sembra ignorare gli ultimi dieci anni di evidenze scientifiche, e di cui non riesce a cogliere la gravità.
Portare ottimismo e positività nella lotta al cambiamento climatico e in generale ai diversi problemi ambientali può essere una cosa utile e benemerita. Il libro di Chicco Testa, “Elogio della crescita felice: contro l'integralismo ecologico” non raggiunge l’obiettivo, a causa di un’analisi superficiale e spesso supponente in cui il “serio riformismo ambientalista” si riduce ad una minimizzazione della gravità dei problemi stessi, in nome di una fiducia irrazionale nei poteri taumaturgici dell’innovazione tecnologica.
Il libro tratta moltissime questioni ambientali, dalla gestione dei rifiuti all’inquinamento dell’aria, dagli OGM al glifosato, dall’elettrosmog all’energia nucleare, dalla Xylella alla plastica. Ci limitiamo qui a commentare come il libro affronta la questione dei cambiamenti climatici: un approccio vecchio di almeno 20 anni, in cui risuonano molte delle falsità e delle argomentazioni minimizzatrici della crisi climatica già sentite su Il Foglio, da parte degli ambienti liberisti (es. l’Istituto Bruno Leoni) che fino a ieri negavano l’esistenza del problema climatico. E con alcune tesi inedite. (altro…)
Conferenza SISC2020, online e gratuita
Visto che si dice
di approfittare delle opportunità che offre la crisi Covid-19, segnaliamo che quest’anno la conferenza annuale della Società Italiana per la Scienza del Clima (SISC) “ClimRisk2020: Time for Action! Raising the ambition of climate action in the age of global emergencies” si terrà in remoto e sarà visibile online gratuitamente, collegandosi a questo indirizzo della piattaforma Anymeets.
Si svolgerà da mercoledì 21 ottobre a venerdì 23 ottobre, con un ricco programma di relazioni che prevede cinque sessioni parallele su tutti i temi della scienza del clima; in più, sessioni poster che permettono, quando la sessione è attiva, di parlare con il presentatore.
Il programma dettagliato con i nomi dei relatori e i titoli degli interventi è qui.
Da notare le tre keynote lecture, di Sabine Fuss (The role of carbon dioxide removal for CO2 neutrality), di Scott Barret (The status and future perspectives for the global cooperation on climate change) e di Andra Meneganzin (From niche construction to ecological traps: an evolutionary perspective on anthropogenic climate change).
La lingua della conferenza è l’inglese.
Impact – soluzioni per una crisi
Per quattro lunedì, dal 12 ottobre al 2 novembre, dalle ore 20.30 alle 21.00 sulla rete SkyTg24 (in chiaro canale 50 digitale terrestre) andrà in onda una trasmissione interamente dedicata alla crisi climatica, e alle sue soluzioni.
Nelle quattro puntate di “Impact - soluzioni per una crisi”, curato e condotto da Daniele Moretti, con l’aiuto di chi scrive e di Stefano Pogutz, si parlerà di molti temi trattati da Climalteranti, dalle cause del surriscaldamento globale al consenso fra gli scienziati sulla sua origine antropica, dalla comunicazione del cambiamento climatico al negoziato sul clima, dalle strategie per la mitigazione al ruolo delle imprese e delle persone.

Il programma è arricchito dalle interviste a molti esperti nazionali ed internazionali, fra quest’ultimi John Cook (Center for Climate Change Communication at George Mason University) , Anthony Leiserowitz (Yale Program on Climate Change Communication), Naomi Oreskes (autrice di “Mercanti di dubbi”), Elizabeth Kolbert (autrice di La sesta estinzione), Pete Smith (Università di Aberdeen), Robert Costanza (economista ambientale padre dell’idea di “Capitale naturale”), Niklas Hohne (New Climate Institute), Janos Pasztor (direttore della director of the Carnegie Climate Governance Initiative), Barbara Buchner (Climate Policy Initiative), Amory Lovins (Rocky Mountain Institute), Julio Friedmann (Center for Global Energy Policy, Columbia University), Mark Jacobson (Stanford University), Jennifer Morgan (Greenpeace International), Steven Tebbe (CDP -Carbon Disclosure Project), Sabine Fuss (Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change).
La prima puntata inizierà con un ricordo di Koni Steffen, con immagini del luogo della sua scomparsa e un’intervista al figlio.
La trasmissione sarà visibile in chiaro sul digitale terrestre (canale 50) o sui canali 100 e 500 di Sky.
Testo di Stefano Caserini
I fondi europei per la ripresa post Covid-19 e le politiche sul clima
La decisione del 21 luglio scorso dei Capi di Stato degli Stati Membri UE sull’allocazione dei fondi per la ripresa fornisce degli strumenti che consentirebbero una ripresa verde, ma la partita dell’azione contro i cambiamenti climatici sarà da giocare in casa

Il 21 luglio 2020 sono state adottate da parte del Consiglio europeo delle conclusioni su Next Generation EU ed il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP). Ma come è stata affrontata la dimensione ambientale e l’azione per la lotta ai cambiamenti climatici nelle decisioni sulle risorse per la ripresa?
La decisione del 21 luglio scorso dei Capi di Stato degli Stati Membri UE sull’allocazione dei fondi per la ripresa fornisce degli strumenti che consentirebbero una ripresa verde, ma la partita dell’azione contro i cambiamenti climatici sarà da giocare in casa
Il 21 luglio 2020 sono state adottate da parte del Consiglio europeo delle conclusioni su Next Generation EU ed il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP). Ma come è stata affrontata la dimensione ambientale e l’azione per la lotta ai cambiamenti climatici nelle decisioni sulle risorse per la ripresa?
Lo strumento Next Generation EU fornisce 750 miliardi di euro aggiuntivi a disposizione degli Stati Membri, rinforzando in parte i programmi ed i canali esistenti e previsti nel QFP 2021-27 per 77.5 miliardi di euro, e per la maggior parte confluendo in un Fondo per la Ripresa e la Resilienza (672,5 miliardi di euro, di cui 312,5 miliardi a fondo perduto e 360 miliardi in prestiti), che sarà istituito entro gennaio 2021. Il QFP 2021-27, anch’esso dettagliato nelle conclusioni del Consiglio di luglio, è dotato invece di 1 074,3 miliardi di euro. Le risorse aggiuntive dello strumento Next Generation EU, quindi, sono allocate attraverso i canali esistenti e secondo le regole e le condizionalità rilevanti a ciascun programma (Attraverso React-EU, Orizzonte Europa, InvestEU, Sviluppo Rurale, Fondo per la transizione giusta e RescEU), nonché attraverso il Fondo per la Ripresa e la Resilienza, i cui criteri di allocazione saranno chiari nel relativo regolamento futuro. Per il momento, non sono presenti nella proposta di istituzione del Fondo criteri di allocazione specificamente di carattere ambientale.
Campati per aria
Pubblichiamo una presentazione del libro “Campati per aria” (eléuthera, Milano, 2020), scritta dall’autore, Mauro Van Aken. Una riflessione su come tradurre i sentimenti di paralisi, di paura e i dinieghi sociali della crisi climatica in desideri di cambiamento. Discernere i molteplici aspetti sociali, culturali ed emotivi del “tempo che cambia” è un passo generativo sempre più importante.
La crisi climatica ridefinisce oggi socialmente le dimensioni del tempo, e di agibilità del futuro: è la prima volta che una generazione, i “nuovi venuti” come li chiamava Hannah Arendt, in altri tempi di crisi, si trova di fronte a scenari catastrofici, ad una profonda incertezza, ad una difficoltà ad immaginare il proprio futuro. E ciò proprio perché sappiamo dell’impatto dei gas climalteranti della nostra produzione fossile, così a fondamento delle nostre idee di modernità, degli utilizzi di energie e del mondo così come lo conosciamo nel contesto delle società industrializzate e dell’economia del carbonio. È uno scontro intergenerazionale latente e potente che sta dietro al “How did you dare?!” di G. Thunberg, rivolto alle Nazioni Unite, lanciato verso una generazione che ha beneficiato, e dato per scontato, le libertà dell’economia del carbonio: quella di pensarsi libera, “fuori” da limiti ambientali. E sappiamo anche come tradurre l’economia del carbonio in un’economia fondata sulle rinnovabili, ma ciò richiede un radicale cambiamento sociale e politico che stenta ad avviarsi a causa della mancanza di un governo transnazionale su una questione planetaria, un bene comune di nuova scala che rimane un “male comune” (Beck, 2017).
Di queste urgenze e della necessità di discernimento, questo blog è stato importante portavoce negli anni, rivelando anche la necessità di un’alleanza, anche inedita, tra saperi. Vorrei qui sintetizzare, alcuni aspetti che rendono la crisi climatica una questione sociale e culturale: non solo nelle conseguenze, come amplificatore delle diseguaglianze nel sud del mondo, di cui storicamente l’antropologia culturale si è occupata a partire anche dai conflitti ambientali, la perdita di autonomia e la crescente competizione nella gestione delle risorse. Ma culturali sono anche gli ostacoli che rendono difficile fare della crisi climatica una dimensione pubblica a “casa nostra”: culturali sono anche le risorse necessarie per tradurre i dinieghi di fronte a questo “impensabile” (Ghosh, 2016) in desideri sociali di cambiamento. (altro…)
Konrad Steffen, una vita per i ghiacci della Groenlandia
Il grande glaciologo svizzero, conosciuto soprattutto per le sue ricerche in Artico, ha di recente perso la vita cadendo in un crepaccio nei pressi dello Swiss Camp, la stazione da lui creata per monitorare i ghiacci polari. Climalteranti vuole qui ricordarlo come esempio di grande dedizione alla ricerca anche in condizioni estreme e come fonte di ispirazione per gli scienziati del clima.
L’8 agosto 2020 Konrad Steffen, uno dei più importanti e preparati studiosi dei ghiacci della Groenlandia, è caduto in un crepaccio vicino alla stazione di monitoraggio che aveva creato e gestito per trent’anni. Era l’ultima missione che avrebbe fatto allo Swiss Camp, condotta allo scopo di dismettere il campo, perché anche quella parte di piattaforma della Groenlandia stava cedendo. Già i crepacci avevano danneggiato la postazione ed in uno di questi crepacci è caduto il grande scienziato, pur molto esperto di sicurezza.
Una tragedia che fa riflettere, su come gli impatti del cambiamento climatico rendano più difficile anche la ricerca scientifica, in particolare per chi studia i ghiacci del pianeta, polari o continentali.
Quanto a lungo rimane la CO2 in atmosfera?
Per comprendere quanto la questione del surriscaldamento globale sia urgente e diversa da altri temi ambientali, è utile aver chiaro il comportamento della CO2 in atmosfera, ossia quanto a lungo questo gas rimane in aria una volta emesso dalle attività umane.
Mi è capitato di leggere vari articoli in cui si dice che la permanenza della CO2 è di X mesi, di Y anni o anche di Z decenni, con valori diversi per X, Y e Z. I valori sono così diversi perché sono tutti sbagliati, in quanto non esiste un unico valore di permanenza alla CO2in atmosfera. Per spiegarlo occorre una piccola premessa.
Per descrivere la durata di una sostanza (o anche di un isotopo radioattivo) nell’atmosfera, di solito si utilizza un parametro detto “tempo di vita medio” (mean lifetime) o a volte il “tempo di semivita”, che rappresentano rispettivamente il tempo dopo il quale è ancora presente in atmosfera il 37% e il 50% della quantità iniziale. Generalmente le sostanze hanno uno specifico processo di rimozione, e la dinamica di decadimento è di tipo esponenziale (o del primo ordine), per cui il tempo di vita medio e il tempo di semivita possono essere stimati a partire dalla costante che descrive il decadimento esponenziale (tempo di vita medio e di semivita sono rispettivamente l’inverso della costante di decadimento e l’inverso moltiplicato per il logaritmo di 2, una buona spiegazione è disponibile anche su wikipedia). (altro…)
Il cambiamento climatico: un autogol evolutivo per Homo sapiens?
Sin dagli albori della sua storia evolutiva Homo sapiens ha fatto della modifica dell’ambiente l’arma del suo indiscusso successo. Oggi quell'arma gli si sta rovinosamente rivoltando contro e il cambiamento climatico ne è la prova più evidente e drammatica. Un recente studio analizza le radici evolutive della trappola ecologica che l'uomo si è creato e le ragioni per cui fatica ancora oggi a coglierne l'urgenza, tracciando infine alcune soluzioni per disinnescarla.
Nel comunicare i rischi legati al cambiamento climatico e il nostro rapporto con la biosfera, troppo spesso emerge una narrativa a senso unico. Da una parte c’è un pianeta da salvare – è là fuori, altro da noi, apparentemente con interessi in conflitto con i nostri; dall’altra, la specie invasiva responsabile del danno e su cui incombe la scelta di un ultimo atto “eroico”.
Un’immagine che tradisce tutta la presunzione di Homo sapiens, e ignora un’asimmetria fondamentale: siamo noi ad aver bisogno di biodiversità ed ecosistemi in buona salute, in grado di garantirci servizi gratuiti e fondamentali (disponibilità di acqua, terreni fertili, mari produttivi, impollinazione delle piante) e di mantenere stabile la nicchia climatica che ci ha permesso di prosperare per migliaia di anni. Il pianeta, in fondo, ha fatto a meno di noi per gran parte della sua storia e troverebbe ugualmente il suo corso anche se la scimmia nuda desse definitivamente forfait. (altro…)

Quando la scienza si piega alla politica: il negazionismo climatico nel rapporto del Dipartimento dell’Energia USA

Tira un gran brutto vento

Diluvio, un grande romanzo sulla crisi climatica

La storia del clima in Italia

Il momento delle scelte: un obiettivo di riduzione del -90 al 2040 per l’Unione europea

Il clima come bene comune

L’Italia si sta allontanando dai suoi obiettivi sul clima

Come comunicare la crisi climatica ai disimpegnati

100% di elettricità rinnovabile è possibile
