FenomenologiaIPCC

Il sesto rapporto IPCC

È in corso di svolgimento a Ginevra il meeting IPCC che si concluderà il 9 agosto con il rilascio del 6° Rapporto del Primo Gruppo di lavoro, sulle basi fisiche del cambiamento climatico (Climate Change 2021: the Physical Science Basis).

Si tratta di un documento scientifico di grande interesse, perché riassume le conoscenze scientifiche sulla fenomenologia del problema, ad esempio sui dati che mostrano l’inequivocabile surriscaldamento globale in corso, i diversi modi in cui emerge in modo chiaro l’influenza delle attività umane, le proiezioni future a livello globale e regionale.

Il rapporto è diviso in 12 capitoli: 

1: Framing, context, methods

2: Changing state of the climate system

3: Human influence on the climate system

4: Future global climate: scenario-based projections and near-term information

5: Global carbon and other biogeochemical cycles and feedbacks

6: Short-lived climate forcers

7: The Earth’s energy budget, climate feedbacks, and climate sensitivity

8: Water cycle changes (altro…)

AttribuzioneEventi estremiRecordStatisticheTraduzioni

Attribuire rapidamente la responsabilità per un’ondata di calore: il caso del nord-ovest dell’America

Pubblichiamo la traduzione del post “Rapid attribution of PNW heatwave” di Realclimate.

Riassunto: era quasi impossibile che le temperature osservate nella recente ondata di calore sul nord-ovest dell’America si verificassero senza il riscaldamento globale. Ed anche con l’attuale riscaldamento era improbabile che accadessero.

 

È chiaro da almeno un decennio che in generale il riscaldamento globale ha aumentato l'intensità delle ondate di calore, con tendenze chiare nelle temperature massime osservate, come previsto dai modelli climatici. Per la situazione specifica nel nord-ovest dell’America a fine giugno, ora disponiamo della prima analisi  del World Weather Attribution Group, un consorzio di esperti climatici di tutto il mondo che lavorano sull'attribuzione di eventi estremi. La versione preliminare del loro articolo (Philip et al.) è disponibile qui .

Figura 3 da Philips et al (pre-print). Andamento della temperatura massima giornaliera più alta dell'anno nei dati delle stazioni GHCN-D. Le stazioni sono selezionate per avere almeno 50 anni di dati e almeno 2º di distanza. La tendenza è definita dalla regressione delle temperature medie globali.

 

Gli autori mostrano che questo evento è stato davvero eccezionale (altro…)

LibriRecensione

I bugiardi del clima

Ospitiamo la presentazione del libro “I bugiardi del clima” (Edizioni Laterza, 2021) da parte dell’autrice, Stella Laventesi.

 

Vi siete mai chiesti perché, nonostante decenni di consapevolezza scientifica sul tema dei cambiamenti climatici, ancora se ne parla come se il dibattito fosse aperto? In altre parole, se i cambiamenti climatici hanno un fondamento scientifico e il messaggio della scienza del clima è, da anni, univoco, perché l’azione politica è così lenta a seguire?

 

È possibile trovare la risposta a queste domande attraverso l’analisi dei diversi processi che, dai primi allarmi scientifici sul riscaldamento globale, ci hanno portato al cortocircuito attuale. “I bugiardi del clima”, in questo senso, è un libro che nasce dalla necessità di comprendere come siamo arrivati fin qui e come andare avanti senza commettere gli stessi errori. Ma, soprattutto, nasce dalla volontà di fare luce su un percorso, di ricostruirne i meccanismi e le dinamiche. Si tratta dell’altra faccia della medaglia dell’emergenza climatica: la sua negazione. Il negazionismo climatico è l’elefante nella stanza della questione ambientale, qualcosa di grande e apparentemente impossibile da ignorare che invece si finge di non vedere perché rappresenta un problema “scomodo”.

 

Le complessità del tema, oltre ad essere intrinseche al sistema climatico terrestre da un punto di vista strettamente scientifico, sono, in parte, riconducibili allo sforzo decennale di un meccanismo climatico ben collaudato. Questo perché i negazionisti sono stati estremamente abili nel trasformare un fenomeno scientifico, empiricamente osservabile e fisicamente riscontrabile, in un tema di propaganda politica. Solo così, se un fenomeno “perde” di fondamento scientifico e diventa una questione politica, è più facile metterne in dubbio l’esistenza e, quando negarne l’esistenza diventa troppo difficile, metterne in discussione l’urgenza – che è esattamente quello che sta avvenendo oggi.

 

“I bugiardi del clima” è un saggio d’inchiesta che affronta il tema del negazionismo del cambiamento climatico, appunto, a partire da una delle più grandi operazioni di insabbiamento della storia: alcune aziende di gas, petrolio e carbone sapevano già tutto quello che c’era da sapere sull’esistenza del cambiamento climatico dagli anni ’70 e ’80. Non solo, i loro scienziati sono stati tra i primi a osservare e confermare il collegamento tra la loro attività produzione? – i combustibili fossili – e l’aumento delle emissioni climalteranti, e il conseguente aumento della temperatura. Ma quando l’hanno scoperto, invece di agire e cambiare rotta, hanno messo in atto una campagna di disinformazione durata decenni proprio per nascondere il legame tra i cambiamenti climatici e il proprio prodotto, per deviare dal peso della propria responsabilità nella crisi climatica. Quando questi fatti vennero alla luce nel 2015 riguardavano, in particolare, l’azienda Exxon. Per questo è nato l’hashtag #Exxonknew, #Exxonsapeva, ma la Exxon non era l’unica, anche la Shell e altre aziende sapevano. Solo che hanno scelto di non dirlo al resto del mondo. Ecco perché il dibattito non solo non esiste, ma non è mai esistito, e la macchina negazionista l’ha sempre saputo.

 

Oltre alle aziende di combustibili fossili, la macchina è composta da associazioni industriali, come l’American Petroleum Institute, protagonista della propaganda negazionista che, insieme ad altre, ha reclutato “falsi esperti” o “negazionisti a noleggio”, come li chiama lo scienziato Michael E. Mann, per legittimare la narrazione negazionista. L’industria fossile, poi, finanzia anche alcuni think tank di stampo conservatore che fungono da serbatoi per promuovere l’ideologia conservatrice, sostenuta dalla “camera dell’eco” che include diverse piattaforme mediatiche che alimentano e amplificano il messaggio negazionista (ndr: al riguardo si veda anche I mercanti di dubbi).

 

Confondere l’opinione pubblica dando l’impressione che il dibattito scientifico sul cambiamento climatico sia ancora in corso è tra i principali obiettivi della macchina negazionista. Tra gli altri: ritardare e ostacolare qualsiasi tipo di regolamentazione al settore fossile, di politica climatica o ambientale, e seminare dubbi sulla scienza del clima. Ancora oggi, questi tre elementi, costituiscono alcuni tra i maggiori ostacoli all’azione politica globale per il clima.

 

È vero che, in senso stretto, i negazionisti climatici sono coloro che negano l’esistenza del cambiamento climatico e la responsabilità antropica della crisi climatica. Ma non è solo questo che si intende per negazionismo. Non è necessario negare l’esistenza del cambiamento climatico tout court per essere negazionista. Anzi, oggi i negazionisti danno priorità a strategie meno riconoscibili e quindi più insidiose, proprio perché negare il fenomeno sta diventando sempre più difficile. La campagna di disinformazione sul clima ha avuto successo: ancora oggi alcune narrazioni negazioniste sono estremamente radicate all’interno della nostra società, dal procrastinare il più possibile e ritardare qualsiasi tipo di politica climatica al più conosciuto fenomeno del greenwashing.

 

Le strategie negazioniste sul clima ricalcano quelle dell’industria di tabacco. I parallelismi tra la campagna di disinformazione sul clima del fossile e quella lanciata dall’industria del tabacco per continuare a vendere sigarette sono evidenti se si analizzano le strategie di manipolazione comunicativa messe in atto da entrambe le parti. Il libro ricostruisce il percorso negazionista approfondendo i meccanismi dei negazionisti per comprendere com’è possibile che la bugia sia riuscita così bene. Perché dopo più di 50 anni siamo ancora così indietro con l’azione per il clima?

 

La macchina negazionista fa ricorso a diversi strumenti per mettere in atto la campagna di disinformazione climatica: i finanziamenti, la propaganda politica e le strategie di comunicazione come la manipolazione mediatica, la manipolazione dei dati e le argomentazioni retoriche. Tra quelle più utilizzate oggi, per esempio, c’è quella di etichettare come “allarmisti” e “catastrofisti” gli ambientalisti, i climatologi e chi lotta per il clima. Poi ci sono il cherry-picking, che letteralmente significa cogliere le ciliegie, per cui si isolano dei dati e si sopprimono le prove che potrebbero portare alla conoscenza del quadro completo di informazione, e l’argumentum ad hominem, strategia per cui invece di criticare i contenuti dell’argomentazione, si attaccano il carattere, le motivazioni o altre caratteristiche della persona che mette in campo l’argomentazione. Tra quelle più ridicole, ma anche più efficaci, c’è l’argomentazione retorica per cui la presenza di freddo equivale all’assenza del riscaldamento globale. Attraverso questa argomentazione i negazionisti sfruttano a proprio vantaggio alcune lacune di conoscenza sul tema, spesso anche basilari, come la distinzione tra meteo e clima. Un’altra ancora è l’uso strumentale degli impatti socio-economici delle politiche climatiche, per cui i negazionisti spesso sottolineano il rischio di perdere posti di lavoro a causa delle misure climatiche. Legata a questo c’è anche quella che, in gergo, viene chiamata “falsa scelta” che inquadra – falsamente – le soluzioni della crisi climatica come una scelta obbligata tra clima ed economia, per cui se si salva uno si sacrifica l’altra. Un’altra strategia ancora riguarda la responsabilità: distogliere l’attenzione dalla responsabilità delle aziende e reindirizzarla sull’individuo. Le tattiche dei negazionisti sono numerose ma, in generale, qualsiasi strategia che possa promuovere una confusione intenzionale sul tema per ritardare l’azione sul clima è, per loro, un’azione vincente.

 

Tuttavia, senza gli ingenti finanziamenti della rete negazionista, la manipolazione comunicativa avrebbe avuto breve vita. Secondo uno studio, le 5 maggiori compagnie di gas e petrolio spendono più di 200 milioni di dollari l’anno al fine di esercitare pressioni per ostacolare le politiche climatiche e la regolamentazione del settore. E questa è solo la punta dell’iceberg.

 

La prima grande bugia che si può raccontare sull’emergenza climatica è che non è colpa dell’essere umano. La seconda è che tutti gli esseri umani ne sono responsabili in egual misura. Se oggi non esiste una politica climatica globale efficace, se le temperature continuano ad aumentare, se gli ecosistemi sono al collasso, parte della ragione va cercata nella macchina organizzata del negazionismo climatico: ingenti finanziamenti, tecniche di propaganda ed efficaci manovre di ingegneria comunicativa che hanno lo scopo di far sembrare il cambiamento climatico solo una “teoria”, un’opinione, non una realtà scientificamente fondata. Il negazionismo non si limita a rimuovere la realtà. Ne costruisce una alternativa al cui centro c’è un elemento su tutti: l’inganno. La disinformazione diventa la nuova realtà. E il negazionismo diventa vitale per la sopravvivenza di quella stessa realtà. Il negazionismo è strategico, è attivo, è pubblico. Ma, soprattutto, nasce dalla paura, quella dei negazionisti di perdere lo status quo e i propri benefici all’interno della società. Ecco perché la crisi climatica non riguarda solo la scienza. Ecco perché, per affrontarla, è necessario comprendere come sottrarsi all’inganno, come scardinare il cortocircuito politico ed economico dei fossili fondato esclusivamente sul profitto e sulla crescita, e come reinterpretare la crisi climatica come crisi che interseca tutte le crisi; dalla giustizia sociale alla salute pubblica.

 

Indice del libro

  1. Introduzione. La grande macchina del negazionismo climatico
  2. #Exxonknew e un po’ di storia
  3. I maestri della manipolazione
  4. La camera dell’eco
  5. Il ruolo della politica
  6. La rete di finanziamenti da Big Oil a Big Tech
  7. Le strategie, le tattiche e il complottismo delle lobby negazioniste
  8. L’effetto spettatore
  9. L’emergenza climatica e la pandemia: il negazionismo della disinformazione scientifica
  10. Il capitalismo climatico
  11. Dall’Antropocene al Pirocene
  12. Il costo di un ecocidio

 

Testo di Stella Levantesi

ConvegniPsicologiaSociologia

Perché così tardi? Perché così lenti?

È indubbio che abbiamo accumulato un grave ritardo nell’affrontare la crisi climatica. Gli obiettivi oggi messi in campo, le riduzioni drastiche previste per i prossimi tre decenni, derivano da questo ritardo, dall’incremento delle emissioni globali di gas climalteranti avvenuto negli scorsi decenni.

Non si è però discusso abbastanza sui motivi profondi di questo ritardo. Su questo blog abbiamo cercato di contrastare la disinformazione sul tema del cambiamento climatico, abbiamo discusso del ruolo dei mercanti di dubbi.

Ma è sicuramente necessario approfondire le dinamiche psico-sociali che sono alla base dei comportamenti quotidiani delle persone, delle aziende, dei decisori politici. Sono infatti gli individui e le comunità, con i loro stili di vita e le loro scelte di consumo, i destinatari finali delle produzioni che determinano emissioni climalteranti, nonché i soggetti attivi delle possibili azioni di mitigazione e adattamento. E sono altresì i soggetti che devono decidere con il loro voto e altre forme di azione politica il supporto ai decisori che a livelli più alti influiscono sull’implementazione delle azioni di contrasto alla crisi climatica

Di questo si occuperà il workshop “PERCHÉ COSÌ TARDI? PERCHÉ COSÌ LENTI? Aspetti psico-sociali nel ritardo alla lotta ai cambiamenti climatici.  Dai comportamenti quotidiani alle azioni collettive”, organizzato dal Gruppo di lavoro “Cambiamenti climatici” della rete delle Università per lo sviluppo sostenibile, che si svolgerà online il giorno 17 giugno 2021 (accedere a questa pagina per iscriversi partecipare - l’evento è gratuito).
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Ghiaccilivello del mareProiezioniTraduzioni

Perché le proiezioni del futuro aumento del livello del mare sono ancora così incerte?

Pubblichiamo la traduzione del post Why is future sea level rise still so uncertain? pubblicato da Gavin Schmidt su Realclimate, su un tema di grandissimo interesse scientifico – e non solo.

 

Tre nuovi articoli scientifici nelle ultime due settimane hanno proposto tesi diverse sull'aumento del livello del mare causato dalla perdita di ghiaccio in Antartide occidentale, indicando aumenti maggiori o minori di quanto si sarebbe potuto pensare in precedenza, e con più o meno sicurezza. Ognuno di questi articoli ha i suoi perché, ma chiunque cerchi di trarre un quadro coerente da tutto questo lavoro rimarrà deluso. Per capirne il motivo, è innanzitutto necessario chiarire perché prevedere l'aumento del livello del mare sia così difficile: abbiamo fatto molta strada, ma tanta ne dobbiamo ancora fare.

Ecco una lista di fattori che influenzeranno il futuro livello del mare a scala regionale (in ordine approssimativo di importanza):

  • perdita di massa glaciale dall'Antartide occidentale
  • perdita di massa glaciale dalla Groenlandia
  • espansione termica dell'oceano
  • fusione dei ghiacciai montani
  • effetti gravitazionali, rotazionali e deformativi (GRD)
  • cambiamenti nella circolazione oceanica
  • effetti sterici (acqua dolce/salinità)
  • estrazione di acqua freatica
  • costruzione e riempimento di serbatoi artificiali (es. dighe)
  • cambiamenti nella pressione atmosferica e nei venti.

Inoltre, i rischi di inondazione costiera dipendono anche da:

  • movimenti tettonici/isostatici del terreno
  • subsidenza locale
  • idrologia locale
  • mareggiate
  •  

Non è immediato capire perché alcuni degli aspetti più rilevanti sopra riportati siano così difficili da inquadrare. Lo spiegheremo più avanti… (altro…)

EmissioniforesteInventario emissioniLULUCF

Una “Stele di Rosetta” per valutare i progressi sull’assorbimento di CO2 dalle foreste

L’obiettivo dell’accordo di Parigi - mantenere l’aumento delle temperature medie globali ben al di sotto dei 2oC - richiede ai paesi di raggiungere globalmente un equilibrio tra emissioni ed assorbimenti “antropogenici” di gas serra (emissioni nette pari a zero). I progressi fatti verranno monitorati ogni cinque anni nell’ambito di un meccanismo chiamato “Global Stocktake”, dove la somma delle emissioni globali dei paesi (inclusi gli impegni di riduzione futuri) sarà confrontata con quello che la scienza indica come necessario per restare entro i 2oC. La differenza dovrebbe poi stimolare i paesi a prendere impegni di riduzione più ambiziosi (Figura 1)

Figura 1. Il “Global stocktake” degli accordi di Parigi confronterà le emissioni globali dei paesi con quanto la scienza (modelli) indica come necessario per stare entro i 2oC di aumento della temperatura.

 

Per capire meglio il contesto, mettiamo l’accordo di Parigi dentro un'auto (Figura 2). I decisori politici sono il guidatore, gli inventari nazionali (che i paesi utilizzano per stimare i gas serra che ogni anno che vengono emessi e assorbiti entro i loro confini) sono il quadro strumenti, e gli “Integrated Assessment Models” (IAM, complessi modelli che simulano scenari globali di economia, popolazione ed emissioni) sono il navigatore. Una volta selezionata una destinazione, il conducente può utilizzare il sistema di navigazione per verificare se è sulla buona strada, così come i decisori politici utilizzano gli IAMs per valutare i progressi climatici collettivi verso gli obiettivi di Parigi.

Figura 2. Il contesto: decisori politici, inventari nazionali dei gas serra e “Integrated Assessment Models”.

 

Tutto chiaro? (altro…)

LibriRecensione

L’ostinato ottimismo contro la crisi climatica

Nel panorama dei libri sul cambiamento climatico, il libro “Scegliere il futuro” di Christina Figueres e Tom Rivett-Carnac (Tlon edizioni, 2021) merita di essere letto per la sua carica di deliberato, ostinato – e verrebbe da dire disperato – ottimismo.

 

Christina Figueres è stata dal 2010 al 2016 segretaria generale dell’UNFCCC, ed è una delle principali artefici dell’Accordo di Parigi; Tom Rivett-Carnac è stato un suo collaboratore, nonché il suo stratega politico. Sono quindi persone che hanno che hanno seguito ad altissimo livello l’evolvere nell’ultimo decennio dell’azione globale contro i cambiamenti climatici. Assieme hanno fondato l’organizzazione Global Optimism (qui una serie di interessanti podcast).

Anche solo per questo la loro voce merita attenzione.

Il libro è un’analisi metodica di motivi per cui oggi ha senso impegnarsi per combattere il cambiamento climatico,  nonostante le conoscenze scientifiche sul clima, sugli impatti già in corso e quelli inevitabili per il futuro, nonché il ritardo delle riposte e l’inerzia delle decisioni politiche, forniscano tanti validi motivi per farsi prendere dallo sconforto.

Le proteste e la mobilitazione in corso a livello mondiale “che si stanno spingendo verso nuovi livelli di azione e consapevolezza”, la rapidità con cui le alternative ai combustibili fossili stanno diventando convenienti, “la rapida evoluzione economica che rende più attraenti le soluzioni ecologiche” e che “dà ai governi una precisa indicazione su cui riflettere per attuare i cambiamenti sistemici di cui abbiamo bisogno”, “l’effetto positivo dell’Accordo di Parigi”,il gran numero di impegni a emissioni nette zero, sono alcuni degli argomenti su cui si basa un messaggio chiaro: “siamo sulla buona strada, anche se solo all’inizio, per trasformare completamente il modo in cui produciamo e consumiamo energia, e ciò sta a sua volta causando profondi cambiamenti nei settori industriali, dei trasporti e agricoli”. 

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Negazionismo

Il nuovo volto del negazionismo climatico

Su Climalteranti negli ultimi 13 anni ci siamo occupati a lungo dei negazionisti climatici, cioè di chi nega in modo testardo e irragionevole l’evidenza scientifica consolidata sul cambiamento climatico (per chi avesse ancora perplessità sull’uso del termine negazionista, ormai usato in tantissimi contesti, si rimanda a questo vecchio post). Ci siamo occupati di chi ha sostenuto che il clima non stava cambiando, che non è colpa dell’uomo, che il riscaldamento globale fa bene e così via.

Come già detto, il negazionismo climatico è ormai ridotto ai minimi termini – almeno in Italia – e i suoi argomenti sono stati smentiti in modo ormai definitivo, sepolti da migliaia di pubblicazioni scientifiche autorevoli. È ormai raro trovare un articolo o un convegno in cui si nega la responsabilità umana sul riscaldamento globale e la validità delle proiezioni per il futuro realizzate dai climatologi.
Più diffusi, e anche più insidiosi, sono oggi altri argomenti, come quello secondo cui la necessità di contrastare i cambiamenti climatici e più in generale la difesa dell'ambiente possano essere contrapposte, in qualche modo, al “progresso”. Si tratta di una retorica che anche in passato il negazionismo ha alimentato, ma che oggi è diventato l’argomento principale di chi vuole impedire azioni drastiche e incisive per limitare l’uso di combustibili fossili e ridurre le emissioni di gas serra.

Un esempio è l’articolo “Difendiamo l’ambiente, ma con l’agenda Draghi non con l’agenda Greta”, pubblicato su il Foglio del 29 marzo 2021 a firma del suo direttore, Claudio Cerasa. (altro…)

LibriRecensione

Il “riformismo ambientalista” non fa i conti con la realtà

Nel post L’ex-ambientalista che non ha ancora capito cos’è la crisi climatica abbiamo affrontato una prima categoria di argomenti fallaci usati da Chicco Testa, nel libro “Elogio della crescita felice: contro l’integralismo ecologico”. Si è trattato di tesi generate dall’incapacità di fare i conti con la realtà della crisi climatica, di confrontarsi davvero con l’enorme mole di evidenze scientifiche che ha portato la comunità mondiale a definire nell’Accordo di Parigi l’ambizioso obiettivo di limitare il riscaldamento globale “ben sotto i 2°C”.

La negazione della realtà, il tentativo di ridimensionare la gravità della situazione invocando presunte incertezze nella scienza del clima e l’esistenza di scienziati dissidenti o di “tesi diverse” non sono casuali: sono necessarie per poter accontentarsi di un set di soluzioni che sono largamente insufficienti per raggiungere gli obiettivi sul clima che l’Europa e l’Italia hanno assunto. Proposte nel complesso retoriche, generiche, proposte con un po’ di spocchia e un malcelato livore verso quanti – in particolare gli ambientalisti – si battono per soluzioni più impegnative.

Un filo conduttore del libro è una fiducia cieca e acritica nel potenziale dell’innovazione tecnologica, che certo è un fattore di grandissima importanza nella lotta al cambiamento climatico, e su cui è giusto puntare con decisione. Ma sostenere che “Non è vero che il nostro pianeta è limitato, lo è solo in una percezione sensoriale elementare e quasi magica, che prescinde dall’evoluzione del sapere umano” (pag. 45), (altro…)

EnergiaPoliticheScenari

La strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra

È passata – purtroppo – piuttosto inosservata la pubblicazione della “Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra”, ufficialmente inviata alla Commissione europea l’11 febbraio 2021. Dopo essere stata a lungo ferma nei corridoi dei 4 ministeri che l’hanno sottoscritta (Ambiente, Sviluppo economico, Politiche agricole, Trasporti), la pubblicazione ha coinciso con la fine  del Governo Conte II, e per questo è stata ignorata dai mezzi di comunicazione.

Si tratta però di un documento importante, che delinea per la prima volta ufficialmente – pur se a livello di massima – uno scenario energetico italiano di decarbonizzazione, in cui i combustibili fossili giocano un ruolo del tutto marginale.

La definizione di una strategia al 2050 è una richiesta contenuta nella decisione di approvazione dell’Accordo di Parigi, nella COP21 del dicembre 2015. A livello europeo c’era stata nel 2018 la proposta della Commissione europea «Un pianeta pulito per tutti. Visione strategica europea a lungo termine per un'economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra», con la contemporanea richiesta chiesto agli Stati Membri di redigere Strategie nazionali.

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The carbon map, cumulative emissions 1850-2011
inattivismoMitigazione

Le tesi dell’inattivismo climatico – parte III: il nostro contributo è piccolo

Un altro classico del discorso inattivista sul clima consiste nel definire poco importanti le riduzioni delle emissioni italiane o europee, in quanto sarebbero solo una piccola quota delle emissioni globali. Generalmente si cita il contributo percentuale alle emissioni globali dell’Europa, altre volte quello dell’Italia, per dire che la loro riduzione darebbe scarsi benefici al clima del pianeta. Mettendo questi contributi in contrapposizione a quelli della Cina o di altri paesi. Altre volte si cita quale sarebbe la riduzione nelle temperature...
inattivismoRinnovabili

Le tesi dell’inattivismo climatico – parte II: e allora la Cina?

Una delle tesi più frequenti dell’inattivismo climatico è il riferimento ad un presunto disimpegno della Cina sulle politiche climatiche: tesi smentita dalla realtà, dato che il paese sta affrontando una drastica e complessa transizione del settore energetico e ambisce ad assumere la leadership della lotta ai cambiamenti climatici nel nuovo ordine mondiale che si sta definendo. Negli ultimi tempi ha preso piede nella retorica dell’inattivismo climatico un argomento che appare efficace, quello secondo cui la Cina continua a costruire centrali...
Fossil fuel harms on the human boby
FotovoltaicoinattivismoRinnovabili

Le tesi dell’inattivismo climatico – parte I: gli impatti dell’energia solare e eolica

Sul sito del Corriere della Sera sono state riproposte molte tesi tipiche dell’inattivismo climatico, che hanno l’obiettivo di rallentare la transizione energetica. Pubblichiamo qui la prima parte di una serie di post che hanno l’obiettivo di confutare queste argomentazioni, partendo da quella secondo cui gli impianti di energia rinnovabile, e in particolare di solare fotovoltaica e eolica, avrebbero forti impatti ambientali, o che non sarebbero convenienti da un punto di vista ambientale. Una tesi basata su esagerazioni, distorsioni e a...
IncertezzaNegazionismo

Quando la scienza si piega alla politica: il negazionismo climatico nel rapporto del Dipartimento dell’Energia USA

Il 23 luglio 2025, il Dipartimento dell’Energia (DOE) degli Stati Uniti ha pubblicato un documento intitolato A Critical Review of Impacts of Greenhouse Gas Emissions on the U.S. Climate. Il rapporto si vorrebbe proporre come una revisione critica del consenso scientifico sui cambiamenti climatici, in aperto contrasto rispetto agli esiti consolidati del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR6), che rappresenta la sintesi più autorevole, completa e condivisa della letteratura scientifica sul clima. La pubblicazione del DOE è volta a sostenere...
MitigazioneProtesteRinnovabili

Tira un gran brutto vento

L’Italia ha un grosso problema con l’energia eolica, ma non è quello di cui si parla di solito sui media e sui social: il problema principale dell’eolico italiano è che se ne installa troppo poco. I dati Terna dicono infatti che a maggio 2025 sono presenti in Italia solo circa 13 GW eolici, a fronte di quasi 40 GW di potenza fotovoltaica. Inoltre, il ritmo delle nuove installazioni è lentissimo rispetto alle esigenze della decarbonizzazione. Infatti, mentre tra dicembre 2023...
Recensione

Diluvio, un grande romanzo sulla crisi climatica

Nel suo fortunato saggio La grande cecità, lo scrittore Amitav Ghosh aveva osservato come la letteratura contemporanea avesse ignorato o quantomeno sottovalutato il tema del cambiamento climatico. Secondo lo scrittore indiano, “Il cambiamento climatico è troppo impensabile per la nostra cultura narrativa; la sua esclusione è una delle forme di “cecità” della nostra epoca.”. Secondo Gosh, pensare alla crisi climatica come qualcosa di eccezionale, improbabile e non realistico, porta scrittori e in generale gli intellettuali a relegarla nel genere della...
RecensioneStoriaTemperature

La storia del clima in Italia

È da poco uscito l’ultimo libro del climatologo Luca Mercalli, una cronistoria del clima nel nostro territorio nazionale, dalla preistoria ai giorni nostri. Un racconto che unisce la scienza del clima alla storia e alla cultura del nostro paese, frutto di decenni di ricerche, ricchissimo di storie, di rimandi alle fonti e di citazioni di lavori scientifici. Un lavoro prezioso e originale, raccomandato a chiunque voglia meglio capire cosa è stato il clima che abbiamo ormai così pesantemente alterato, ed...
Climalteranti.it
Appello

Il momento delle scelte: un obiettivo di riduzione del -90 al 2040 per l’Unione europea

Nelle prossime settimane il Consiglio europeo dovrà raggiungere un accordo sull’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra europee nel 2040, da inserire nel terzo NDC che l’Unione europea dovrà comunicare in settembre all’UNFCCC. La precedente Commissione europea aveva nel febbraio 2024 proposto una riduzione del -90% (rispetto al 1990), sulla base di una “valutazione di impatto” (qui una valutazione dell’ European Parliamentary Research Service) e assumendo il valore inferiore dell’intervallo di riduzione raccomandato dall’ESABCC (European Scientific Advisory Board on...
Religione

Il clima come bene comune

Nel dibattito sul pontificato di Papa Francesco, recentemente scomparso, poco spazio ha ricevuto l’attivismo del Pontefice sulla questione climatica, che si è manifestato in numerosi atti. Innanzitutto la lettera enciclica Laudato Si’- sulla cura della casa comune pubblicata nel 2015, cui ha fatto seguito nel 2023 l’esortazione apostolica Laudate Deum – a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica. Inoltre, col pontificato di Bergoglio, la Santa Sede è diventata parte dell’UNFCCC, ha ratificato l’Accordo di Parigi (presentando il...
Emissioni

L’Italia si sta allontanando dai suoi obiettivi sul clima

I dati dell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra, da poco pubblicati da ISPRA, mostrano come per il terzo anno consecutivo l’Italia registri emissioni maggiori di quelle previste dagli impegni assunti in ambito europeo. Pur se anche nel 2023 le emissioni italiane di gas serra sono diminuite, la riduzione è ben al di sotto di quanto previsto dagli obiettivi approvati dall’Italia. Aumenta dunque la quantità di emissioni che sarà da recuperare entro il 2030, rendendo il raggiungimento dell’obiettivo sempre più...