Riprodurre l’effetto serra in un laboratorio di Fisica
Per inaugurare la nuova sezione “didattica” di Climalteranti, pubblichiamo un esperimento che permette di riprodurre in laboratorio i principali meccanismi dell’effetto serra planetario
Materiale usato per l’esperimento:
Un contenitore cubico (o cilindrico) in materiale plastico (Nalgene) di dimensioni circa (20x20x20) cm.- una lampada 150 W (Osram®) a incandescenza con concentratore - numerosi termistori (Pasco Scientific®) (i termistori sono termometri che hanno bassa capacità termica e accuratezza e risoluzione elevate)- anemometro a filo caldo Delta Ohm® “HD 2103.2” - argon, biossido di carbonio e protossido di azoto in bombola (99.5%) con i corrispondenti regolatori di pressione ed adattatori per i collegamenti- autorespiratore per l'ultilizzo del protossido di azoto (CEA Estintori S.p.A.)- fibre di seta private della parte solubile gentilmente fornite dal laboratorio “BIOthech” Mattarello (Trento)- bottiglioni di plastica per termalizzare il gas (ossia aspettare che dopo essersi espanso (e quindi raffreddato) dalla bombola o dall'impianto torni a temperatura ambiente), connessioni varie di acciaio, fogli di alluminio da cucina, nastro adesivo a due facce- una termocoppia ultraveloce di tipo K autocostruita- termometro infrarosso (“optris®”)- • telecamera a infrarossi (T9 Fluke)
Negli ultimi 2 secoli il sistema climatico terrestre ha mostrato notevoli cambiamenti dovuti sia a cause naturali che umane; l’aumento della temperatura media terrestre è una delle questioni meglio documentate e la comunità scientifica è sostanzialmente concorde nel ritenere che il meccanismo fisico alla base del riscaldamento climatico sia l’effetto serra atmosferico e che l’uomo attraverso la continua immissione in atmosfera di gas serra abbia rinforzato tale fenomeno.
È quindi di grande interesse per la didattica scolastica una simulazione sperimentale dell’effetto serra planetario che sia semplice e "robusta", in cui fossero evidenziati i fenomeni chiave ed i limiti della simulazione stessa.
Nella letteratura scientifica dedicata all’insegnamento della fisica, si trovano alcune indicazioni su come riprodurre tale fenomeno. L’apparato sperimentale generalmente proposto è costituito da pochi e semplici elementi. Molte delle simulazioni che si trovano in letteratura [vedi 2a, 2b, 2c, 2d, 2e] risultano tuttavia povere di dettagli sperimentali o perfino concettualmente imprecise. Per questo abbiamo deciso di analizzare con maggiore precisione il “classico esperimento” atto a simulare l’effetto serra. (altro…)
Negli ultimi 2 secoli il sistema climatico terrestre ha mostrato notevoli cambiamenti dovuti sia a cause naturali che umane; l’aumento della temperatura media terrestre è una delle questioni meglio documentate e la comunità scientifica è sostanzialmente concorde nel ritenere che il meccanismo fisico alla base del riscaldamento climatico sia l’effetto serra atmosferico e che l’uomo attraverso la continua immissione in atmosfera di gas serra abbia rinforzato tale fenomeno.
È quindi di grande interesse per la didattica scolastica una simulazione sperimentale dell’effetto serra planetario che sia semplice e "robusta", in cui fossero evidenziati i fenomeni chiave ed i limiti della simulazione stessa.
Nella letteratura scientifica dedicata all’insegnamento della fisica, si trovano alcune indicazioni su come riprodurre tale fenomeno. L’apparato sperimentale generalmente proposto è costituito da pochi e semplici elementi. Molte delle simulazioni che si trovano in letteratura [vedi 2a, 2b, 2c, 2d, 2e] risultano tuttavia povere di dettagli sperimentali o perfino concettualmente imprecise. Per questo abbiamo deciso di analizzare con maggiore precisione il “classico esperimento” atto a simulare l’effetto serra. (altro…) Come si scaldano le stagioni in Italia
In un post precedente abbiamo visto come il riscaldamento in Italia abbia qualitativamente rispecchiato l'andamento globale, ma con un maggiore incremento della temperatura. Questo andamento può essere inserito nel quadro delle proiezioni per il Mediterraneo; nel IV Rapporto IPCC si legge infatti:
“Annual mean temperatures in Europe are likely to increase more than the global mean. The warming in northern Europe is likely to be largest in winter and that in the Mediterranean area largest in summer.“ (“É probabile che le temperature medie annuali in Europa aumenteranno più della media globale. Il riscaldamento è probabile che sia più grande in inverno in Nord Europa, e in estate nell'area mediterranea")
La frase citata contiene un riferimento stagionale differenziato per diverse regioni europee: ci si aspetta che l'area mediterranea, e quindi l'Italia, si riscaldi maggiormente d'estate che d'inverno. Possiamo fare di nuovo ricorso ai dati stagionali ISAC-CNR per vedere cosa è successo finora.
Due secoli di riscaldamento globale in Italia
Quando si parla di riscaldamento globale si tende spesso a fare riferimento a situazioni regionali, quando non addirittura locali, ed a singoli eventi limitati temporalmente. Così facendo si mette da parte il significato dell'aggettivo globale. D'altronde, non foss'altro perché è ciò che viviamo nel quotidiano, è normale che ognuno di noi sia interessato anche all'andamento locale e in particolare agli eventi estremi, resi più probabili dalle mutate condizioni climatiche.
In linea di principio il riscaldamento su piccola scala potrebbe non essere in sintonia con l'andamento globale poiché localmente, anche a fronte di un riscaldamento generalizzato del pianeta, si risente maggiormente delle variazioni della circolazione atmosferica e di eventuali feedback locali.
Grazie al lavoro certosino dei ricercatori del Historical Climatology Group dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima (ISAC) del CNR, l'Italia possiede una delle più lunghe serie storiche di temperatura esistenti. Con a questi dati è possibile avere un'idea abbastanza precisa di cosa sia successo in Italia negli ultimi due secoli.

L’aumento delle emissioni di HFC e il riscaldamento globale
I presidenti di Stati Uniti e Cina si impegnano a limitare l’accumulo degli idrofluorocarburi (HFC) in atmosfera e a modificare in tal senso il protocollo di Montreal. Ma il peso di questi gas nel futuro aumenterà.
Gli studi di Rowland, Molina e Crutzen, insigniti nel 1995 del Nobel per la chimica, avevano dimostrato negli ani ’70 che gli atomi di cloro, provenienti dalla fotoscissione dei clorofluorocarburi (CFC), erano responsabili con grande efficienza della distruzione delle molecole di ozono stratosferico, più dell’acido cloridrico di origini vulcaniche e di altri composti clorurati e bromurati naturali. I CFC immessi per molti anni nell’ambiente sono infatti volatili, chimicamente stabili e non solubilizzati dalle piogge; possono così risalire fino alla stratosfera dove i raggi UV solari più energetici rompono i legami cloro-carbonio liberando quindi gli atomi di cloro, che a loro volta attaccano le molecole di ozono.
Il problema fu affrontato, come è noto, con la Convenzione di Vienna per la difesa dello strato di Ozono (1985) e con il successivo protocollo di Montreal (1987), che mise al bando i CFC, che fino ad allora erano impiegati come gas refrigeranti nei frigoriferi industriali e civili, come propellenti nelle bombolette spray e nell’industria elettronica per pulire i microchip da particolato e umidità. (altro…)
Gli studi di Rowland, Molina e Crutzen, insigniti nel 1995 del Nobel per la chimica, avevano dimostrato negli ani ’70 che gli atomi di cloro, provenienti dalla fotoscissione dei clorofluorocarburi (CFC), erano responsabili con grande efficienza della distruzione delle molecole di ozono stratosferico, più dell’acido cloridrico di origini vulcaniche e di altri composti clorurati e bromurati naturali. I CFC immessi per molti anni nell’ambiente sono infatti volatili, chimicamente stabili e non solubilizzati dalle piogge; possono così risalire fino alla stratosfera dove i raggi UV solari più energetici rompono i legami cloro-carbonio liberando quindi gli atomi di cloro, che a loro volta attaccano le molecole di ozono.
Il problema fu affrontato, come è noto, con la Convenzione di Vienna per la difesa dello strato di Ozono (1985) e con il successivo protocollo di Montreal (1987), che mise al bando i CFC, che fino ad allora erano impiegati come gas refrigeranti nei frigoriferi industriali e civili, come propellenti nelle bombolette spray e nell’industria elettronica per pulire i microchip da particolato e umidità. (altro…) Se il sole si acquieta
La recente riduzione dell’attività solare prelude a unaPiccola Era Glaciale, come ipotizzato da alcuni scienziati? Non proprio. L'effetto delle emissioni di gas serra è di gran lunga dominante e nella corsa del riscaldamento globale un Sole quieto ci farebbe guadagnare solo qualche decimo di grado.
Due anni fa ha destato un certo interesse l'ipotesi avanzata da alcuni fisici solari secondo cui il sole potrebbe entrare in una fase di attività particolarmente bassa con una totale assenza di macchie solari. Non che sia in sé una ipotesi eclatante, sappiamo bene che l'attività solare non è costante. Ma l'unica fase di quiete ben documentata di cui siamo a conoscenza si è verificata nella seconda metà del XVII secolo (minimo di Maunder) e per la fisica solare sarebbe senz'altro interessante poterne seguire un'altra con gli strumenti di monitoraggio moderni.
Quarant'anni fa la paleoclimatologia era una disciplina ancora giovane ma l'attività solare era stata seguita ogni tanto ad occhio nudo e dettagliatamente sin dalla costruzione dei primi cannocchiali con il conteggio delle macchie solari. Queste osservazioni permisero a Sporer e Maunder verso la fine dell'800 di identificare quello che oggi chiamiamo minimo di Maunder. Nel J.A. Eddy pubblicò un lungo articolo sull'attività solare e il minimo di Maunder dove ipotizza un nesso fra quest'ultimo e la cosiddetta Piccola Era Glaciale (PEG). Eddy non aveva a disposizione ricostruzioni di temperatura ben assestate su scala globale, l'esistenza della PEG era legata più che altro a notizie storiche sul freddo intenso e sull'avanzamento dei ghiacciai alpini. Ma l'idea era suggestiva e da allora è stata ripresa e approfondita più volte. (altro…)
Due anni fa ha destato un certo interesse l'ipotesi avanzata da alcuni fisici solari secondo cui il sole potrebbe entrare in una fase di attività particolarmente bassa con una totale assenza di macchie solari. Non che sia in sé una ipotesi eclatante, sappiamo bene che l'attività solare non è costante. Ma l'unica fase di quiete ben documentata di cui siamo a conoscenza si è verificata nella seconda metà del XVII secolo (minimo di Maunder) e per la fisica solare sarebbe senz'altro interessante poterne seguire un'altra con gli strumenti di monitoraggio moderni.
Quarant'anni fa la paleoclimatologia era una disciplina ancora giovane ma l'attività solare era stata seguita ogni tanto ad occhio nudo e dettagliatamente sin dalla costruzione dei primi cannocchiali con il conteggio delle macchie solari. Queste osservazioni permisero a Sporer e Maunder verso la fine dell'800 di identificare quello che oggi chiamiamo minimo di Maunder. Nel J.A. Eddy pubblicò un lungo articolo sull'attività solare e il minimo di Maunder dove ipotizza un nesso fra quest'ultimo e la cosiddetta Piccola Era Glaciale (PEG). Eddy non aveva a disposizione ricostruzioni di temperatura ben assestate su scala globale, l'esistenza della PEG era legata più che altro a notizie storiche sul freddo intenso e sull'avanzamento dei ghiacciai alpini. Ma l'idea era suggestiva e da allora è stata ripresa e approfondita più volte. (altro…) Essere obiettivi quando si parla di scienza del clima
Pubblichiamo l’intervista di Emanuele Bompan e Paolo Savoia a Naomi Oreskes, autrice di “Merchant of Doubt”, la cui versione originale è stata pubblicata in inglese su Climate Science & Policy, la rivista online del CMCC
«Il dibattito è concluso. Sappiamo cosa dice la scienza. Conosciamo i rischi, e sappiamo che il momento di agire è questo». Con queste parole, nel giugno del 2005, il governatore della California Arnold Schwarzenegger annunciò l’inizio della sua battaglia per ridurre le emissioni di gas serra. Schwarzenegger aveva ragione. Dalla metà degli anni ’90 nella comunità scientifica si è raggiunto un consenso di base sul riscaldamento globale, e l’agenzia indipendente Intergovernmental Panel on Climate Change dichiarò già nel 2001 senza esitazioni che «la maggior parte del riscaldamento osservabile negli ultimi 50 anni dipende dalle attività umane». Eppure, il dubbio è ancora diffuso. Una discreta parte di opinione pubblica in Nord America, ma anche nel Vecchio Continente, e alcuni autorevoli scienziati – per esempio i fisici Fred Singer, consulente della Casa Bianca durante la seconda amministrazione Reagan, e Frederick Seitz, tra le altre cose consulente della R.J. Reynolds Tobacco Company ma anche nel Vecchio Continente, sono convinte che non ci siano prove conclusive sul riscaldamento globale, o che se esso è reale non possiamo stabilire se dipenda da cause umane, oppure che se è reale e dipende dall’uomo, non ci si può comunque fare nulla. Com’è possibile? Non ci si può fidare nemmeno della scienza? (altro…)
«Il dibattito è concluso. Sappiamo cosa dice la scienza. Conosciamo i rischi, e sappiamo che il momento di agire è questo». Con queste parole, nel giugno del 2005, il governatore della California Arnold Schwarzenegger annunciò l’inizio della sua battaglia per ridurre le emissioni di gas serra. Schwarzenegger aveva ragione. Dalla metà degli anni ’90 nella comunità scientifica si è raggiunto un consenso di base sul riscaldamento globale, e l’agenzia indipendente Intergovernmental Panel on Climate Change dichiarò già nel 2001 senza esitazioni che «la maggior parte del riscaldamento osservabile negli ultimi 50 anni dipende dalle attività umane». Eppure, il dubbio è ancora diffuso. Una discreta parte di opinione pubblica in Nord America, ma anche nel Vecchio Continente, e alcuni autorevoli scienziati – per esempio i fisici Fred Singer, consulente della Casa Bianca durante la seconda amministrazione Reagan, e Frederick Seitz, tra le altre cose consulente della R.J. Reynolds Tobacco Company ma anche nel Vecchio Continente, sono convinte che non ci siano prove conclusive sul riscaldamento globale, o che se esso è reale non possiamo stabilire se dipenda da cause umane, oppure che se è reale e dipende dall’uomo, non ci si può comunque fare nulla. Com’è possibile? Non ci si può fidare nemmeno della scienza? (altro…) Ma quanto è bella la CO2? – parte 2
Come raccontato nello scorso post, sul Wall Street Journal Will Happer e Harrison Schmitt hanno di nuovo rilanciato alcune tesi del negazionismo climatico. L’ultimo degli argomenti usati è che le piante attuali soffrono per la troppo bassa concentrazione di CO2.
Per capire come le piante reagiscono alla CO2, è necessario approfondire il funzionamento del processo di fotosintesi.
Le gimnosperme si sono evolute attorno a 370 milioni di anni fa, quando la CO2 era fra i 2000 e le 3000 ppm, le angiosperme circa 165 milioni di anni fa, quando la CO2 era a poco meno di 2000 ppm. Le piante di origine più primitiva usano una forma di fotosintesi che si adatta meglio a queste concentrazioni elevate di CO2; sono chiamate “piante C3” perché nel processo di fotosintesi un enzima fissa la CO2 in un composto a tre atomi carbonio, il fosfoglicerato, ma soprattutto i loro stomi foliari fanno passare acqua e CO2 insieme. Nelle odierne condizioni di “relativa” carenza di biossido di carbonio (rispetto a 370 milioni di anni fa), richiedono quindi tanta più acqua in quanto, per ogni molecola di CO2 che entra, perdono quantità significative di acqua. A questa situazione, le piante C3 si sono magnificamente adattate: sono diffuse su tutto il pianeta e rappresentano il 90% delle specie. L'evoluzione ha permesso loro di tenere magnificamente il campo, ha portato allo sviluppo, circa 50 milioni di anni fa, di nuove piante C4 e CAM (come i cactus, le crassulacee), così chiamate perché nel loro processo fotosintetico l’enzima cruciale della fotosintesi, fissa la CO2 in un composto a 4 atomi di carbonio, l’ossalacetato; sono piante in grado di sopportare molto meglio un basso livello di CO2 e l’aridità. In effetti nelle serre attuali si tende ad aumentare la concentrazione di CO2 per incrementare la produttività delle piante C3.
L'enzima della fotosintesi C3, il più abbondante enzima presente sulla crosta terrestre (la ribulosio-1,5-bisfosfato carbossilasi/ossigenasi) amichevolmente detto rubisco, non è particolarmente efficiente. A25°Ce nelle attuali condizioni, come substrato circa 1 volta su 5 riconosce l'ossigeno invece della CO2, il che lo induce a produrre una sostanza fondamentalmente inutile nel metabolismo della pianta: il glicolato. La reazione compete con quella utile. Con l'aumento della temperatura, questa inefficienza del 20% peggiora ulteriormente. (altro…)
Per capire come le piante reagiscono alla CO2, è necessario approfondire il funzionamento del processo di fotosintesi.
Le gimnosperme si sono evolute attorno a 370 milioni di anni fa, quando la CO2 era fra i 2000 e le 3000 ppm, le angiosperme circa 165 milioni di anni fa, quando la CO2 era a poco meno di 2000 ppm. Le piante di origine più primitiva usano una forma di fotosintesi che si adatta meglio a queste concentrazioni elevate di CO2; sono chiamate “piante C3” perché nel processo di fotosintesi un enzima fissa la CO2 in un composto a tre atomi carbonio, il fosfoglicerato, ma soprattutto i loro stomi foliari fanno passare acqua e CO2 insieme. Nelle odierne condizioni di “relativa” carenza di biossido di carbonio (rispetto a 370 milioni di anni fa), richiedono quindi tanta più acqua in quanto, per ogni molecola di CO2 che entra, perdono quantità significative di acqua. A questa situazione, le piante C3 si sono magnificamente adattate: sono diffuse su tutto il pianeta e rappresentano il 90% delle specie. L'evoluzione ha permesso loro di tenere magnificamente il campo, ha portato allo sviluppo, circa 50 milioni di anni fa, di nuove piante C4 e CAM (come i cactus, le crassulacee), così chiamate perché nel loro processo fotosintetico l’enzima cruciale della fotosintesi, fissa la CO2 in un composto a 4 atomi di carbonio, l’ossalacetato; sono piante in grado di sopportare molto meglio un basso livello di CO2 e l’aridità. In effetti nelle serre attuali si tende ad aumentare la concentrazione di CO2 per incrementare la produttività delle piante C3.
L'enzima della fotosintesi C3, il più abbondante enzima presente sulla crosta terrestre (la ribulosio-1,5-bisfosfato carbossilasi/ossigenasi) amichevolmente detto rubisco, non è particolarmente efficiente. A25°Ce nelle attuali condizioni, come substrato circa 1 volta su 5 riconosce l'ossigeno invece della CO2, il che lo induce a produrre una sostanza fondamentalmente inutile nel metabolismo della pianta: il glicolato. La reazione compete con quella utile. Con l'aumento della temperatura, questa inefficienza del 20% peggiora ulteriormente. (altro…) Ma quanto è bella la CO2? – prima parte
Il 9 maggio 2013, per la prima volta da circa 4 milioni di anni, la concentrazione giornaliera di CO2 atmosferico misurata a Manua Loa ha superato 400 ppmv. Lo stesso giorno sul Wall Street Journal, a firma di William Happer e Harrison Schmitt, è comparso una “Difesa del biossido di carbonio” da incrementare perché sfamerà il mondo. Ma non è affatto detto.
William Happer è un fisico atomico e Harrison Schmitt un geologo, ex astronauta ed ex senatore repubblicano e nessuno dei due si occupa di climatologia o ha pubblicato in questo settore. Entrambi sono membri di istituti finanziati da varie industrie per “creare controversie” su questioni scientifiche, il primo del George C. Marshall Institute e il secondo dello Heartland.
Nell'articolo, sostengono classiche tesi "negazioniste" arricchite di nuovi sapori:
1) l'aumento della concentrazione di CO2 comporta anche aspetti positivi perché aumenterà la produttività agricola
2) è cessato il riscaldamento globale, "non c'è la minima prova che più anidride carbonica abbia causato più eventi estremi", anzi di più, c’è una scarsa correlazione tra il riscaldamento e la concentrazione di CO2 (cioè non c'è manco l'effetto serra!)
3) la attuale concentrazione è bassa secondo gli “standard geologici” perché 65 milioni di anni fa era pari a circa 3000 ppm
4) le piante soffrono per la concentrazione troppo bassa.
La conclusione è: smettiamola di “demonizzare” la CO2.
Si tratta delle normali falsità o mezze verità che fanno una enorme confusione nella testa dei lettori. In realtà, la correlazione fra riscaldamento globale ed effetto serra della CO2 è nota dall’Ottocento; della presunta fine del riscaldamento globale abbiamo parlato in questo post e sull’aumento degli eventi estremi in ottobre. (altro…)
William Happer è un fisico atomico e Harrison Schmitt un geologo, ex astronauta ed ex senatore repubblicano e nessuno dei due si occupa di climatologia o ha pubblicato in questo settore. Entrambi sono membri di istituti finanziati da varie industrie per “creare controversie” su questioni scientifiche, il primo del George C. Marshall Institute e il secondo dello Heartland.
Nell'articolo, sostengono classiche tesi "negazioniste" arricchite di nuovi sapori:
1) l'aumento della concentrazione di CO2 comporta anche aspetti positivi perché aumenterà la produttività agricola
2) è cessato il riscaldamento globale, "non c'è la minima prova che più anidride carbonica abbia causato più eventi estremi", anzi di più, c’è una scarsa correlazione tra il riscaldamento e la concentrazione di CO2 (cioè non c'è manco l'effetto serra!)
3) la attuale concentrazione è bassa secondo gli “standard geologici” perché 65 milioni di anni fa era pari a circa 3000 ppm
4) le piante soffrono per la concentrazione troppo bassa.
La conclusione è: smettiamola di “demonizzare” la CO2.
Si tratta delle normali falsità o mezze verità che fanno una enorme confusione nella testa dei lettori. In realtà, la correlazione fra riscaldamento globale ed effetto serra della CO2 è nota dall’Ottocento; della presunta fine del riscaldamento globale abbiamo parlato in questo post e sull’aumento degli eventi estremi in ottobre. (altro…) La catena degli errori
La cosa originale dell’articolo di Elena Dusi pubblicato su Repubblica non è l’aver dato una notizia (il mancato riscaldamento.. in barba ai modelli) infondata, ma il fatto che sia stato ripreso da altri giornali con risultati piuttosto divertenti. Analizzare quanto successo fa capire come funziona un certo tipo di informazione, e perché i giornali più seri non dovrebbero “sparare” bufale nei titoli in prima pagina.
Il quotidiano Libero è partito da quanto scritto su Repubblica in un misurato articolo intitolato “Il riscaldamento globale non c’è, ma ci è già costato 300 miliardi”, firmato da Maurizio Stefanini e pubblicato l’11 aprile.
A differenza dell’articolo di Dusi, si tratta di un articolo negazionista, che sostiene l’inesistenza del problema climatico e l’inutilità di occuparsene. L’occhiello“Ambientalisti smentiti” sembra voler confinare il riconoscimento del riscaldamento globale in corso a qualche associazione ambientalista, mentre l’esistenza e la gravità di questo problema è stato accettato non solo da tutte le organizzazioni scientifiche, ma dal G8 e da tutti i paesi del mondo in centinaia di documenti, dalla Convenzione ONU sul Clima (nel 1992!) al “Doha Gateway” (2012). (altro…)
A differenza dell’articolo di Dusi, si tratta di un articolo negazionista, che sostiene l’inesistenza del problema climatico e l’inutilità di occuparsene. L’occhiello“Ambientalisti smentiti” sembra voler confinare il riconoscimento del riscaldamento globale in corso a qualche associazione ambientalista, mentre l’esistenza e la gravità di questo problema è stato accettato non solo da tutte le organizzazioni scientifiche, ma dal G8 e da tutti i paesi del mondo in centinaia di documenti, dalla Convenzione ONU sul Clima (nel 1992!) al “Doha Gateway” (2012). (altro…) La variabilità non è la tendenza, accid…
Proviamo a spiegare di nuovo la differenza partendo dall’articolo “Il mistero della Terra che non si surriscalda più”, uscito su Repubblica il 10 aprile.
“Dal 1998 [il pianeta] non ha registrato nessun aumento di temperatura, in barba a tutti i modelli climatici che prevedevano un riscaldamento continuo causato dall'effetto serra…”
scrive Elena Dusi. Frase da negazionista, non da giornalista sicuramente al corrente di fatti che nessuno contesta. Il decennio scorso è stato più caldo del precedente, che è stato più caldo del precedente che è stato più caldo del precedente. E i 9 anni più caldi sono stati registrati tutti quanti dal 1998 in poi, proprio da quando la temperatura avrebbe smesso di aumentare.
Il breve attacco in prima pagina rimanda a p. 47 dove l’occhiello e il titolo ripetono:
La temperatura resta più alta di 0,75 gradi rispetto a un secolo fa, ma dal 1998 a oggi non è mai aumentata. (…) Secondo gli esperti può essere un “time out”.
Bel mistero, in effetti. Che non sia il caldo a governare i processi del ghiaccio, come alcuni sembrano ritenere?
I lettori di Repubblica si rassicurino. Gli esperti citati dal loro quotidiano dicono che la Terra continua a scaldarsi. Sono gli autori di “Retrospective prediction of the global warming slowdown in the past decade” uscito su Nature Climate Change. Il loro modello mostra che, alla superficie di continenti e mari, il tasso di riscaldamento è rallentato (ma non fermato, come riferito da Elena Dusi) da un maggior assorbimento di calore/energia nei primi 700 metri da parte degli oceani.. Confermano così un’analisi dei dati registrati in mare e in atmosfera, uscita nel gennaio 2012 su Nature Geoscience. (altro…)
“Dal 1998 [il pianeta] non ha registrato nessun aumento di temperatura, in barba a tutti i modelli climatici che prevedevano un riscaldamento continuo causato dall'effetto serra…”
scrive Elena Dusi. Frase da negazionista, non da giornalista sicuramente al corrente di fatti che nessuno contesta. Il decennio scorso è stato più caldo del precedente, che è stato più caldo del precedente che è stato più caldo del precedente. E i 9 anni più caldi sono stati registrati tutti quanti dal 1998 in poi, proprio da quando la temperatura avrebbe smesso di aumentare.
Il breve attacco in prima pagina rimanda a p. 47 dove l’occhiello e il titolo ripetono:
La temperatura resta più alta di 0,75 gradi rispetto a un secolo fa, ma dal 1998 a oggi non è mai aumentata. (…) Secondo gli esperti può essere un “time out”.
Bel mistero, in effetti. Che non sia il caldo a governare i processi del ghiaccio, come alcuni sembrano ritenere?
I lettori di Repubblica si rassicurino. Gli esperti citati dal loro quotidiano dicono che la Terra continua a scaldarsi. Sono gli autori di “Retrospective prediction of the global warming slowdown in the past decade” uscito su Nature Climate Change. Il loro modello mostra che, alla superficie di continenti e mari, il tasso di riscaldamento è rallentato (ma non fermato, come riferito da Elena Dusi) da un maggior assorbimento di calore/energia nei primi 700 metri da parte degli oceani.. Confermano così un’analisi dei dati registrati in mare e in atmosfera, uscita nel gennaio 2012 su Nature Geoscience. (altro…)
Quando i grafici inquietano
L’altro giorno un amico mi ha girato questo grafico sull’andamento della superficie nevosa della calotta di ghiaccio in Groenlandia soggetta a fusione, con la domanda: si sono starati gli strumenti di misurazione? La linea rossa, che mostra la percentuale di superficie di fusione nel 2019, sembra in effetti essere impazzita, fuori scala rispetto ai dati del range interquartile 1981-2010 (ossia dove sono compresi il 50% dei dati de periodo, grigio scuro) o del range interdecile (che comprende il 90% dei...
Accade nel 2019: una petizione per negare la scienza del clima
Sembrerà incredibile, ma alcuni docenti ed ex docenti universitari hanno lanciato una delirante petizione sul clima in cui si negano decenni di scienza del clima e si riciclano i soliti vecchi argomenti del negazionismo climatico. Mentre la comunità scientifica mondiale continua a sfornare pubblicazioni di grande spessore e importanza sul riscaldamento globale in corso e atteso per il futuro (per esempio qui e qui), alcuni docenti universitari italiani hanno scritto e stanno facendo girare una petizione in cui concludono che...
Conoscere le emissioni, per meglio impostare il cambiamento
“If you can’t measure something you can’t manage it”. Cioè, se non puoi misurare, non puoi gestire il radicale cambiamento necessario per fronteggiare la sfida climatica. Cosi’ Jian Lu, Director of Science dell’UNEP (United Nations Environment Programme), e Hoesung Lee, Chair dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), hanno introdotto i lavori della 49a plenaria IPCC a Kyoto, Giappone, dall’8 al 12 Maggio 2019 (nella foto). Il principale obiettivo era di far approvare dai rappresentanti dei governi di tutto il mondo un...
Chi chiede tagli drastici alle emissioni ha ragione
Lasciando perdere gli insulti degli ex-negazionisti, più interessante è ragionare su alcune critiche più articolate e ragionate rivolte a quanto Greta Thunberg sostiene nei suoi discorsi. È il caso del testo “Perché Greta Thunberg è una foglia di fico e l’ideologia ha la meglio sulla realtà” di Enrico Mariutti, ricercatore e analista in ambito economico ed energetico, pubblicato del blogEconopoly del Sole-24 Ore. L’articolo è ben scritto, con argomenti esposti in modo chiaro e con pacatezza; non mancano tuttavia gli...
Dal negazionismo al livore: e magari chiedere scusa?
Il negazionismo ha finito gli argomenti ed è passato agli insulti: gli stessi che fino a ieri negavano l’aumento delle temperature o le responsabilità umane, oggi gettano fango e livore su Greta Thunberg. Il grande aumento dell’interesse dei giovani e dei media per la questione climatica ha portato molti commentatori a discutere sulla giovane attivista svedese Greta Thunberg, che è riconosciuta come l’ispiratrice delle manifestazioni di “Fridays for future, Strike4 Climate e “Extinction Rebellion” avvenute in tutto il mondo, in...
Il fiume ed i laghi della pianura ai minimi storici
L’inverno secco del 2019 ha avuto come conseguenza l’abbassamento del livello del Fiume Po, documentato da diversi articoli e reportage. Altresì ai minimi storici è il livello dei grandi laghi della pianura padana, con potenziali carenze di acqua per l’irrigazione. Tali eventi di magra si ripetono da almeno tre lustri. Si riportano qui alcune statistiche e riflessioni sul possibile legame con le variazioni climatiche recenti. Figura 1. Po a Ponte della Becca. Da: Corriere della Sera. Viaggio del drone...
La scienza del clima non è un’opinione: dai dati emerge la realtà
L’analisi climatica è un campo dove la grande mole di dati può essere fuorviante, rendendo difficoltosa la comprensione dei fenomeni. Come dunque individuare le tendenze di fondo ed assicurarne la “robustezza”, o affidabilità? Qui presentiamo alcuni esempi su come viene affrontata questa complessa questione. “È una scienza inesatta” (una visione fallace della scienza del clima, che non si basa certo sulle opinioni di singoli scienziati). Quando si parla di scienza del clima, il discorso si concentra spesso sulle serie storiche...
Anche un premio Nobel può raccontare cose sbagliate sul clima
In una seduta del Senato nel 2014 il Premio Nobel Carlo Rubbia fece numerose affermazioni infondate o chiaramente sbagliate sui cambiamenti climatici, rilanciando tanti miti del negazionismo climatico già più volte confutati. Da tempo ci arrivano inviti a confutare quanto sostenuto sul tema dei cambiamenti climatici dal Senatore Carlo Rubbia il 26 novembre 2014, durante la seduta congiunta delle commissioni 3a (Affari esteri, emigrazione) e 13a (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato della Repubblica e III (Affari esteri e comunitari)...
Buon #climatestrike
Il 15 marzo in tutto il mondo ci sarà una grande mobilitazione contro i cambiamenti climatici, fatta da tanti giovani che hanno raccolto l’appello lanciato dalla sedicenne svedese Greta Thunberg. Climalteranti con questo post invia un messaggio di appoggio a tutti i manifestanti. Care ragazze e cari ragazzi, Grazie della vostra iniziativa. Siamo un gruppo di studiosi che da più di 10 anni su questo blog cerca di far capire gli aspetti scientifici e strategici dell’evoluzione del clima, e le...
Quanto sono aumentate le temperature medie in Italia?
Numerosi giornali e altri mezzi di informazione hanno riportato la notizia del record nel 2018 delle temperature medie in Italia, derivanti dai dati raccolti ed elaborati dall’ISAC-CNR. In alcune notizie si può leggere che sono aumentate di 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali, in altre 1,58° C sopra la media dell’ultimo trentennio. Il motivo di questa diversità dei valori forniti si spiega nella mancanza di attenzione verso un fattore importante che deve essere legato al valore numerico dell’aumento delle temperature, ossia il...