La giostra del tempo senza tempo
Come da anni andiamo ripetendo anche su Climalteranti, i cambiamenti climatici sono già in atto e determinano notevoli impatti sugli ecosistemi terrestri e marini, sul rischio idrogeologico, la salute delle persone e degli animali, le attività produttive, la biodiversità delle specie vegetale e animale e tanto, tanto altro ancora. L’evidenza più eclatante di tale cambiamento è certamente il trend di crescita delle temperature, già osservato (circa un grado centigrado in cento anni), e destinato a persistere nei prossimi decenni, e ad accelerare ulteriormente, se non verranno drasticamente ridotte le emissioni di gas “serra”. Se così non dovesse accadere, gli impatti sopra citati si acuiranno e, come diretta conseguenza, le prossime generazioni si ritroveranno a vivere in un mondo molto meno ospitale di quello che ci hanno lasciato i nostri nonni e genitori.
Stante questa realtà, assolutamente incontrovertibile e sulla quale tutti gli scienziati del clima concordano, cosa potrebbe quindi dire un giovane della seconda metà di questo secolo, ad un giovane di adesso? Il romanzo che ho scritto, (La giostra del tempo senza tempo, Bonomo editore) cerca di rispondere a questa domanda, attraverso il racconto di un dialogo, impossibile nella realtà ma non nella fiction, tra una coppia di giovani che vivono nel 2019 e una che vivrà nel 2080, e così facendo tenta di approfondire un po’ il tema della responsabilità inter-generazionale.
In aggiunta, al termine della “storia di fantasy”, comunque fortemente ancorata a quanto la scienza del clima oggi propone e riassunta dai vari rapporti dell’IPCC, vengono approfonditi, in diverse schede tecniche curate da amici e colleghi esperti di settore, alcuni dei temi che gravitano attorno alla problematica della “crisi climatica” e che sono continuamente richiamati nella storia. (altro…) 2019: tanto per cambiare, ancora un anno sul podio
Come ogni anno, diamo uno sguardo alle temperature medie globali dell'anno appena terminato guardando i dati grezzi e “grigliati” NCEP/NCAR. Anche il 2019 non ha battuto il record del 2016, anno di forte fase positiva di El Niño, ma non vi è andato molto distante – questione di decimi – risultando al secondo posto (scalzando il 2017), e probabilmente si classificherà tra il secondo e il terzo posto negli elenchi dei vari database internazionali con cui siamo soliti confrontare i valori. Il valore di anomalia, +0,57 °C rispetto al periodo 1981-2010, supera ancora +1 °C rispetto all'inizio del secolo. Inutile concludere che quanto ripetuto ormai da quasi un decennio a commento di questi post risulta sempre più attuale: il riscaldamento globale avanza, in modo inequivocabile.
E in Italia… un altro primo posto!
Per poter parlare di temperature servono dati, dettagliati e affidabili. Il nostro riferimento per i dati delle temperature è sempre il database NCEP/NCAR che, dopo l'indisponibilità dell'anno scorso dovuta allo “shut-down” negli USA, continua a mettere a disposizione il proprio database (da quest'anno, tuttavia, i dati sono forniti soltanto in formato Netcdf e non più in formato testo). I dati delle temperature sono in seguito espressi come differenza (anomalia) rispetto alla media del periodo 1981-2010. Da notare che questo periodo è stato più caldo di almeno 0.6 °C rispetto al periodo pre-industriale (1850-1900), per cui se si volessero confrontare i valori in seguito esposti con quelli considerati ai fini degli obiettivi delle politiche sul clima (es. “ben sotto i 2 °C”), bisognerebbe aggiungere tale valore.
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Per poter parlare di temperature servono dati, dettagliati e affidabili. Il nostro riferimento per i dati delle temperature è sempre il database NCEP/NCAR che, dopo l'indisponibilità dell'anno scorso dovuta allo “shut-down” negli USA, continua a mettere a disposizione il proprio database (da quest'anno, tuttavia, i dati sono forniti soltanto in formato Netcdf e non più in formato testo). I dati delle temperature sono in seguito espressi come differenza (anomalia) rispetto alla media del periodo 1981-2010. Da notare che questo periodo è stato più caldo di almeno 0.6 °C rispetto al periodo pre-industriale (1850-1900), per cui se si volessero confrontare i valori in seguito esposti con quelli considerati ai fini degli obiettivi delle politiche sul clima (es. “ben sotto i 2 °C”), bisognerebbe aggiungere tale valore.
(altro…) Le foreste ci salveranno?
Basta piantare alberi per affrontare la crisi climatica? Aumentare, mantenere e gestire sostenibilmente le foreste è necessario, ma non sufficiente. Pur se piantare nuovi alberi è molto utile, la drastica riduzione delle emissioni di CO2 legate ai combustibili fossili resta inevitabile.
“Climate change? Basterebbe
una foresta grande come gli Usa”. Cosi titolava il Corriere della Sera, proprio nei giorni del fallimento dellaconferenza ONU sul clima a Madrid. Attraverso un’intervista al Prof. Stefano Mancuso, noto divulgatore scientifico e molto popolare tra chi ama le piante, l’articolo rilanciava uno studio dell’ETH di Zurigo uscito a luglio su Science. Secondo l’intervista, “basterebbero 900 milioni di ettari di nuove foreste per ridurre di due terzi l’attuale livello di gas serra. È la superficie degli Stati Uniti: sarebbe una soluzione praticabile e reale”.
Ma è davvero così? Se precedenti commenti hanno già parzialmente risposto (ad es. qui e qui), questo post vuole fornire un approfondimento più ampio sul ruolo delle foreste nella lotta ai cambiamenti climatici.
Perché le foreste sono importanti?
Oltre a contenere l’80% della biodiversità terrestre, a fornirci acqua e aria pulita, cibo e bellezza, le foreste svolgono un ruolo chiave nel contenere i cambiamenti climatici in atto. La figura 1 riassume l’origine delle emissioni antropiche di CO2 (a sinistra: 86% da combustibili fossili e 14% da deforestazione) e la destinazione finale di questa CO2 (a destra). Meno della metà resta in atmosfera, causandone il riscaldamento, mentre il restante viene assorbito da processi naturali: il 23% viene assorbita dagli oceani (che però si riscaldano e si acidificano, con enormi danni agli esseri viventi che li abitano, alle zone costiere e alla loro sicurezza alimentare), e quasi il 30% viene assorbita dalle foreste, che grazie alla fotosintesi accumulano carbonio nei tessuti vegetali (foglie, legno e radici) e nel suolo. Quindi, senza le foreste, la crisi climatica in atto avrebbe effetti ancora più intensi.
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una foresta grande come gli Usa”. Cosi titolava il Corriere della Sera, proprio nei giorni del fallimento dellaconferenza ONU sul clima a Madrid. Attraverso un’intervista al Prof. Stefano Mancuso, noto divulgatore scientifico e molto popolare tra chi ama le piante, l’articolo rilanciava uno studio dell’ETH di Zurigo uscito a luglio su Science. Secondo l’intervista, “basterebbero 900 milioni di ettari di nuove foreste per ridurre di due terzi l’attuale livello di gas serra. È la superficie degli Stati Uniti: sarebbe una soluzione praticabile e reale”.
Ma è davvero così? Se precedenti commenti hanno già parzialmente risposto (ad es. qui e qui), questo post vuole fornire un approfondimento più ampio sul ruolo delle foreste nella lotta ai cambiamenti climatici.
Perché le foreste sono importanti?
Oltre a contenere l’80% della biodiversità terrestre, a fornirci acqua e aria pulita, cibo e bellezza, le foreste svolgono un ruolo chiave nel contenere i cambiamenti climatici in atto. La figura 1 riassume l’origine delle emissioni antropiche di CO2 (a sinistra: 86% da combustibili fossili e 14% da deforestazione) e la destinazione finale di questa CO2 (a destra). Meno della metà resta in atmosfera, causandone il riscaldamento, mentre il restante viene assorbito da processi naturali: il 23% viene assorbita dagli oceani (che però si riscaldano e si acidificano, con enormi danni agli esseri viventi che li abitano, alle zone costiere e alla loro sicurezza alimentare), e quasi il 30% viene assorbita dalle foreste, che grazie alla fotosintesi accumulano carbonio nei tessuti vegetali (foglie, legno e radici) e nel suolo. Quindi, senza le foreste, la crisi climatica in atto avrebbe effetti ancora più intensi.
(altro…) L’ambiguo insuccesso della COP25
La COP25 di Madrid è stata una delle Conferenze della Parti della Convenzione sul clima più tese e concitate degli ultimi anni, finita in grande ritardo e con l’adozione di numerosi documenti che, ancora una volta, hanno scontentato molti.
Alle ore 13.55 di domenica 15 dicembre 2019 si è chiusa a Madrid la COP25, con l’adozione di numerose decisioni, disponibili sul sito UNFCCC, fra cui quelle sui punti più controversi, che qui commentiamo. I tre tavoli negoziali (la conferenza della parte dell’UNFCCC - COP, del Protocollo di Kyoto CMP e dell’Accordo di Parigi - CMA) hanno approvato 37 documenti, ma il risultato è stato unanimemente definito insufficiente, inferiore a quanto poteva essere prodotto dalla COP. Delusione è stata espressa sia dal Segretario Generale dell’ONU António Guterres che dalla Segretaria UNFCCC Patricia Espinosa.
Va detto però che alcune delle attese e delle richieste molto difficilmente avrebbero potuto essere soddisfatte dalla COP25, vista la sua agenda e la struttura e i tempi del negoziato multilaterale sul clima. Ad esempio, non era compito di questa COP aumentare il livello di impegno di riduzione delle emissioni per rispondere alle grandi mobilitazioni che si sono viste nel 2019. Chi misura in base a questo il fallimento della COP25 è destinato a rimanere deluso in tante altre COP future.
È stata una COP strana, la cui valutazione richiede tempo e la lettura dei documenti approvato o almeno i resoconti degli osservatori più attenti; fra questi sicuramente è da consigliare l'approfondita e al solito ottima analisi dettagliata dell'IISD - Earth Negotiations Bulletin (ENB) (28 pagine, ma la sostanza è in particolare nelle due pagine delle conclusioni, da 25 a 27), nonché la sintesi dei risultati fatta da Carbon Brief. (altro…)
Alle ore 13.55 di domenica 15 dicembre 2019 si è chiusa a Madrid la COP25, con l’adozione di numerose decisioni, disponibili sul sito UNFCCC, fra cui quelle sui punti più controversi, che qui commentiamo. I tre tavoli negoziali (la conferenza della parte dell’UNFCCC - COP, del Protocollo di Kyoto CMP e dell’Accordo di Parigi - CMA) hanno approvato 37 documenti, ma il risultato è stato unanimemente definito insufficiente, inferiore a quanto poteva essere prodotto dalla COP. Delusione è stata espressa sia dal Segretario Generale dell’ONU António Guterres che dalla Segretaria UNFCCC Patricia Espinosa.
Va detto però che alcune delle attese e delle richieste molto difficilmente avrebbero potuto essere soddisfatte dalla COP25, vista la sua agenda e la struttura e i tempi del negoziato multilaterale sul clima. Ad esempio, non era compito di questa COP aumentare il livello di impegno di riduzione delle emissioni per rispondere alle grandi mobilitazioni che si sono viste nel 2019. Chi misura in base a questo il fallimento della COP25 è destinato a rimanere deluso in tante altre COP future.
È stata una COP strana, la cui valutazione richiede tempo e la lettura dei documenti approvato o almeno i resoconti degli osservatori più attenti; fra questi sicuramente è da consigliare l'approfondita e al solito ottima analisi dettagliata dell'IISD - Earth Negotiations Bulletin (ENB) (28 pagine, ma la sostanza è in particolare nelle due pagine delle conclusioni, da 25 a 27), nonché la sintesi dei risultati fatta da Carbon Brief. (altro…) La COP25 di Madrid e l’art. 6 dell’accordo di Parigi
Si è aperta in questi giorni a Madrid la COP25, la venticinquesima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sul Clima delle Nazioni Unite (UNFCCC), sotto la presidenza cilena.
I numerosi tavoli negoziali paralleli riguarderanno principalmente altri punti tecnici relativi all’implementazione dell’Accordo di Parigi, dopo che nella precedente COP24 è stato approvato il “libro delle regole” (Katowice package).
Ricordiamo quanto scritto un anno fa sui 5 errori da evitare quando si racconta una COP (“è stato un nulla di fatto”, “i negoziati non servono, l’UNFCCC non combina nulla”, “nell’Accordo di Parigi e nel negoziato UNFCCC non ci sono impegni vincolanti”, “gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Accordo di Parigi”, “i delegati si fanno una bella vacanza”), nonché i diversi modi per seguire da casa la COP25 (l’efficace servizio di webcast UNFCCC con cui si possono seguire tutte le plenarie del negoziato e molti altri eventi collaterali, i resoconti quotidiani dell’IISD, l’eco-blog del Climate Action Network e i bollettini giornalieri dell’Italian Climate Network).
(altro…) Mercanti di dubbi
È uscita la versione italiana di “Merchants of doubt” di Naomi Oreskes ed Erik Conway. Un libro importante per capire le radici della disinformazione sul tema dei cambiamenti climatici
Pubblicato per la prima volta nel 2010, Mercanti di dubbi è diventato subito uno dei testi di riferimento per chi si occupa di storia della scienza, della medicina e di climatologia, e resta ancora un passaggio ineludibile per capire i rapporti tra scienza, democrazia e informazione.
Secondo Naomi Oreskes ed Erik Conway, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso alcuni scienziati statunitensi hanno messo la loro autorevolezza e le loro competenze a disposizione delle industrie (le famigerate Big Tobacco, Big Chem e Big Oil) per confondere opinione pubblica e decisori politici, e per intralciare l’approvazione di quelle norme che avrebbero potuto rallentarne la crescita e far diminuire i profitti. Lo hanno fatto per motivi ideologici, per desiderio di affermazione personale o per pura e semplice avidità. È una tesi forte, ma è suffragata da un lavoro di ricerca basato su un’enorme mole documentaria (solo per il capitolo sul tabacco i due storici hanno passato in rassegna milioni di pagine di archivio), che ha superato indenne un decennio di critiche e attacchi personali e che, negli ultimi anni, è stata confermata da nuove indagini.
Dagli anni Cinquanta infatti iniziano a emergere, dapprima in maniera frammentaria e poi sempre più coerente, le evidenze sulla pericolosità del tabacco, un prodotto che fino a quel momento era addirittura consigliato da alcuni medici (che sostenevano che fumare sigarette al mentolo facesse bene per il mal di gola...). La svolta arriva nel 1964, quando il Surgeon General, preposto alla tutela della salute pubblica, rilascia il rapporto Smoking and Health, che stabilisce in maniera definitiva che il fumo è mortale. L’industria intuisce immediatamente il rischio, e decide di passare al contrattacco investendo in una gigantesca manovra di disinformazione. (altro…)
Pubblicato per la prima volta nel 2010, Mercanti di dubbi è diventato subito uno dei testi di riferimento per chi si occupa di storia della scienza, della medicina e di climatologia, e resta ancora un passaggio ineludibile per capire i rapporti tra scienza, democrazia e informazione.
Secondo Naomi Oreskes ed Erik Conway, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso alcuni scienziati statunitensi hanno messo la loro autorevolezza e le loro competenze a disposizione delle industrie (le famigerate Big Tobacco, Big Chem e Big Oil) per confondere opinione pubblica e decisori politici, e per intralciare l’approvazione di quelle norme che avrebbero potuto rallentarne la crescita e far diminuire i profitti. Lo hanno fatto per motivi ideologici, per desiderio di affermazione personale o per pura e semplice avidità. È una tesi forte, ma è suffragata da un lavoro di ricerca basato su un’enorme mole documentaria (solo per il capitolo sul tabacco i due storici hanno passato in rassegna milioni di pagine di archivio), che ha superato indenne un decennio di critiche e attacchi personali e che, negli ultimi anni, è stata confermata da nuove indagini.
Dagli anni Cinquanta infatti iniziano a emergere, dapprima in maniera frammentaria e poi sempre più coerente, le evidenze sulla pericolosità del tabacco, un prodotto che fino a quel momento era addirittura consigliato da alcuni medici (che sostenevano che fumare sigarette al mentolo facesse bene per il mal di gola...). La svolta arriva nel 1964, quando il Surgeon General, preposto alla tutela della salute pubblica, rilascia il rapporto Smoking and Health, che stabilisce in maniera definitiva che il fumo è mortale. L’industria intuisce immediatamente il rischio, e decide di passare al contrattacco investendo in una gigantesca manovra di disinformazione. (altro…) Appello degli scienziati del mondo sull’emergenza climatica
Pubblichiamo la traduzione dell’appello uscito su Bioscience, sottoscritto da più di 11.000 scienziati da 153 paesi (elenco qui). Una sintesi efficace delle tante solide conoscenze scientifiche sul tema del cambiamento climatico, riassunte in una serie di grafici che mostrano l’inequivocabile andamento degli effetti delle attività umane e delle risposte del sistema climatico.
Gli scienziati hanno l'obbligo morale di avvertire chiaramente l'umanità di ogni minaccia catastrofica e di dire le cose come stanno. Sulla base di questo obbligo e degli indicatori grafici presentati di seguito, insieme a oltre 11.000 scienziati firmatari da tutto il mondo, dichiariamo in modo chiaro e inequivocabile che il pianeta Terra sta affrontando un'emergenza climatica.
Esattamente 40 anni fa, scienziati di cinquanta nazioni si incontrarono alla Prima Conferenza mondiale sul clima (nel 1979 a Ginevra) e concordarono che, nei cambiamenti climatici, tendenze allarmanti richiedevano di agire d’urgenza. Da allora, allarmi simili sono stati lanciati con il Vertice di Rio nel 1992, il Protocollo di Kyoto nel 1997 e l’Accordo di Parigi nel 2015, così come messaggi da decine di altri incontri mondiali e da parte di svariati scienziati hanno avvertito che i progressi erano insufficienti (Ripple et al. 2017). Tuttavia, le emissioni di gas serra (GHG) continuano ad aumentare rapidamente, con effetti sempre più dannosi per il clima terrestre. Serve incrementare immensamente gli sforzi per conservare la nostra biosfera, per evitare che la crisi climatica provochi sofferenze indicibili (IPCC 2018). (altro…)
Gli scienziati hanno l'obbligo morale di avvertire chiaramente l'umanità di ogni minaccia catastrofica e di dire le cose come stanno. Sulla base di questo obbligo e degli indicatori grafici presentati di seguito, insieme a oltre 11.000 scienziati firmatari da tutto il mondo, dichiariamo in modo chiaro e inequivocabile che il pianeta Terra sta affrontando un'emergenza climatica.
Esattamente 40 anni fa, scienziati di cinquanta nazioni si incontrarono alla Prima Conferenza mondiale sul clima (nel 1979 a Ginevra) e concordarono che, nei cambiamenti climatici, tendenze allarmanti richiedevano di agire d’urgenza. Da allora, allarmi simili sono stati lanciati con il Vertice di Rio nel 1992, il Protocollo di Kyoto nel 1997 e l’Accordo di Parigi nel 2015, così come messaggi da decine di altri incontri mondiali e da parte di svariati scienziati hanno avvertito che i progressi erano insufficienti (Ripple et al. 2017). Tuttavia, le emissioni di gas serra (GHG) continuano ad aumentare rapidamente, con effetti sempre più dannosi per il clima terrestre. Serve incrementare immensamente gli sforzi per conservare la nostra biosfera, per evitare che la crisi climatica provochi sofferenze indicibili (IPCC 2018). (altro…) L’esperto di energia che fa errori madornali sul cambiamento climatico
Da un autore di molti studi su questioni energetiche ed ambientali ci si aspetterebbe la conoscenza delle basi del ciclo del carbonio e dei cambiamenti climatici. E invece…
Fra i tanti (troppi) che sui quotidiani e in televisione hanno scritto e detto errori e falsità sul tema dei cambiamenti climatici, uno dei casi più strani è quello di Davide Tabarelli, fondatore e Presidente di NE - Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia e l’ambiente, membro dell'Advisory Board dell'ENI sulla transizione energetica, consulente e membro in passato di molte commissioni ministeriali e docente del “Laboratory of environmental engineering and energy economics” all’Università di Bologna.
Visto il curriculum ci si aspetterebbe la conoscenza delle basi; invece nell’articolo “Clima, serve una svolta senza catastrofismi” pubblicato su Il Mattino del 29 settembre 2019, nonché in un’intervista alla trasmissione Frontiere di RAI1 del 21 ottobre, Tabarelli ha scritto e detto una serie di errori madornali su aspetti basilari dei cambiamenti climatici.
(altro…)
Fra i tanti (troppi) che sui quotidiani e in televisione hanno scritto e detto errori e falsità sul tema dei cambiamenti climatici, uno dei casi più strani è quello di Davide Tabarelli, fondatore e Presidente di NE - Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia e l’ambiente, membro dell'Advisory Board dell'ENI sulla transizione energetica, consulente e membro in passato di molte commissioni ministeriali e docente del “Laboratory of environmental engineering and energy economics” all’Università di Bologna.
Visto il curriculum ci si aspetterebbe la conoscenza delle basi; invece nell’articolo “Clima, serve una svolta senza catastrofismi” pubblicato su Il Mattino del 29 settembre 2019, nonché in un’intervista alla trasmissione Frontiere di RAI1 del 21 ottobre, Tabarelli ha scritto e detto una serie di errori madornali su aspetti basilari dei cambiamenti climatici.
(altro…) Una risposta a Beppe Severgnini: non c’è la libertà di disinformare
Sulla rubrica “Italians” del Corriere della Sera, Beppe Severgnini ha sostenuto in risposta alla lettrice Sara Milanesi la necessità di pubblicare tutte le opinioni, anche quelle che negano la scienza del clima.
Pubblichiamo la replica di Paolo Gabrielli, in cui si spiega come la libertà d’opinione non dovrebbe essere confusa con la libertà di disinformare.
Lettera di Sara Milanesi
Caro Beppe, che vergogna che pubblichiate lettere disinformanti come "Global Warming: e l'alto Medioevo?" di mercoledì 16 ottobre senza neppure un commento. E non è la prima volta. Mi & vi chiedo: al Corriere/Italians ricevete per caso finanziamenti da ditte petrolifere? Utilizzate veicoli a combustione fossile da decenni e non vedete il motivo di cambiare abitudine? Che fine faranno i vostri discendenti non vi tocca? Leggetevi per cortesia "The Uninhabitable Earth" di David Wallace Wells e magari capirete perchè frasi come "i cambiamenti climatici ci son sempre stati" siano proprio fuori luogo. Grazie dell'attenzione, (altro…)
Un delirio a Otto e mezzo: altri record per il Prof. Battaglia
Nella puntata di Otto e mezzo del 28 settembre, il presunto esperto Prof. Franco Battaglia è riuscito a proferire 24 fra falsità e dati sbagliati sul tema dei cambiamenti climatici nei suoi 11 interventi durati in tutto 10’33”. In media, un errore ogni 26 secondi. Ogni volta che prende la parola in media riesce a dire almeno due cose sbagliate. Abbiamo scritto una lettera alla conduttrice.
È stata inoltre creata su Change.org una petizione “Cambiamenti climatici: nessuno spazio per posizioni antiscientifiche nei media”. Il Comitato Scientifico di Climalteranti aderisce ed invita ad aderire.
Gent. Dott.ssa Gruber,
nella puntata di Otto e mezzo del 28/9/2019 il Prof. Franco Battaglia ha prodotto un numero incredibile di affermazioni palesemente scorrette sul tema dei cambiamenti climatici, peraltro senza un contraddittorio con veri esperti della materia.
Abbiamo elencato e confutato alcune delle falsità e degli errori nell’appendice a questa lettera. Le più gravi riguardano la relazione tra clima e il principale gas serra, la CO2 (voci 1-4), relazione che il prof. Battaglia nega, in contrasto con praticamente la totalità degli studiosi dell’argomento (voce 5). Non ritenendo il problema climatico reale, arriva quindi a screditare i tentativi di affrontarlo avviati in tutto il mondo (voci 6-10).
Con franchezza le scriviamo per dire che riteniamo sia davvero sbagliato presentare come “esperto” chi non lo è. Il Prof. Battaglia non è un esperto in materie riguardanti il clima. Ha solo 2 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali negli ultimi 25 anni, un numero scandalosamente basso per un docente universitario, e nessuna delle due riguarda temi del cambiamento climatico o, in generale, dell’energia e dell’ambiente. (altro…)
Gent. Dott.ssa Gruber,
nella puntata di Otto e mezzo del 28/9/2019 il Prof. Franco Battaglia ha prodotto un numero incredibile di affermazioni palesemente scorrette sul tema dei cambiamenti climatici, peraltro senza un contraddittorio con veri esperti della materia.
Abbiamo elencato e confutato alcune delle falsità e degli errori nell’appendice a questa lettera. Le più gravi riguardano la relazione tra clima e il principale gas serra, la CO2 (voci 1-4), relazione che il prof. Battaglia nega, in contrasto con praticamente la totalità degli studiosi dell’argomento (voce 5). Non ritenendo il problema climatico reale, arriva quindi a screditare i tentativi di affrontarlo avviati in tutto il mondo (voci 6-10).
Con franchezza le scriviamo per dire che riteniamo sia davvero sbagliato presentare come “esperto” chi non lo è. Il Prof. Battaglia non è un esperto in materie riguardanti il clima. Ha solo 2 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali negli ultimi 25 anni, un numero scandalosamente basso per un docente universitario, e nessuna delle due riguarda temi del cambiamento climatico o, in generale, dell’energia e dell’ambiente. (altro…)
Come comunicare la crisi climatica ai disimpegnati
Una guida realizzata nell’ambito del progetto europeo NoPlanetB fornisce utili suggerimenti su come sensibilizzare sul cambiamento chi oggi lo considera un tema secondario. Diversi segnali suggeriscono come negli ultimi anni la scienza in generale sia stata messa sempre più in discussione, sia da parte dell’opinione pubblica che da alcuni settori politici e mediatici, sulla scia di una generale messa in discussione di alcuni valori ai quali eravamo abituati, fra cui inclusione, democrazia, un ruolo super partes delle istituzioni pubbliche....
100% di elettricità rinnovabile è possibile
Un rapporto mostra in 40 punti come la decarbonizzazione del sistema elettrico solo con energia rinnovabile non solo sia possibile, ma può essere realizzata in diversi modi, caratterizzati da alcuni elementi comuni. È stato recentemente presentato Il Rapporto “Elementi per un’Italia 100% rinnovabile”, promosso dalla Rete 100% Rinnovabili, preparato e sottoscritto da 25 docenti e ricercatori italiani, che mostra come sia possibile e conveniente decarbonizzare la produzione di elettricità utilizzando unicamente fonti energetiche rinnovabili. Il documento discute le leve...
Il manuale di psicologia climatica: una guida per affrontare l’impatto psicologico della crisi climatica ed ecologica
Negli ultimi anni, la crisi climatica ed ecologica è passata da questione scientifica e politica ad una vera e propria emergenza di salute pubblica. L’aumento degli eventi estremi e delle loro conseguenze disastrose ha effetti su scala globale, con gravi ripercussioni sulla salute fisica (Filippini et al., 2024) e mentale (IPCC, 2022; Charlson et al., 2021: Cianconi et al. 2023). Il Manuale Oltre all’aumento di disturbi psichiatrici come il disturbo post-traumatico da stress e la depressione maggiore dopo eventi...
Scenari climatici tra decarbonizzazione spinta e punti di non ritorno
Lo scorso 2 dicembre 2024 si è svolto presso il Politecnico di Milano l’evento “Scenari climatici tra decarbonizzazione spinta e punti di non ritorno”. L’evento è stato organizzato in collaborazione con climalteranti.it, dal cui comitato scientifico provengono numerosi dei relatori intervenuti. Nel seguito è riportata una sintesi di alcuni interventi. La registrazione dell’evento è disponibile qui, mentre le slide presentate dai relatori durante la conferenza sono scaricabili qui. Segnali di ottimismo in tempi bui L’intervento iniziale di Mario Grosso...
Il clamoroso e preoccupante record delle temperature medie globali nel 2024
Le consuete analisi di inizio anno sui dati della NOAA/NCEP e, per confronto, su quelle relative ad altri tre database climatici, concordano sul fatto che, per il secondo anno consecutivo (ma come anche successo nel 2019 e nel 2020), l’anno appena trascorso è risultato il più caldo da quando si misurano le temperature. L’aumento di temperatura di +1,54 °C rispetto al periodo preindustriale è un dato molto preoccupante, ma ancora non implica il superamento del limite previsto dell’accordo di Parigi....
L’auto termica green di Francesco Giavazzi non esiste
Fra gli autori delle panzane che inquinano il dibattito sulla transizione energetica, si è aggiunto lo storico editorialista del Corriere della Sera Francesco Giavazzi, che in un editoriale del 28 dicembre 2024 ha sostenuto una tesi facilmente confutabile, la presunta esistenza di auto a combustione interna in grado di emettere poche decine di grammi di CO2 per km, ossia l’80-90% in meno di quelle oggi circolanti. Il contesto è un articolo intitolato “Le scelte (utili) sui conti” in cui lo...
Il fuoco amico, una forma di inattivismo climatico: 2/ l’opposizione alle auto elettriche
Le emissioni di CO2 dai trasporti sono le uniche ad essere sostanzialmente aumentate in Europa nel periodo 1990-2022 (+26%). Il contributo del trasporto su strada è oggi pari al 70% delle emissioni da trasporto, e all’interno di quest’ultimo il peso delle automobili è pari al 60% (dettagli e infografiche disponibili qua). In Italia un quarto delle emissioni è dovuto ai trasporti, e le automobili italiane emettono circa 60 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, una cifra pari alle emissioni...
Finanziamenti e meccanismi di supporto all’azione climatica: alcuni risultati della COP29
Moltiplicati per tre gli impegni finanziari dei paesi sviluppati per favorire l’azione sul clima, menzionati le migliaia di miliardi a cui si dovrà arrivare, approvate le basi dei meccanismi di mercato e di trasferimento internazionali dei crediti, lanciato il miglioramento della nuova piattaforma per i meccanismi non di mercato: avanzamenti utili ed importanti. In attesa del rilancio degli impegni nazionali previsto nel 2025. La COP29 che si è svolta a Baku dall’11 al 24 novembre è stata una COP...
Cerchiamo di metterci in tempo le mani
La catastrofica alluvione che ha colpito la zona di Valencia ha costretto molti mezzi di informazione ad occuparsi del legame fra riscaldamento globale e l’aumento dell’intensità degli eventi estremi di precipitazione. Come noto, si tratta di un legame da tempo messo in luce dai climatologi (si veda ad esempio il libro Tempeste di James Hansen, pubblicato nel 2008), evidenziato chiaramente nella letteratura scientifica, e ben riassunto dall’ultimo rapporto IPCC, come già discusso qui. In diverse trasmissioni televisive (ad esempio qui...
Il fuoco amico, una forma di inattivismo climatico: 1/ l’opposizione alle energie rinnovabili
Climalteranti ha sempre contrastato il negazionismo climatico, sia confutando le argomentazioni più fallaci sulle cause del riscaldamento globale in corso, sia contrastando chi vuole ritardare l’azione di mitigazione dei cambiamenti climatici. Negli ultimi tempi però sta emergendo, anche tra persone attivamente schierate a favore della tutela dell’ambiente, una tendenza verso sforzi inadeguati, in grado di indebolire la già insufficiente lotta alla crisi climatica; il che costituisce una minaccia probabilmente ancora più subdola, una forma di vero e proprio “inattivismo climatico”....