Il futuro visto dal passato: Guy Callendar e il riscaldamento globale
È il 1938, la concentrazione di CO2 in atmosfera è di circa 310 ppm e il mondo è molto prossimo all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, quando Guy Stewart Callendar, ingegnere e inventore inglese, esperto di propulsione a vapore e tecnologo del vapore per la British Electrical and Allied Industries Research Association, pubblica “The artificial production of carbon dioxide and its influence on temperature” (La produzione artificiale di biossido di carbonio e i suoi effetti sulla temperatura), sul Quarterly Journal of the Royal Meteorological Society [1]. Climalteranti si è occupata del 75° anniversario del lavoro di Callendar qui.
L’articolo di Callendar risulterà fondamentale per un fatto semplice, ma rivoluzionario: fu il primo lavoro a descrivere un incremento di temperatura al suolo nei 50 anni precedenti e a collegarlo all’incremento di biossido di carbonio in atmosfera da uso di combustibili fossili. Il lavoro includeva anche interessanti proiezioni nel futuro (incluso il nostro presente) dell’andamento della concentrazione di biossido di carbonio in atmosfera e del conseguente incremento nelle temperature superficiali.
Ma a che punto era la consapevolezza del riscaldamento globale, nel 1938? All’inizio del Novecento le caratteristiche radiative dei gas scaldati dalla luce solare e il legame fisico tra incremento del biossido di carbonio in atmosfera e incremento di temperature superficiali erano già stati scoperti e ampiamente documentati, ma la portata, l’intensità e le implicazioni di tali scoperte non erano ancora state del tutto comprese e accettate dalla comunità scientifica.
Eunice Newton Foote, in un editoriale pubblicato nel 1856, era stata la prima a trattare della relazione sperimentale tra radiazione solare e diversi gas, incluso il biossido di carbonio, del quale confermò il potere di riemettere, una volta riscaldato al sole e poi posto in ombra, in lungo tempo il calore ricevuto dal sole. In una frase diventata storica per la scienza del clima, Eunice Foote concluderà il suo breve editoriale enunciando: “Un’atmosfera di quel gas [biossido di carbonio] darebbe alla Terra temperature alte; e se, come qualcuno suppone, in un periodo della nostra storia, l’aria fosse mescolata ad esso in una proporzione più grande che nel presente, inevitabilmente vi sarebbe una temperatura più alta per via della sua azione, così come per via del suo peso” [2].
Dal 1859 al 1875 John Tyndall, non è chiaro se conoscesse il lavoro della Foote, amplierà la trattazione delle relazioni tra radiazione solare e gas provvedendo anche a distinguere gli effetti per lunghezza d’onda, con particolare riferimento all’emissione da biossido di carbonio per le lunghezze d’onda della ‘radiazione oscura oltre il rosso’, il modo in cui veniva definito al tempo l’infrarosso [3]. Sarà poi Svante Arrhenius, nella sua pubblicazione dell’aprile 1896, “On the influence of carbonic acid in the air upon the temperature of the ground” (“Sull’influenza dell’acido carbonico [biossido di carbonio] in aria sulla temperatura al suolo”) per The London, Edinburgh and Dublin Philosophical Magazine and Journal of Science, a rispondere positivamente alla domanda se un incremento di concentrazione di biossido di carbonio influenzi la temperatura al suolo e nel quantificare con incredibile accuratezza il feedback del vapore acqueo [4]. L’importanza sempre maggiore che assumono queste analisi termodinamiche nella trattazione dell’atmosfera sarà confermata poi dall’inclusione delle leggi fondamentali della termodinamica nelle sette equazioni ritenute essenziali da Vilhelm Bjerknes per descrivere lo stato dell’atmosfera in ogni dato momento, nel suo lavoro del 1904 “Das Problem der Wettervorhersage, betrachtet vom Standpunkte der Mechanik und der Physik” (“Il problema della previsione del tempo, considerato dal punto di vista della meccanica e della fisica”) [5].
Il lavoro di Callendar si pone quindi a valle di un periodo rivoluzionario nella nostra comprensione del bilancio radiativo della Terra e in particolare della sua atmosfera, nonché in un periodo della storia della scienza in cui la cosiddetta meteorologia pragmatica, ossia lo studio dello stato dell’atmosfera per attività come la navigazione, l’agricoltura, la guerra, si arricchisce di una trattazione termodinamica e ottica; inoltre, grazie al diffondersi degli osservatori meteorologici e al completarsi delle esplorazioni planetarie, in particolare ai poli, si dota anche di una dimensione spaziale e temporale a grande scala. In sintesi, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, nasce la moderna concezione della climatologia.
Callendar parte, nel suo lavoro, riconoscendo che “Pochi tra coloro che hanno familiarità con gli scambi di calore naturali dell’atmosfera, che determinano i climi e il tempo, sarebbero preparati ad ammettere che le attività dell’uomo possano avere influenza su fenomeni a così vasta scala.”: è una frase che, oltre ottant’anni dopo, possiamo definire sorprendentemente anticipatrice dei tempi. Callendar prosegue affermando che l’opinione comune è che sì, sono note le capacità di assorbimento del biossido di carbonio per certe lunghezze d’onda, ma che, a fronte delle analoghe capacità del vapore acqueo, “è stato concluso che” gli effetti del biossido di carbonio sono probabilmente trascurabili. L’autore però nota che, ad esempio, Svante Arrhenius è ben lungi dal considerare trascurabile l’effetto riscaldante del CO2; Arrhenius infatti aveva già riconosciuto il ruolo preponderante del vapor d’acqua, ma aveva rivolto la sua attenzione al biossido di carbonio come gas capace di indurre un ulteriore feedback positivo in atmosfera; in sostanza, un’atmosfera più calda può ospitare più vapor d’acqua, e il biossido di carbonio può rafforzare questo effetto. L’analisi di Arrhenius si era spinta al calcolo del possibile incremento di temperatura in un’atmosfera in cui la concentrazione di biossido di carbonio era doppia di quella del suo tempo: fino a +5 o 6°C, come media globale, una stima estremamente significativa ed accurata ma che il fisico svedese pone in un contesto di tempi geologici, o quantomeno geomorfologici, fornendo prove di climi più caldi e più freddi nel passato. In un’opera divulgativa del 1908 “World in the making”, Arrhenius stesso riconosceva poi la possibilità che, con l’avanzamento dell’industria, la ‘piccola percentuale di acido carbonico in atmosfera possa cambiare notevolmente nel corso di pochi secoli.” [6].
Arrhenius, così come Callendar, è influenzato da una visione geologica del cambiamento climatico che è al contempo una grande novità della seconda metà dell’Ottocento e un’interessante anticipazione di quella che sarebbe diventata la moderna visione della climatologia dinamica: le indagini geologiche e geomorfologiche diffusesi a livello globale nell’Ottocento avevano portato alla scoperta delle ere glaciali e all’ingresso nella climatologia, fino ad allora scienza statica e descrittiva, della dimensione temporale in particolare nel passato. Il clima è cambiato, nel passato geologico e in tempi geologici, ma ancora non è chiaro se e come possa cambiare nel futuro: Arrhenius vede, a sua volta, un possibile cambiamento nel futuro in diversi secoli – un lasso di tempo brevissimo se paragonato a quelli geologici.
Callendar introduce una significativa novità: da una parte volge la sua attenzione a serie meteorologiche di temperatura (ne utilizzerà circa 200) che coprono in maniera adeguata quantomeno le medie latitudine e, dall’altra, tratta i dati emissivi del CO2 a livello globale, chiedendosi se le emissioni da uso di combustibili fossili (Callendar lo definirà artificial carbon dioxide) si riverberano in un incremento di temperature registrate dalle stazioni meteorologiche a sua disposizione. Qui vi sono due delle grandi novità del lavoro di Callendar, l’utilizzo di serie meteorologiche di anomalie di temperatura (rispetto al trentennio di riferimento 1901-30) per considerazioni climatologiche in termini di eventuali tendenze e della loro attribuzione, con un’ipotesi riguardante il biossido di carbonio. Callendar utilizza un valore tra i 4 e i 4.5 Gt di CO2 artificiale all’anno (oggi sono emesse circa 37 Gt CO2/anno), riconoscendo che nei vent’anni precedenti al suo articolo la produzione annua non è cambiata molto: aggiunge però, in modo assolutamente accurato, che “si può supporre che la produzione artificiale di questo gas incrementerà considerevolmente ‘nei prossimi secoli’”. Serie meteorologiche di temperatura e valori di produzione di CO2 artificiale alla mano, Callendar fa, per la prima volta nella storia della scienza, quello che ogni climatologo di oggi continua a fare: ricerca possibili segnali di una relazione di causa (la CO2 artificiale) ed effetto (l’incremento di temperatura), e si chiede se e come questo segnale dal passato al presente si riverbererà nel futuro.
Callendar vede, infatti, nelle sue 200 serie meteorologiche una tendenza all’incremento di circa 0.005°C all’anno, a fronte di un tasso calcolato, per il coefficiente di assorbimento radiativo del biossido di carbonio, di +0.003°C: il CO2 antropogenico ha, quindi, un effetto maggiore di quello inizialmente calcolato e probabilmente un coefficiente di assorbimento maggiore del previsto, con un ruolo particolarmente importante per l’infrarosso.
Callendar prova quindi a proiettare nel futuro i suoi calcoli, tenendo conto dell’effetto tampone della superficie oceanica e della capacità degli oceani di diluire CO2 quantomeno nei primi 200m di acqua; ipotizza, inoltre, un’immissione netta di CO2 artificiale di circa 4.3 Gt per anno. E qui arriva un altro dei suoi notevoli risultati: calcolare, per la prima volta, l’effetto dell’incremento di CO2 in scale temporali di decenni, e non più in tempi geologici, una visione davvero moderna nell’attuale dibattito climatologico. Per Callendar, a seconda del tempo in cui si raggiungerà l’equilibrio con la superficie degli oceani, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera sarebbe arrivata a circa 335 ppm nel 2000, a circa 400 nel 2100, a circa 460 nel 2200. Il suo futuro molto era quindi diverso dal nostro presente: oltre i 410 ppm, nel 2020. Nel suo 2000 a circa 335 ppm di CO2, l’incremento di temperatura media sul pianeta è di circa +0,4 °C ‘rispetto a quella media del XIX secolo’. Sappiamo che il valore attuale è quasi esattamente il doppio di quanto calcolò Callendar.
L’importanza di Callendar è qui: a fronte dell’impossibilità, per lui, di stimare esattamente l’incremento della produzione di CO2 artificiale dei secoli a venire, e a fronte di qualche imprecisione nel maneggiare il coefficiente di assorbimento del CO2 e nel calcolare il bilancio radiativo, nel 1938 guardava a un futuro prossimo più caldo per via dell’effetto del biossido di carbonio emesso dall’uomo. Come Arrhenius, vedeva nel riscaldamento globale un effetto benigno, ma potente: “è probabile che si dimostrerà benefico per l’umanità in molti modi, oltre la produzione di calore ed elettricità”. “In ogni caso, [grazie all’incremento delle temperature], il ritorno dei mortali ghiacciai dovrebbe essere ritardato indefinitamente”.
Guardando ai dati di oggi, nel futuro del loro passato siamo riusciti a sorprendere Arrhenius per la velocità, e Callendar per l’entità. Purtroppo, nel farlo, ci siamo anche accorti che gli effetti sono meno benigni del previsto.
Bibliografia
[1] Callendar GS. 1938. The artificial production of carbon dioxide and its influence on temperature. Q. J. R. Meteorol. Soc. 64: 223–240, DOI: 10.1002/qj.49706427503.
[2] Foote, Eunice, 1856. Circumstances affecting the heat of the Sun’s rays: Art. XXXI, The American Journal of Science and Arts, 2nd Series, v. XXII/no. LXVI, November 1856, p. 382- 383.
[3] Tyndall, John, 1859. Note on the transmission of heat through gaseous bodies: Proceedings Royal Society of London, v. 10, p. 37-39.
[4] Arrhenius S. 1896. On the influence of carbonic acid in the air upon the temperature of the ground. The London, Edinburgh, and Dublin Philosophical Magazine and Journal of Science 41: 237–276.
[5] Bjerknes, V., 1904: Das Problem der Wettervorhersage, betrachtet vom Standpunkte der Mechanik und der Physik. Met. Zeit., 21, 1-7.
[6] Arrhenius, S., 1908. Das Werden der Welten (Mondi in evoluzione). Academic Publishing House, Lipsia, 208 pag.
Si noti che in questa opera divulgativa, che riassume il “Manuale di Fisica Cosmica” pubblicato nel 1903), Arrhenius afferma: “Benché il mare, assorbendo l’acido carbonico, agisca come regolatore di grande capacità, incorporando fino a 5/6 dell’acido carbonico prodotto, dobbiamo riconoscere che la piccola percentuale di acido carbonico in atmosfera potrebbe, con l’avanzamento dell’industria, cambiare notevolmente nel corso di pochi secoli. Questo implicherebbe che non vi sia stabilità vera del CO2 in atmosfera, che è probabilmente soggetto a considerevoli fluttuazioni nel corso del tempo.”
Testo di Gianluca Lentini, con contributi di Gabriele Messori e Stefano Caserini
6 responses so far
Il link vicino alla foto di Callendar non funziona. sarebbe meglio sostituirlo col seguente https://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/
In generale sarebbe meglio se tutti i link puntassero a nuova scheda del browser
grazie
vittorio
fatto, grazie.
Grazie per questo articolo sul lavoro di Callendar.
Ammetto che ignoravo questo interessantissimo contributo all’evoluzione della scienza del Clima.
Piero Lionello
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