Perché così tardi? Perché così lenti?
È indubbio che abbiamo accumulato un grave ritardo nell’affrontare la crisi climatica. Gli obiettivi oggi messi in campo, le riduzioni drastiche previste per i prossimi tre decenni, derivano da questo ritardo, dall’incremento delle emissioni globali di gas climalteranti avvenuto negli scorsi decenni.
Non si è però discusso abbastanza sui motivi profondi di questo ritardo. Su questo blog abbiamo cercato di contrastare la disinformazione sul tema del cambiamento climatico, abbiamo discusso del ruolo dei mercanti di dubbi.
Ma è sicuramente necessario approfondire le dinamiche psico-sociali che sono alla base dei comportamenti quotidiani delle persone, delle aziende, dei decisori politici. Sono infatti gli individui e le comunità, con i loro stili di vita e le loro scelte di consumo, i destinatari finali delle produzioni che determinano emissioni climalteranti, nonché i soggetti attivi delle possibili azioni di mitigazione e adattamento. E sono altresì i soggetti che devono decidere con il loro voto e altre forme di azione politica il supporto ai decisori che a livelli più alti influiscono sull’implementazione delle azioni di contrasto alla crisi climatica
Di questo si occuperà il workshop “PERCHÉ COSÌ TARDI? PERCHÉ COSÌ LENTI? Aspetti psico-sociali nel ritardo alla lotta ai cambiamenti climatici. Dai comportamenti quotidiani alle azioni collettive”, organizzato dal Gruppo di lavoro “Cambiamenti climatici” della rete delle Università per lo sviluppo sostenibile, che si svolgerà online il giorno 17 giugno 2021 (accedere a questa pagina per iscriversi partecipare – l’evento è gratuito).
Il workshop intende fornire un contributo per focalizzare gli ostacoli di ordine psicologico, sociale, o antropologico che ritardano le azioni contro la crisi climatica, sia come sistematizzazione teorico-critica che come resoconto dello stato delle ricerche a livello nazionale e internazionale, con riferimento anche alle possibili applicazioni nell’ambito delle comunità universitarie.
Anche in molte università italiane da alcuni anni si è sviluppata la riflessione sui contributi che possono venire dalle scienze sociali, e in particolare dalla psicologia (Swim et al. 2009; Stern 2011; Fielding et al. 2014), per contrastare la crisi climatica. La conoscenza dei processi psico-sociali può aiutare a comprendere innanzitutto lo scarto tra la gravità del problema e la scarsa consapevolezza al livello dell’opinione pubblica e delle decisioni politiche. Sono state descritte in proposito alcune importanti “barriere” di tipo psico-sociale che possono ostacolare tanto la consapevolezza quanto l’azione concreta delle persone (Gifford 2011) traducendosi in un ampio spettro di atteggiamenti e comportamenti dannosi, dall’inazione allo scetticismo fino all’esplicito negazionismo. Capire perché molte azioni per contrastare la crisi climatica si rivelano molto lente o poco efficaci, è utile per trovare nuove strategie e accelerare l’inevitabile auspicata transizione verso un sistema energetico e produttivo in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Approfondimenti specifici sono possibili rispetto ai diversi ambiti in cui si intrecciano le problematiche tecnico-scientifiche con i comportamenti quotidiani delle persone: l’uso dell’energia e le modalità di transizione ad un nuovo modello di produzione e consumo (Steg et al. 2015; Tiefenbeck et al., 2013; Hagmann et al., 2019); gli stili di alimentazione, con speciale riferimento al consumo di carne e prodotti animali (de Boer et al. 2013); l’evoluzione dei trasporti, in un’ottica di transizione socio-tecnica (Whitmarsh 2012); la gestione della vita domestica, con riferimento all’uso dell’energia, ma anche dell’acqua, del cibo, dei rifiuti, della pulizia (Stankuniene et al. 2020); la consuetudine alla frequentazione di aree, luoghi e ambienti naturali e l’interesse e rispetto verso la biodiversità (Chawla and Derr 2012). In tutti questi ambiti può essere molto utile, per comprendere ciò che accade e orientare opportunamente gli interventi, conoscere i processi psicologici implicati nel nostro rapporto con il cambiamento climatico, a livello cognitivo, emozionale, motivazionale (Norgaard 2009), ma anche di identità sociale, di cultura e valori (Stoknes 2015), e perfino a livello neurologico (Marshall 2014), il tutto in una cornice di miglioramento della comunicazione e del public engagement.
Qui di seguito il programma.
PERCHÉ COSÌ TARDI? PERCHÉ COSÌ LENTI? Aspetti psico-sociali nel ritardo alla lotta ai cambiamenti climatici. Dai comportamenti quotidiani alle azioni collettive
9,30 Saluti e introduzioni (B.M.Mazzara, M.Bonaiuto, S. Caserini)
10,00-11,20 – Dimensioni individuali
- Rizzoli, M.Sarrica, B.M.Mazzara: Il ruolo della distanza psicologica come barriera per il comportamento. Crisi ambientale e sanitaria a confronto
S.Migliorisi, G.Leone, B.M.Mazzara: Cambiamenti climatici, emozioni morali e orientamento all’azione. Direzioni di ricerca.
- Corvino: Cambiamento climatico e procrastinazione.
- Putzer: La paralisi del piacere. La perdita della capacità di godersi la Natura
11,20-12,40 – Dimensioni culturali
- Pirni: Indifferenza diacronica e motivazione etica. Ripensare il dovere di giustizia verso le generazioni future
- Rinallo, M.Scopelliti, D. Barni: Trasmissione intergenerazionale dei valori ambientali e comportamenti pro-ambientali degli adolescenti: meccanismi psicologici
- van Aken: Cambiamenti climatici come cambiamenti culturali: ostacoli, dinieghi e desideri di relazioni ambientali
- Sannella, M. Nocenzi: Un’analisi intersezionale del cambiamento sociale
12,40-13,00 Discussione
13,00-14,00 Pausa
14,00-15,20 Dimensioni comunicative
B.G.S. Casara et al.: Cambiamento Climatico, Cambiamento Retorico, Cambiamento Sociale. Un approccio di network per lo studio della comunicazione online relativa al Climate Change
- Tzankova, E. Cicognani: L’attivista ambientale: dalle rappresentazioni sociali alla formazione dell’identità attivista tra i giovani
- Bertolotti, I. Miligi, P. Catellani: ‘Ma quanto ci costa?’ Effetti di framing e moral licensing nella comunicazione sulle politiche ambientali
- Bachiorri, A. Puglisi: Cambiare le menti, non il clima. Il ruolo dell’educazione per la sostenibilità
15,20-16,40 – Il ruolo della tecnologia
- Padovan, O. Arrobbio: Imperial mode of living, determinismo tecnologico e pratiche sociali
- Dessi, S.Ariccio, T.Albers, S. Alves, N. Ludovico, M.Bonaiuto: L’accettabilità della tecnologia sostenibile
- Pozzi: Barriere psicologiche e vincoli sociali all’industrializzazione in edilizia
- Dall’Ò, J. von Hardenberg, P.Claps: L’approccio culturale e scientifico ai cambiamenti climatici
16,40-17,00 Discussione
17,00-17,40 Relazione conclusiva: “The dragons of inaction engender the theory of behavioral choice”, Prof. Robert Gifford, University of Victoria, Canada
17,40-18,00 Discussione generale
4 responses so far
Interessante, complesso a tratti ma comunque le relazioni erano esposte in maniera chiarissima, con dati e grafici condivisi a video.
Peccato non ci fosse la possibilità di approfondire alcuni temi e peccato per alcuni interventi parzialmente disturbati da problemi di linea.
Peccato anche, nel novero delle scienze umane, non vi fosse la presenza di un “giurista ambientale” ma l’impronta socio-psicologica prevalente in effetti avrebbe parzialmente spostato l’argomento su di un tema mediamente ‘off-topic’.
Bravissimi i giovani ricercatori presenti..fanno ben sperare. Il tema ambientale non appare più di nicchia..crea lavoro, suscita interesse, appassiona..forse non è tutto perduto.
Con rammarico ho constatato che l’osservazione del Prof. Caserini, a metà pomeriggio, sia stata accolta come il goal vincente al 95° minuto..un vero e proprio contropiede ‘logico’ che non ha trovato sostanzialmente risposta.
In soldoni, siamo gravemente in ritardo, e la retorica sull’educazione e l’istruzione (anche a livello universitario) delle giovani leve non combacia con la tempistica tragicamente inesistente in cui dovremmo operare.
Io non credo che la questione del cambiamento climatico verrà mai affrontata sul serio.
Quando è scoppiata la crisi del Covid, uno dei più noti economisti mainstream, Olivier Blanchard, parlò della necessità di uno stimolo dell’economia a due cifre.
Non si farà, almeno in Europa.
Il Corriere della Sera è già in ambasce per la politica dai possibili effetti inflazionistici di Biden.
Si farà solo ciò che arricchirà la Germania. Se i tedeschi saranno in vantaggio sull’auto elettrica, si farà l’auto elettrica.
Ma se si tratterà di decidere se far venire le pere e le mele dal Cile, un vero scempio energetico, si deciderà per il sì, perché questo ci darà il destro di esportare in cambio le nostre merci.
Più PIL, più consumi, più commercio, cioè pù spostamenti di merci e di persone.
Questa è l’economia. Per tutti i partiti.
Chi non è d’accordo viene deriso.
@ Armando Se i tedeschi saranno in vantaggio sull’auto elettrica, si farà l’auto elettrica.
L’auto elettrica si sta già facendo, dalla Cina alla California…. https://www.iea.org/reports/global-ev-outlook-2021/trends-and-developments-in-electric-vehicle-markets
Ho visto che nel 2019 erano il 2,5 del circolante.
Non male. Il punto però è se le persone se le potranno permettere.
La vicenda dei gilet jaunes avrebbe dovuto insegnare qualcosa.