Sì, c’è un legame fra riscaldamento globale ed eventi estremi
Secondo la comunità scientifica, già si vedono i segni dell’intensificazione delle precipitazioni in molte parti del mondo, e su scala globale le piogge forti diventeranno più frequenti e più intense che nel recente passato.
La grande siccità dei primi mesi del 2023 e la successiva alluvione in Romagna ha portato alla ribalta dei media nazionali il legame fra il surriscaldamento globale e l’aumento della frequenza degli eventi estremi. Diverse trasmissioni televisive hanno, purtroppo, nuovamente dato ampi spazi all’antiscienza, in dibattiti popolati dai soliti opinionisti negazionisti spacciati per esperti (Franco Prodi e Alberto Prestininzi in prima fila). Ci siamo ormai stancati di commentare queste mortificanti parodie di giornalismo televisivo, o il diluvio di stupidaggini pubblicate su Il Foglio, Il Giornale, Libero e la Verità.
Riteniamo più utile ricordare come la scienza del clima abbia studiato in modo approfondito il legame fra l’aumento delle temperature e l’aumento dell’intensità e durata di ondate di calore, siccità o precipitazioni intense, arrivando a conclusione chiare.
Un legame studiato da anni
Prima di tutto va detto che gli scienziati studiano questo legame da diversi decenni. Nel marzo del 2012 l’IPCC ha pubblicato il Rapporto Speciale proprio sul tema degli eventi estremi (Managing the risks of extreme events and disasters to advance climate change adaptation), una sintesi di più di 500 pagine della conoscenza scientifica di allora, con centinaia di riferimenti bibliografici a lavori pubblicati nel decennio precedente. In questo rapporto già si sottolineava che la variabilità climatica naturale e i cambiamenti climatici di origine antropoegenica possono influenzare la frequenza, l’intensità, l’estensione spaziale e la durata di alcuni eventi meteo-climatici estremi. Il Quinto Rapporto di Valutazione sul clima (Assessment Report 5, AR5) del 2013-2014 e il Sesto Rapporto IPCC (AR6) sul clima hanno ulteriormente approfondito la conoscenza su questo tema. Nel Rapporto del primo gruppo di lavoro dell’AR6 è disponibile un intero capitolo, l’undicesimo, intitolato “Weather and Climate Extreme Events in a Changing Climate”: 254 pagine, 29 figure, quasi duemila riferimenti bibliografici.
Non sorprende che da questo imponente lavoro scientifico emerga un’evidenza chiara, di cui abbiamo già parlato in precedenti post su Climalteranti: la categoria “eventi estremi” contiene 18 post, fra cui ad esempio questi cinque:
La gestione dei rischi in un clima mutato -parte I (Carlo Cacciamani, febbraio 2013)
La gestione dei rischi in un clima mutato parte II – cosa si può fare (Carlo Cacciamani, marzo 2013)
La gestione dei rischi in un clima mutato parte III – le criticità (Carlo Cacciamani, marzo 2013)
Alta confidenza
Nel “Executive Summary” del capitolo 11 dell’AR6 l’IPCC-WG1 attribuisce una alta confidenza, se non la virtuale certezza, che con il riscaldamento globale aumenterà la frequenza e l’intensità delle precipitazioni più forti e più rare:
“Le forti precipitazioni diventeranno generalmente più frequenti e più intense con un ulteriore riscaldamento globale. Con un riscaldamento globale di 4°C rispetto al periodo preindustriale, eventi di forti precipitazioni molto rari (ad esempio, con una frequenza di un evento ogni 10 o più anni) diventerebbero più frequenti e più intensi che nel recente passato, su scala globale (virtualmente certo) e in tutti i continenti e nelle regioni considerate dall’AR6.
L’aumento della frequenza e dell’intensità è estremamente probabile per la maggior parte dei continenti e molto probabile per la maggior parte delle regioni considerate dall’AR6. Su scala globale, l’intensificazione delle forti precipitazioni seguirà il tasso di aumento della quantità massima di umidità che l’atmosfera può trattenere quando si riscalda (confidenza alta), di circa il 7% per 1°C di riscaldamento globale. L’aumento della frequenza di eventi di forti precipitazioni sarà non lineare con un maggiore riscaldamento e sarà più elevato per eventi più rari (confidenza alta), con un probabile raddoppio e triplicazione della frequenza degli eventi con tempo di ritorno di 10 e 50 anni, rispettivamente, rispetto al recente passato, in uno scenario con 4°C di riscaldamento globale.
Gli aumenti dell’intensità delle precipitazioni estreme su scala regionale varieranno, a seconda dell’entità del riscaldamento regionale, dei cambiamenti nella circolazione atmosferica e delle dinamiche delle configurazioni meteorologiche che portano a forti precipitazioni (confidenza alta).
L’aumento previsto dell’intensità delle precipitazioni estreme si traduce in un aumento della frequenza e dell’entità delle inondazioni improvvise legate alle precipitazioni e alla tracimazione di acque superficiali (confidenza alta), poiché queste inondazioni derivano da un’intensità delle precipitazioni superiore alla capacità di sistemi di drenaggio naturali e artificiali.” (Pagina 1518, Capitolo 11)
I cambiamenti climatici diventano più gravi a ogni incremento del riscaldamento globale. Come temperature estreme, siccità, eventi di precipitazione intensa, copertura nevosa e cicloni tropicali cambiano a diversi livelli del riscaldamento globale rispetto alla fine del XIX secolo (1850-1900). Questa è l’attuale media del periodo 2011-2020. Ad esempio, oggi il giorno più caldo in un decennio è già +1.2°C più caldo rispetto al giorno più caldo in un decennio prima della rivoluzione industriale. Con 1.5°C di riscaldamento globale, sarebbe circa +1.9°C più caldo, con 2°C di riscaldamento globale sarebbe circa +2.6°C più caldo, e con 4°C di riscaldamento globale sarebbe circa +5.1°C più caldo. (Grafico adattato da IPCC AR6 Working Group I Technical Summary – Infografica TS.1)
Una tendenza che già esiste
Riguardo a quello che si è già verificato in conseguenza alla parte di riscaldamento globale che si è già verificata, l’IPCC mostra come una tendenza già esiste a livello globale, ma non sia ancora un segnale chiaro e uniforme in tutte le zone del pianeta:
“La frequenza e l’intensità degli eventi di forti precipitazioni sono probabilmente aumentate su scala globale nella maggior parte delle regioni terrestri con una buona copertura osservativa. Le forti precipitazioni sono probabilmente aumentate su scala continentale in tre continenti: Nord America, Europa e Asia. Aumenti regionali della frequenza e/o dell’intensità delle forti precipitazioni sono stati osservati con una confidenza almeno media per quasi la metà delle regioni AR6.
L’influenza umana, in particolare le emissioni di gas serra, è probabilmente il principale motore dell’intensificazione osservata su scala globale delle forti precipitazioni sulle regioni terrestri. È probabile che il cambiamento climatico indotto dall’uomo abbia contribuito all’intensificazione osservata delle forti precipitazioni su scala continentale in Nord America, Europa e Asia. In alcune regioni sono emerse prove di un’influenza umana sulle forti precipitazioni (confidenza alta)”. (pagina 1518, Capitolo 11AR6-WG1)
In Italia
Per quanto riguarda l’Italia, possiamo ricordare che già nella sintesi della conoscenza scientifica sui cambiamenti climatici presente nella Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (SNAC), approvata con decreto direttoriale n. 86 del 16 giugno 2015 dall’allora Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, si era evidenziato che “… le precipitazioni mostrano una variazione dei regimi, con un aumento degli eventi intensi, a dispetto della generale diminuzione dei valori medi stagionali.” (pagina 23, Capitolo 3.2).
Maggiori informazioni si trovano nel Rapporto sullo stato delle conoscenze scientifiche su impatti, vulnerabilità ed adattamento ai cambiamenti climatici in Italia preparato per la stesura della SNAC dove nella sezione ‘Frequenza e intensità delle precipitazioni’:
“Per comprendere se la diminuzione degli eventi di bassa intensità e l’aumento degli eventi più intensi sia il segnale di una tendenza delle precipitazioni italiane verso una più alta frequenza di eventi estremi, è stato analizzato anche l’andamento del numero di eventi che ricade in ciascuna categoria. I risultati indicano con chiarezza un trend negativo del numero di eventi di bassa intensità. È inoltre evidente un trend positivo nel numero di eventi intensi in alcune regioni del Nord, mentre al Centro e al Sud il numero di eventi piovosi mostra un trend negativo in tutte le categorie, anche se non sempre statisticamente significativo.
In sintesi, nel periodo 1880-2002 l’andamento delle precipitazioni in Italia risulta caratterizzato da una diminuzione significativa del numero di eventi di bassa intensità e solo alcune regioni del Nord mostrano un aumento della frequenza degli eventi di forte intensità. “ (pagina 37)
Per quanto riguarda l’Italia, possiamo ricordare quanto scritto nell’analisi effettuata negli elaborati della proposta di Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici –Allegato III impatti e vulnerabilità settoriali, gli eventi estremi di precipitazione sembrano essere aumentati in tutta Italia:
“Un’analisi di quaranta lunghe serie di pioggia giornaliera in Italia è stata condotta da Brunetti (2004) e Brunetti et al. (2000) su stazioni distribuite su tutto il territorio italiano. I risultati di tali analisi hanno messo in luce che vi è già un trend in atto con una diminuzione delle precipitazioni totali al sud mentre non sono emerse significative variazioni al nord. Gli eventi estremi di precipitazione sembrano essere aumentati in tutta Italia, in accordo quindi all’analisi estesa a tutto l’emisfero nord. Questo comportamento è più evidente nell’area settentrionale della penisola; mentre, per l’Italia meridionale, dove la diminuzione del numero di giorni piovosi è più sensibile, non si notano significative variazioni negli eventi più intensi”
Lunghe siccità… e poi intense precipitazioni
Riguardo il repentino passaggio da lunghe siccità a opposte intense precipitazioni, l’aumento nella variabilità degli eventi di precipitazione a livello globale è il focus di uno studio appena pubblicato, condotto da Xuezhi Tan e altri, pubblicato su Nature Communications. Questi eventi, chiamati “precipitation whiplash” colpo di frusta delle precipitazioni, si riferiscono ai repentini passaggi tra estremi di pioggia e siccità e possono causare gravi impatti sui sistemi naturali e umani. Lo studio mostra che entro la fine del XXI secolo, in uno scenario con elevatissime emissioni (RCP8,5) la frequenza di questi eventi potrebbe aumentare di 2,56 ± 0,16 volte rispetto al periodo 1979-2019, con transizioni sempre più rapide e intense tra i due estremi. Le regioni polari e monsoniche sono quelle che sperimentano gli aumenti più significativi. Le emissioni antropogeniche di gas serra sono identificate come il principale fattore che contribuisce a questi cambiamenti, mentre le emissioni di aerosol hanno un effetto opposto. Entro il 2079, l’emissione incontrollata di gas serra antropogenici potrebbe aumentare il rischio dell’aumento della variabilità nelle precipitazioni del 55 ± 4%, principalmente a causa dei cambiamenti nei modelli di circolazione atmosferica che favoriscono gli estremi di precipitazione. Questo studio fornisce ulteriori prove sugli impatti del cambiamento climatico sulle precipitazioni globali e sottolinea l’importanza di mitigare le emissioni di gas serra per ridurre gli effetti negativi sulle precipitazioni.
La ricerca dell’audience non aiuta
Naturalmente, è più difficile leggere, commentare e discutere i testi sopra riportati, con tutti i rimandi bibliografici e le descrizioni statistiche, che lasciarsi andare, sui giornali e in tv, a frasi a caso su “cicli”’, su “l’ambientalismo estremista che sa dire solo dei no”, su ”gli scienziati non sanno cosa dicono”, su ”il clima è sempre cambiato”. Come Climalteranti confidiamo che, soprattutto in occasione di eventi tragici come quelli che hanno interessato la Romagna, si presti sempre più attenzione alla scienza del clima e all’inevitabile complessità della comunicazione del legame fra surriscaldamento globale e eventi estremi, sfidando gli ascoltatori a capire e a comprendere. E che si abbandoni la ricerca dell’audience basata su urlatori che forniscono risposte semplici (e sbagliate) a problemi che nemmeno sono in grado di capire.
Testo di Stefano Caserini, Luca Lombroso, Gianluca Lentini e Giacomo Grassi.
17 responses so far
Guardate l’ultimo numero di Scinetific American
https://www.youtube.com/watch?v=43EzQ5Law8k
E’ molto lungo ma basta guardare dal minuto 13,15 al 18,32
Poi metterlo in relazione, ovviamente casuale, con questa traccia di volo del 14/5 scorso, su flightradar
https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/FMfcgzGsmhVXzGbNHDxRFzCLsVBwXRQd?projector=1&messagePartId=0.1
E’ chiaro che c’è correlazione tra riscaldamento globale ed eventi estremi. Vengono dalla stessa fonte!
Grazie, articolo come sempre pieno di spunti ed informazioni decisamente interessanti.
Continuo però ad essere molto perplesso dell’uso del termine “negazionista” che troppe volte incontro negli articoli pubblicati in questo ed altri siti, blog del settore che seguo.
Riprendo dal sito della Treccani:
negazionismo Termine con cui viene indicata una corrente antistorica e antiscientifica del revisionismo la quale, attraverso l’uso spregiudicato e ideologizzato di uno scetticismo storiografico portato all’estremo, non si limita a reinterpretare determinati fenomeni della storia contemporanea ma, spec. con riferimento ad alcuni avvenimenti connessi al fascismo e al nazismo (per es., l’istituzione dei campi di sterminio nella Germania nazista), si spinge fino a negarne l’esistenza.
Paragonare chi non è d’accordo con la teoria che il GW sia una conseguenza delle emissioni gas ad effetto serra delle attività umane con chi nega il nazismo non aiuta certo ad un confronto costruttivo e ad un dibattito leale che invece dovrebbe essere alla base di qualsiasi processo scientifico.
Non credete anche voi che in questo modo non si fa che aumentare il divario fra due diverse fazioni (anche se io credo che la causa antropica sia la più probabile anche se il mio modesto parere conta quel conta)?
In fondo anche tra i cosiddetti “negazionisti” ci sono dei validissimi e stimatissimi studiosi che nonostante tutto potrebbero dare un proficuo contributo al dibattito.
Non mi si fraintenda, ho voluto fare una considerazione di metodo piuttosto che di merito.
Un saluto a tutti.
Danilo.
@Danilo
Beh Treccani scrive anche:
“In senso figurato e attraverso un processo di ampliamento semantico, a partire dalla prima decade del XXI secolo il termine ha conosciuto un vasto impiego nel linguaggio giornalistico e in quello comune per definire i costrutti ideativi volti a confutare fatti scientificamente o empiricamente accertati, contraffacendo la realtà ed elaborando teorie alternative, in aperta opposizione con le evidenze e legittimate solo dal fatto di essere sostenute da una minoranza, ciò che conferirebbe loro – come sostenuto dal sociologo a K. Kahn-Harris nell’imprescindibile volume Denial. The unspeakable truth (2018) – carattere di oggettività rispetto alla narrazione ufficiale, inficiata da interessi economici o politici. Alimentati da fake news e diffondendosi con velocità estrema grazie ai social network, negazionismi di tipologie e consenso diversi (n. climatico, n. dell’AIDS, dell’11 settembre, della pandemia di Covid-19, dei crimini di guerra russi in Ucraina), sfociati talora in complottismi di estrema destra come nel caso delle teorie cospirazioniste elaborate negli USA dai seguaci di QAnon, tali costrutti – nell’impossibilità di organizzarsi in forme coerenti e di essere permeabili alle obiezioni e alla confutazione – hanno recentemente evidenziato la tendenza ad evolvere nel post-negazionismo, caratterizzato secondo Kahn-Harris dall’assunzione di atteggiamenti violenti, spregiativi e razzisti.”
Saluti
Roberto
@Roberto
questo secondo me conferma che nel tempo, non solo oggi, si è fatto un uso improprio del termine.
Danilo,
non c’è dibattito scientifico sull’aumento termico e i conseguenti cambiamenti climatici del pianeta, perchè in realtà i meccanismi sono chiari e non c’è nulla di scientifico nelle teorie che sostengono il contrario.
Anche perchè, in soldoni, si ricade sempre sulle solite storielle (con storiografia tra l’altro ampiamente contraria..) di Annibale con la maglietta a maniche corte sulle Alpi, della Groenlandia verde e del clima che è sempre cambiato (e sempre cambierà), oltre che sul periodo caldo medievale (che c’è stato, ma ha interessato a ‘macchia di leopardo’ il pianeta, e con probabilissime zone più fredde del normale).
Insomma si riesuma sempre lo stesso zombie più volte e lo si erige a simbolo di un qualcosa che è artificialmente vivo.
Il dibattito scientifico non si alimenta dicendo il contrario di quello che sostiene la comunità scienfica ma apportando teorie valide e verificabili e pubblicando su riviste dopo procedure di peer-review.
Se l’industria dei divani è tenuta in piedi dalla psicanalisi (cit. W. Allen), il ‘negazionismo’ lo è da Annibale in t-shirt.
Quindi, lasciando perdere l’etichettatura del pensiero altrui, secondo voi le la geoingegneria climatica non esiste?
Stefano,
grazie per la risposta. Concordo con te sul fatto che su certi argomenti il dibattito sarebbe superfluo in quanto le certezze sono ormai… certe! (vedi appunto legame fra andamento CO2 e temperature).
Ma quello che mi chiedo, non è che etichettare in un tal modo personaggi di un certo spessore scientifico, perdiamo un contributo al dibattito che anche “dalla parte opposta” potrebbe arrivare? Non dico risposte alla “Mauri Folloni” (vedi sopra) che vanno sicuramente ignorate, perché secondo me solo provocatorie, ma quando di fronte abbiamo un interlocutore serio e preparato, il confronto può essere di sicuro costruttivo e supportare una informazione sul GW (e aspetti climatici in genere) che spesso di recente la avverto come molto emotiva e poco razionale.
Nessuna provocazione da parte mia, era solo una domanda: “domandare è lecito rispondere è cortesia”.
@Mauro Folloni,
il discorso su “weather modification” e’ senza ombra di dubbio affascinante ma non c’entra nulla con la statistica degli eventi estremi o il cambiamento climatico.
Io non me ne occupo ma so che l’organizzazione mondiale della meteorologia ha un gruppo che se ne occupa:
https://community.wmo.int/en/activity-areas/wwrp/wwrp-working-groups/wwrp-expert-team-weather-modification
Penso che i documenti che trovi a questo link ne diano un immagine equilibrata. Ad esempio al punto 1.2 del WMO statement on weather modification si legge “It should be realised that the energy involved in weather systems is so large that it is impossible to create cloud systems that rain, alter wind patterns to bring water vapour into a region, or completely eliminate severe weather phenomena. Weather Modification technologies that claim to achieve such large scale or dramatic effects do not have a sound scientific basis (e.g. hail canons, ionization methods) and should be treated with suspicion.”
A suo tempo mi era sembrato ben fatto anche il podcast della BBC https://www.bbc.co.uk/programmes/p0ddvpy2
Grazie, purtroppo io mi baso su una statistica mia personale, di osservazioni ormai da 15 anni. Voglio dire che l’interesse ad approfondire questo discorso mi è venuto in seguito, per capire. Non sono stato “indottrinato” a priori ma purtroppo ribadisco ho avuto solo conferme. Oltremodo la questione è piuttosto delicata e non so fino a che punto sia giusto parlarne in questa maniera.
È da tempo che seguo i vostri articoli, su questo sito e ultimamente mi sono sempre trattenuto. Questa volta, sull’onda emotiva del disastro della Romagna, non sono riuscito a trattenermi e ho postato la prima cosa che ho trovato, peraltro il secondo allegato penso non si veda ma forse non mancherà occasione di poterne parlare, magari di persona, saluti.
La sfiducia nella scienza sta prendendo una piega molto preoccupante:
https://edition.cnn.com/2023/05/27/world/meteorologists-conspiracy-harassment-abuse-climate-intl/index.html
L’altro giorno sono andato a sentire un incontro sul riscaldamento globale dove parlavano due giovani economisti.
Benché fossero entrambi molto preparati, a mio avviso hanno scelto un approccio non molto funzionale all’argomento.
La loro giovane età li ha traditi.
Hanno parlato di modelli, previsioni, Nordhaus e compagnia. Ma è tutta fuffa.
E’ noto che Nordhaus è un negazionista travestito da economista, ma la colpa non è sua ma di quelli che fingono di credergli.
Nessuno pensa davvero che si possa prevedere nel dettaglio eventi che accadranno tra diversi decenni. E’ assolutamente ridicolo e demenziale.
Si sa che i cambiamenti ci saranno. Si sa che saranno costosi, se non altro perché ci siamo adattati a un certo tipo di mondo e dovremo vivere in uno diverso, ma nessuno può nemmeno lontanamente immaginare la portata di questo cambiamento.
Solo un buffone può stimare i danni di un aumento di 3° della temperatura in soli 2 punti percentuali di Pil. (Per Nordhaus ogni attività economica svolta al chiuso non è influenzata dal cambiamenti climatico).
Il punto nevralgico della questione, secondo me, è un altro.
Entrambi gli economisti riconoscevano che gli obiettivi fissati dai vari accordi non verranno raggiunti. Siamo ancora molto indietro.
Ma non hanno detto il motivo. E il perché è semplice.
La transizione ha dei costi che non sono politicamente, e quindi praticamente, accettabili.
Sono andato a vedermi una discussione di quasi due anni fa qui su Climalteranti dedicata alla strategia dilatoria messa in atto da Ferruccio De Bortoli (Illusione e pregiudizio. Ferruccio de Bortoli e la retorica che porta al ritardo nell’agire contro il riscaldamento globale, è il titolo dell’articolo).
C’era chi citava Vincenzo Visco: “[…] solo lui (Draghi) può dare un po’ di ordine per iniziare almeno a preparare il terreno alla transizione ecologica che non è affatto una passeggiata. È una rivoluzione che costerà lacrime e sangue, non so se l’hanno capito mentre io riportavo le parole di un fisico, Guido Tonelli, che su Pianeta 20 21 del 13 ottobre 2021 ricordava che le conseguenze della transizione energetica sarebbero state molto pesanti: “segmenti di popolazione composti da milioni di persone che diverranno di colpo più povere o perderanno, nel giro di pochi anni, il loro posto di lavoro.”
L’autore dell’articolo, Stefano Fracasso, concludeva in modo molto più piano, anodino direi, dicendo che le “scelte energetiche incideranno profondamente sugli assetti economici e sociali futuri, nonché ambientali, e quindi una seria e serena discussione non è solo opportuna ma anche necessaria.”
Secondo me, le conclusioni dell’articolista sono sbagliate e prima si riuscirà a capirlo, prima si riuscirà a mettere in campo strategie più efficaci.
La transizione energetica è semplicemente impossibile da mettere in atto con le attuali regole economiche.
E’ come pretendere che un’automobile lanciata alla massima velocità possa spiccare il volo.
Non può accadere.
E questo spiega perché i vari De Bortoli sono così tranquilli, perché li diverta così tanto vestire i panni degli ambientalisti quando per tutta la vita si sono adoperati per distruggere tutto quello su cui potevano mettere le mani.
Viviamo in un sistema economico deflazionista, ad alta disoccupazione.
E destra e sinistra si battono perché resti così.
Questo sistema attualmente sta ancora in piedi per scommessa. Non può generare le risorse necessarie alla transizione. (A chi poi nessun decisore crede veramente).
https://rogerpielkejr.substack.com/p/global-weather-and-climate-disasters?r=2n1fv&utm_campaign=post&utm_medium=web
Siamo proprio sicuri che gli eventi estremi siano aumentati? E considerare scienziati come Prodi, Scafetta o esperti meteorologi come noti colonnelli dell’aeronautica (Guidi), o premi Nobel come incompetenti, mentre il considerare qualsiasi ricercatore scriva della catastrofe climatica imminente un vero esperto mi sembra una posizione ridicola
@ Andrea
Se riguardo ai Nobel si riferisce a me, ecco un intervento molto puntuale in cui viene illustrata la metodologia applicata da Nordhaus riguardo alla conseguenze del riscaldamento globale.
https://kriticaeconomica.com/leconomia-neoclassica-del-cambiamento-climatico-e-fuorviante-e-pericolosa-ecco-perche-nordhaus/
Ma lo segnalo per altri che volessero approfondire, non credo che a lei interessi.
Sull’impatto degli eventi atmosferici estremi, dati di ben altra natura si possono trovare qui:
https://www.ncei.noaa.gov/access/billions/
@Andrea
Prodi l’ho visto un paio di settimane fa, ospite in una trasmissione mattutina televisiva..
Ha parlato brevemente di bufala del riscaldamento globale e l’ha buttata in politica criticando l’IPCC. Se l’è presa poi col fisico in studio dandogli del ‘divulgatore’ (o simile).
Di dati, modelli, relazioni, correlazioni, studi, ricerche personali, non ne ha assolutamente parlato. Mi ha dato l’impressione di quei prof universitari che si sono laureati in ambito scientifico qualche decennio fa (ne ho avuti un paio..) ma che si sono fermati. Per carità, è una persona per bene, ma ha dato l’impressione di non rispondere ai fatti che gli venivano ‘contestati’. Insomma, dava l’impressione di essere un po’ fermo, come veniva rappresentato simpaticamente suo fratello Romano, dall’imitatore Guzzanti (‘sono fermo..come un semaforo..e aspetto..). Le valanghe di pubblicaizoni di enti di ricerca, università, istituti, si sono accumulati e le teorie del vapore acqueo, delle nubi, qualche riferimento astronomico a cui mi sembrava volesse accennare, sono morti e sepolti sotto quintalate di pubblicazioni.
Scafetta: c’è un interessante repertorio qui su Climalteranti. Tra errori, incomprensioni, grafici letti in maniera ‘sui generis’ e errori di calcolo, ce n’è per tutti. Anche qui, oltre a pubblicazioni assenti, all’interno del dibattito si rischia di ricadere spesso sulla retorica della Groenlandia Verde (sulle coste, per 2-3 mesi l’anno..come oggigiorno), di Annibale in ciabatte sulle Alpi, del medioevo caldo (nonostante una storiografia ampiamente contraria..oltre ad altri dati ‘tecnici’).
‘Noti collonnelli’: nella mia gioventù ne ho conosciuti tre, i quali hanno fatto la storia della divulgazione scientifica in ambito meteorologico, in un paese con la cultura scientifica tra le più basse al mondo. I loro nomi: Bernacca, Baroni, Caroselli.
Tutti e tre non si sarebbero mai sognati di ‘combattere’ la propria battaglia personale contro la comunità scientifica, sopratutto consci del fatto che il dibattito scientifico non lo si alimenta con lo scetticismo (espressione che sento spesso anche in ambito universitario), bensì apportando dati, confutazioni probanti, teorie solide, al dibattito.
Non basta dire ‘no’, bisogna avere solide basi per sostenerlo davanti alla comunità scientifica.
Guardi che il ‘metodo scientifico’ è ampiamente usato anche nelle scienze umane, pensi al diritto: se qualcuno dice che sono un ladro lo deve dimostrare in giudizio attraverso le prove. Si immagina lei la giungla in cui ci troveremmo se uno sguardo, un’impressione, un’intuizione finisse con un giudizio o peggio con una condanna?
Quando questo è successo non si sono evidentemente seguite le regole ‘scientifiche’ del dibattimento e della raccolta delle prove: e per chi è stato condannato è finito in dramma.