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Finanziamenti e meccanismi di supporto all’azione climatica: alcuni risultati della COP29

Moltiplicati per tre gli impegni finanziari dei paesi sviluppati per favorire l’azione sul clima, menzionati le migliaia di miliardi a cui si dovrà arrivare, approvate le basi dei meccanismi di mercato e di trasferimento internazionali dei crediti, lanciato il miglioramento della nuova piattaforma per i meccanismi non di mercato: avanzamenti utili ed importanti. In attesa del rilancio degli impegni nazionali previsto nel 2025.

 


La COP29 che si è svolta a Baku dall’11 al 24 novembre è stata una COP inconsueta, che ha dedicato molta energia ai temi finanziari, con un compromesso giudicato in modo molto differente dai vari protagonisti, e varie decisioni utili sia sui meccanismi di mercato che quelli non di mercato.

Rimandando ad altre analisi e cronache dei risultati della COP29, quale quelle   dell’Italian Climate Network, di Ferdinando Cotugno su Areale (Il Domani), del CMCC, di e3gdel Guardian, o le sintesi dettagliate dell’IISD (il sommario delle ultime due pagine in particolare) e di Carbon Brief, riportiamo in 6 sezioni le decisioni prese, con un capitolo finale di commento delle condizioni geo-politiche in cui si è trovata la COP29 (e dove rischiamo di trovarci l’anno prossimo).

 

  1. Finanza

Nel 2009 l’Accordo di Copenaghen aveva previsto un impegno dei Paesi sviluppati a finanziare mitigazione e adattamento dei Paesi in via di sviluppo per 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020. In tale anno (e in quello successivo), nonostante una dinamica crescente, tale impegno non è stato mantenuto, pur se ci sono stime diverse (si veda questo report dell’UNFCCC). Dopo la firma dell’Accordo di Parigi, e la necessità di obiettivi ambiziosi ben evidenziata dai rapporti IPCC, le necessità finanziarie sono ovviamente più alte. Analisi precedenti alla COP29 e riportate a riferimento nella Decisione sull’argomento finanza, parlano di 1300 miliardi all’anno. I Paesi sviluppati hanno assunto un impegno a triplicare il proprio impegno, portandolo a 300 miliardi all’anno), ma è evidente che si è aperto un divario molto problematico fra i finanziamenti che sarebbero necessari e quelli effettivamente messi a disposizione dagli Stati. Nel testo emerge anche un invito rivolto ai Paesi in via di sviluppo con economie avanzate, come la Cina, a contribuire a tale flusso finanziario, anche potenziando la cooperazione Sud-Sud.

Non sono mancati negli anni scorsi studi su come chiudere questo divario, come questo dell’ Independent High Level Expert Group (IHLEG) on Climate Finance, studi che sono quanto mai attuali. Così come diventa urgente capire quali dinamiche democratiche possano portare a maggioranze elettorali che sostengano la spesa pubblica nei Paesi sviluppati sia per le proprie azioni domestiche che per le azioni verso gli altri Paesi.

L’accordo su queste cifre è stato fortemente criticato da moltissimi governi e dalle ONG sia del Nord che del Sud globale, in quanto largamente insufficienti. Le ingenti somme necessarie derivano da un cocktail micidiale di tre elementi: scarsa mitigazione, difficoltà nell’attuazione dei piani di adattamento anche all’interno dei Paesi sviluppati, il moltiplicarsi di danni e perdite climatiche da risarcire. Insomma, i ritardi si pagano e il conto è diventato salato.

Durante le sessioni negoziali sul supporto finanziario, sono emerse diverse problematiche legate all’erogazione dei fondi del Global Environment Facility (GEF). Come evidenziato nei rapporti ufficiali (qui e qui), uno dei principali ostacoli è la difficoltà da parte dei Paesi beneficiari nel presentare richieste adeguate, spesso per mancanza di capacità tecnica o difficoltà burocratiche​. Inoltre, una volta approvati i finanziamenti, l’attuazione dei progetti subisce rallentamenti a causa dei tempi richiesti dalle agenzie di implementazione (come UNEP, UNDP e FAO) per completare le diverse fasi operative, con un conseguente rallentamento dell’effettivo trasferimento delle risorse e dell’avvio dei progetti nei Paesi destinatari, con una forte compromissione quindi dell’efficacia e tempestività degli interventi finanziati.

 

  1. Mitigazione

Il Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC ha indicato che occorrerebbe una riduzione del 43% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990. Al contrario, la somma degli impegni presi dai Paesi, in attuazione dell’articolo 4 dell’Accordo di Parigi, i cosiddetti Contributi determinati a livello nazionale (NDC), porta le emissioni 2030 ad essere superiori a quelle del 1990. Quindi vi è un gravissimo “emission gap”, noto da tempo (si veda ad esempio qui e qui) e divenuto ufficiale con la COP28, attraverso il percorso di “rivisitazione complessiva” (global stocktake), ai sensi dell’art. 14 (da ora in poi nel testo si omette che gli articoli sono quelli dell’Accordo di Parigi, divenuto legalmente vincolante con la sua entrata in vigore e, in Italia, con la legge di ratifica). Per colmare questo gap, sono state avviate consultazioni con governi, IPCC, esperti e portatori di interessi per indicare contenuti aggiuntivi ed innovativi ai Contributi determinati a livello nazionale, che devono essere prodotti entro febbraio 2025  (come si vede da questo portale dedicato, vari Paesi li hanno già rinnovati).

Di questo quadro, sintetizzato in 30 pagine di proposte settoriali, trans-settoriali e territoriali (ad esempio sul ruolo di mobilità collettiva ed elettrica, energia rinnovabili ed accumulo, azioni di città e reti di città) nel documento “Sharm el-Sheikh mitigation ambition and implementation work programme”, approvato nella  COP28, i lavori negoziali della COP29, si sono basati su una nota informale dei co-facilatatori (un distillato di 10 pagine) e hanno prodotto una conclusione di tre pagine, che non entra nello specifico. La sensazione è che la COP29 abbia fatto un passo indietro sul tema dell’obiettivo dell’abbandono dei combustibili fossili (“transitioning away from fossil fuels in energy systems”) ben definito alla COP28. Contro questa scelta si è pronunciata l’Unione Europea ma senza successo. Va sottolineato come la Presidenza della COP29, in collaborazione con il Segretariato UNFCCC, abbia messo al centro di questa COP le azioni di trasparenza (art. 13 dell’Accordo di Parigi), con il lancio della Piattaforma Globale sulla Trasparenza Climatica di Baku (BTP) per promuovere la trasparenza e il reporting sui progressi dei Paesi nell’affrontare il cambiamento climatico, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Con l’istituzione dell’Enhanced Transparency Framework (ETF), nell’ambito dell’Accordo di Parigi, tutte le Parti sono tenute a presentare i loro Biennial Transparency Report (BTR), entro il 31 dicembre 2024, per monitorare i progressi verso gli obiettivi climatici nazionali (disponibile nel portale UNFCCC).

  1. Mercato volontario e Strumenti di mercato e di trasferimento internazionale

Se le azioni individuali dei Paesi hanno avuto il quadro insufficiente delineato nel capitolo precedente, la COP29 ha visto finalmente la piena operazionalizzazione dell’art. 6 dell’Accordo di Parigi, che riconosce la possibilità per i Paesi di utilizzare il mercato del carbonio internazionale per l’attuazione degli NDC. Sono state finalmente approvate le basi metodologiche, per i meccanismi su base progettuale dell’art. 6.4, e procedurali. In questo capitolo vediamo brevemente l’attuazione della cooperazione volontaria  (art. 6.2) e del meccanismo volontario di tipo progettuale, supervisionato dall’Art.6.4 Supervisory Body (art. 6.4) e nel prossimo quelli non di mercato (art. 6.8).

Nello specifico, l’articolo 6.2 dell’Accordo di Parigi prevede approcci di cooperazione volontari per lo scambio di “risultati di mitigazione delle emissioni internazionalmente trasferibili” (Internationally Transferred Mitigation Outcomes – ITMO), volti al raggiungimento degli NDC, che promuovano lo sviluppo sostenibile e assicurino l’integrità ambientale e la trasparenza, applicando un robusto sistema di contabilizzazione che eviti la doppia contabilizzazione. Lo stesso articolo stabilisce quindi un quadro di regole solide e comuni per la contabilizzazione.

A conclusione di un percorso di lungo termine, già analizzato nel resoconto della COP25, sono state definite  le procedure di autorizzazione, reporting e review delle informazioni trasmesse, e caratteristiche tecniche dei registri  che permettono il monitoraggio dello scambio delle quote di emissione tra i diversi Paesi . Diventa quindi operativo un canale con cui Paesi che riducono le emissioni più del proprio target possono vendere tale surplus di riduzione ad altri Paesi che potranno contabilizzare tali riduzioni per i propri obiettivi. Questo meccanismo attiva flussi finanziari che saranno con ogni probabilità contabilizzati negli obiettivi di finanza di cui si è parlato in precedenza.

 

  1. Strumenti non di mercato

In modo analogo e simmetrico agli avanzamenti sui meccanismi basati sul mercato di cui abbiamo trattato nel capitolo precedente, la COP29 è un successo per quanto riguarda il varo e l’accompagnamento di una piattaforma trasparente di richiesta e offerta di meccanismi non di mercato (NMA Non-market approaches), formula ampia che comprende la formazione delle risorse umane ed organizzative, la condivisione tecnologica, la condivisione in logica di Open Data ed Open Source di risorse digitali verdi, ecc.

Oggi è disponibile il portale “NMA Platform” esiste a questo indirizzo web, contiene qualcosa ma è ancora largamente vuoto; un portale che i Paesi (ma non solo, anche i soggetti non statali) sono chiamati a co-progettare per renderlo più funzionale ed efficace.

 

  1. Adattamento

Mentre la mitigazione ha da tempo un obiettivo faro in termini di temperature e, fin dai tempi di Kyoto, metriche di misurazione dei risultati (le tonnellate di CO2equivalente), l’adattamento deve trovare un obiettivo complessivo e modalità di misura dei risultati delle azioni messe in campo. Questo dibattito ha negli ultimi anni prodotto un gran numero di indicatori complementari, che cercano di comprenderne le molte sfaccettature. La COP29 ha cercato di indicare in un centinaio il numero massimo di indicatori e di offrire linee complessive di selezione ed interpretazione, con questa decisione, in vista dell’approvazione definitiva, possibilmente già alla prossima COP in Brasile.

 

  1. Condizioni geopolitiche

La COP29 voleva proporsi come un punto di partenza per il ragionamento su guerra, pace e cambiamenti climatici con la Baku Call on Climate Action for Peace, Relief, and Recovery, predisposta prima dell’inizio della sessione negoziale di Baku,  mettendo in luce i nessi tra sicurezza, stabilità globale e l’obiettivo di 1.5°C (“To call on the global community to reduce emissions and keep 1.5°C within reach as  mitigation along with adaptation and resilience building are the main pillars to avoid further risk by climate change for human security and global stability”). Ma è certo che il contesto sia molto lontano da quello di una collaborazione virtuosa tra tutti i Paesi. Le lacerazioni inferte dalle invasioni, dalle azioni terroristiche, dalle guerre in Ucraina, in Libano, e dalle azioni genocide a Gaza e dalle crisi in altri luoghi non offrono prospettive positive per l’azione climatica.

Non si può quindi che registrare con interesse la dichiarazione conclusiva del Segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, Simon Stiell, che ha sottolineato come il nuovo obiettivo finanziario concordato alla COP29 sul clima di Baku sia “una polizza assicurativa per l’umanità”. Secondo Stiell, “questo accordo manterrà in crescita il boom dell’energia pulita e proteggerà miliardi di vite. Aiuterà tutti i paesi a condividere gli enormi benefici di un’azione audace per il clima: più posti di lavoro, crescita più forte, energia più economica e pulita per tutti. Ma come qualsiasi polizza assicurativa, funziona solo se i premi vengono pagati per intero e in tempo. Quindi non è il momento di giri di vittoria. Dobbiamo fissare gli obiettivi e raddoppiare i nostri sforzi sulla strada per Belém”.

 

Testo di Valentino Piana, Stefano Caserini, Marina Vitullo e Simone Casadei

11 responses so far

11 Responses to “Finanziamenti e meccanismi di supporto all’azione climatica: alcuni risultati della COP29”

  1. Alessandro Saragosaon Dic 2nd 2024 at 09:33

    “La sensazione è che la COP29 abbia fatto un passo sul tema dell’obiettivo dell’abbandono dei combustibili fossili ”

    Voleva dire

    “La sensazione è che la COP29 abbia fatto un passo INDIETRO sul tema dell’obiettivo dell’abbandono dei combustibili fossili ” ? Certo non avanti, visto che sono un dono di Dio…

  2. Alessandro Saragosaon Dic 2nd 2024 at 09:42

    Io sono stato più che altro colpito dall’approvazione degli Strumenti di mercato e di trasferimento internazionale meccanismo.
    Se non ho capito male vuol dire che l’Italia potrebbe costruire impianti FV nel deserto egiziano, per dire, la cui elettricità ridurrà le emissioni di quel paese, e contabilizzare una riduzione delle emissioni a casa propria?
    Se è così. a questo punto in Italia non si costruirà più nulla, che fare FV ed eolico qui costa più caro e suscita infinite polemiche per paesaggio e simili, spostando tutta la nostra azione in paesi molto indietro sulla transizione, tipo appunto Egitto, India, Indonesia e simili.
    Ma allora come faremo ad eliminare il gas dal nostro mix energetico, che oltre a costituire buona parte delle nostre emissioni, ci sta costando carissimo e affossa l’economia, se ridurremo virtualmente le emissioni altrove? Dovremo attendere che gli indiani o gli indonesiani vengano a costruire impianti qui?
    Forse ho capito male…

    PS: vi consiglio di guardare il documentario Netflix “Buy Now”, per scoraggiarvi e capire che probabilmente non ce la faremo mai…

  3. Valentinoon Dic 2nd 2024 at 10:12

    @ Alessandro
    Certo, un passo INDIETRO, proprio su quello che avevamo identificato l’anno scorso come il risultato principale della COP28 (https://www.climalteranti.it/2023/12/29/la_cop28_di_dubai/). Aggiungo che il backtracking è vietato per i singoli NDC, cioè gli impegni non possono mai regredire (art. 4.3. Ogni nuova versione del Contributo sarà migliorativa andando oltre quanto già
    promesso in precedenza).

    Sarebbe assurdo che quello che non è permesso a nessun paese
    individualmente sia permesso per una COP intera. Quindi a mio avviso l’assenza di questo riferimento testuale è legalmente nullo.

    Conto sul Brasile che riprenda l’argomento, come già fa con l’U20:

    https://www.urban20.org/wp-content/uploads/2024/11/u20-2024-communique.pdf

    We, the leaders of the cities united in the Urban 20,…[FOSSIL FUEL PHASE-OUT] Accelerate progress towards phasing out fossil fuels, including by tripling global renewable energy capacity and doubling energy efficiency
    by 2030 as well as accelerating other zero and low-emission technologies, as agreed
    at COP28, and by ending all fossil fuel subsidies and investments in fossil fuels, in line
    with the principles of a just transition and with targeted support for those affected by
    the energy transition. This aims to deliver a just and inclusive energy transition that
    gets us on track to halve emissions globally by 2030 and achieve net zero emissions by
    2050 at the latest.

  4. Vittorio Marlettoon Dic 2nd 2024 at 10:40

    In questa Cop voluta a Baku da Putin (originariamente doveva tenersi in Bulgaria ma c’è stato il veto dello zar) c’erano ben 1800 lobbisti del fossile di cui 27 accreditati dal nostro esimio governo. Lo spiegano nei dettagli Sabido e Gerebizza nel loro pezzo su Eurobserver “Italy bringing the most fossil-fuel lobbyists to Baku is not surprising.
    Rome is Europe’s biggest buyer of Azeri oil and gas, with Athens second for its gas. They each brought in a senior executive from SOCAR, Azerbaijan’s national oil and gas company, demonstrating just how close they are.” https://euobserver.com/green-economy/arca0a9830

  5. Alessandro Saragosaon Dic 2nd 2024 at 12:11

    Valentino, allora correggete la frase nel testo: senza “indietro” non si capisce cosa vogliate dire.

  6. Alessandro Saragosaon Dic 2nd 2024 at 13:05

    E’ andata a catafascio anche la conferenza su come limitare l’inquinamento da plastica, sempre grazie ai paesi produttori di fossili (e polimeri), che hanno bloccato persino l’ipotesi che si fissassero dei limiti futuri alla produzione.
    Evidentemente la pletora, ormai, di autocrati (spesso finanziati dai fossili) di successo, da Trump a Milei, da MBS a Alyev, da Putin a Erdogan, sta ribaltando la narrativa su clima e ambiente, per cui inquiniamo e inzeppiamo di CO2 l’aria senza preoccuparcene, che la Terra può ospitare 100 mld di persone (che consumano come gli americani?) senza fare una piega (copyright Elon Musk). In altre parole la verità alternativa che ci fa comodo, sta prevalendo su quella oggettiva che è tanto fastidiosa.
    Saranno anni duri quelli che aspettano chi si preoccupa della distruzione del fragile equilibrio che ci mantiene vivi su questo pianeta.

    Anche nel caso della plastica, come per i consumi energetici, però, i petrolieri sono solo i cattivi che ci mettono la faccia, ma è il nostro consumismo folle, a far sì che trovino sbocchi crescenti per la loro “droga”.
    Il riciclo della plastica è presentato come “la soluzione” per non dover dire che di plastica se ne dovrebbe usare molto, molto meno, comprando e buttando via roba molto molto di meno, ma in realtà non serve quasi a niente per la diversità e complessità dei materiali in gioco.
    E le bioplastiche sono una vera e propria circonvenzione di incapace.

  7. Climalterantion Dic 2nd 2024 at 16:35

    @ Alessandro Saragosa. Sistemato, grazie

  8. Valentino Pianaon Dic 2nd 2024 at 22:55

    Dall’analisi di IISD
    In Dubai, governments agreed on the need to triple renewable energy capacity, double the rate of energy efficiency improvements by 2030, and transition away from fossil fuels in energy systems.

    Parties failed to agree on how to take forward the so-called “UAE consensus” on the energy package, with talks pushed to next year. Efforts to build upon the energy package stalled. Proposals to convene an annual dedicated space on energy transition, agree on new goals for storage and grids, and produce annual progress reports on the transition away from fossil fuels were rejected.
    https://www.iisd.org/articles/statement/cop-29-moves-needle-on-finance

    The outcome failed to explicitly reiterate a call to phase out fossil fuel subsidies, and draft text calling on countries to reduce investments in fossil fuel infrastructure and develop “polluter pays” instruments was rejected.

  9. Valentino Pianaon Dic 2nd 2024 at 22:58

    Usano letteralmente la nostra espressione “passo indietro”: COP 29 represents a step backwards on the hard-won UAE energy package consensus,” said Natalie Jones, policy advisor at IISD.

  10. ArmandoBison Dic 5th 2024 at 10:03

    Credo che la questione vada inquadrata in un contesto più ampio, e in questo contesto rientra il clima geopolitico deteriorato.
    Sono mesi che il Corriere della Sera scrive che sul clima dovremo saltare un giro, che
    la priorità sarà per la difesa.
    L’elezione di Trump ha confermato questo trend, ma anche se avesse vinto la Harris non sarebbe cambiato granché.
    Nel programma della von der Leyen, espressione della maggioranza che l’ha eletta, la transizione energetica non è all’ordine del giorno, e la scelta dei Commissari non ha lasciato dubbi al riguardo.
    Quello che ovviamente il Corriere non dice è che i vincoli europei, quelli che piacciono tanto ai paesi virtuosi, quelli contenuti nel famoso patto di stabilità e crescita, di fatto rendo impossibile la transizione.
    Purtroppo, non sono solo i paesi virtuosi (come i paradisi fiscali tipo Olanda) a farsi promotori delle politiche di austerità.
    Ormai anche l’uomo comune è stato convinto dalla propaganda mediatica che prima di spendere bisogna risparmiare.
    Del resto, qualche mesa fa, quando avevo spiegato su questo sito come funziona la finanza e cose si sarebbe dovuto procedere per produrre le risorse per la transizione, subito si sono elevate alte voci di censura.
    Weimar! Argentina! Zimbabwe! Grecia!
    Il come funziona la moneta e come si struttura la finanza sono argomenti che andrebbero presi sul serio, al riguardo c’è anche un bel libro di Ann Pettifor (che ovviamente nessuno ha letto.)
    Purtroppo si è fatta strada la perniciosa idea che la questione della transizione energetica, una volta dimostrata a livello scientifico la sua improcrastinabile necessità, si risolve facendo qualche leggina e gli unici ostacoli che vi si frappongono sono dovuti a decisori riluttanti, sovente foraggiati dalla lobby dei combustibili fossili.
    E’ invece un problema di politica economica che va al cuore della distribuzione della ricchezza.

  11. Valentinoon Dic 5th 2024 at 13:28

    Mi limito a sottolineare che il nostro articolo è (quasi) l’unico tra tutti quelli citati e quelli apparsi sulla stampa nazionale a dare piena parità agli approcci non-di-mercato, rispetto a quelli di mercato (che hanno avuto assai più risonanza mediatica).

    Ma le crisi ricorrenti del mercato del carbonio e il fatto, indicato da un recente paper (https://www.nature.com/articles/s41467-024-53645-z), che il 84% dei crediti registrati non corrisponde a riduzioni reali, ci dovrebbe far valorizzare approcci alternativi, di cui già nel 2011 io sottolineavo l’importanza, supportando la submission di Fondazione Lombardia per l’Ambiente accolta dall’UNFCCC:
    https://www.economicswebinstitute.org/policymakers/FLA%20submission%20to%20UNFCCC.pdf

    Speriamo che i nuovi paletti per il mercato del carbonio diano risultati migliori. Ma apriamoci anche a nuovi approcci.

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