Il passo avanti di Cancun
L’esito della conferenza di Cancun fa registrare motivi di soddisfazione e di insoddisfazione, riassunti in questo post. I primi sono più numerosi e portano un po’ di speranza nell’efficacia delle negoziazioni sul clima.
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Ha sorpreso molti la conclusione a Cancun della 16° Conferenza della Parti della Convenzione Quadro dell’ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), con l’inattesa approvazione di tanti e importanti documenti finali, salutata da un lungo applauso.
L’accordo di Cancun è complesso e non è facile valutare le sue conseguenze. I risultati sono stati riassunti dal comunicato stampa dell’UNFCCC, dall’IISD e in italiano dal Focal Point IPCC Italia.
Rimandando per valutazioni generali ad altri commenti già disponibili (ad esempio di Antonello Pasini, del blog Triple Crisis, del Guardian, del Center for American Progress, dell’Economist), come effettuato per i risultati della COP15, riportiamo in questo primo post un quadro dei motivi di soddisfazione e di insoddisfazione; nei prossimi post analizzeremo nel dettaglio alcuni punti di maggiore importanza.
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Motivi di soddisfazione
1. Gli “Accordi di Cancun” (“Cancun Agreements”) dell’11 dicembre 2010, costituiscono una serie di decisioni formali che rimettono in moto la discussione intorno ai target di riduzione dei gas serra post 2012 in ambito UNFCCC, al trasferimento di tecnologie con la creazione di un Meccanismo per la Tecnologia (“Technology Mechanism”), al capacity building, al proseguimento del Protocollo di Kyoto, alla deforestazione, alla trasparenza nei processi di controllo (Monitoring Reporting and Verification –MRV) e all’adattamento ai cambiamenti climatici.
2. Gli accordi delineano una chiara strada per concretizzare una seconda fase operativa del protocollo di Kyoto alla prossima COP 17 / CMP 7 di Durban in Sudafrica (28 Novembre – 9 Dicembre 2011). Molti testi importanti sono stati approvati formalmente, e non ci si è limitati a “prendere nota” di accordi presi in sedi separate, come accadde a Copenhagen con il Copenhagen Accord.
3. Alcuni testi sono molto lunghi, approfonditi, precisi, e segnano la conclusione di un prolungato ed elaborato lavoro negoziale. Ad esempio il testo del gruppo di lavoro sugli impegni a lungo termine (Ad Hoc Working Group on Long-Term Cooperative Action under the Convention – AWG-LCA) è di 30 pagine, contro le 3 del Copenhagen Accord e le 20 del Protocollo di Kyoto.
4. Sul tema Adattamento gli Accordi di Cancun hanno creato un nuovo quadro di riferimento (“Adaptation Framework”) e un Comitato per l’Adattamento (“Adaptation Committee”), che mostrano l’importanza crescente di questo tema in ambito UNFCCC e dovrebbero fornire utili linee guida e know how per attuare azioni di adattamento in maniera più coerente ed efficiente da parte di tutti i Paesi ed in particolare i Paesi in Via di Sviluppo.
5. Si è anche raggiunto il consenso sulla creazione di un ‘Fondo verde per il clima”, per la gestione dei meccanismi finanziari della Convenzione, che dovrebbe raccogliere 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 e che sarà gestito da un consiglio direttivo (metà rappresentanti dei Paesi Sviluppati e metà rappresentanti dei Paesi in Via di Sviluppo).
6. Si è istituito un “Meccanismo per la Tecnologia” per migliorare sviluppo e trasferimento tecnologico a sostegno di azioni di mitigazione ed adattamento.
7. I negoziati sono stati trasparenti, senza trattative parallele, testi segreti o elaborati in stanze chiuse da gruppi ristretti, come avvenne a Copenhagen.
8. L’approvazione è il risultato di un processo ampio, frutto del lavoro di molti gruppi di contatto; un lavoro trasparente, che aveva visto la produzione di bozze importanti nelle sessioni di agosto e di novembre: l’approvazione mostra che le negoziazioni possono incidere sui testi finali.
9. Si è raggiunto un testo equilibrato, con un livello di dettaglio simile su tutti i pilastri indicati dal Bali Action Plan: mitigazione, adattamento, finanziamenti, tecnologia e capacity-building. Non ci sono i numeri ma c’è molto ragionamento di sistema.
10. Un ruolo importante, nel conseguire il risultato del “Pacchetto di decisioni bilanciate”, è stato quello di tre donne, molto diplomatiche ma di polso nelle decisioni e nella gestione: Patricia Espinosa, Presidente COP, Christiana Figueras, Segretario Esecutivo UNFCCC e Margaret Mukahanana-Sangarwe chairwoman dell’ AWG-LCA. Altra cosa da sottolineare, sono tutte e tre appartenenti a Paesi in Via di Sviluppo e due in particolare a paesi Latino-Americani.
11. Si è lavorato sodo per ricostruire il rapporto fra Nazioni Unite e Società civile; in particolare la Presidenza della COP ha più volte convocato incontri con tutti i partecipanti, alla presenza di Capi di Stato e del Presidente del Messico stesso Felipe Calderon (nella foto), per illustrare lo stato delle negoziazioni e dei lavori.
12. Si è sottolineata l’importanza di coinvolgere il settore privato nelle azioni di riduzione dei gas serra e di adattamento, con un esteso invito agli stakeholders (“portatori di interessi”).
13. Si è inserito il tema – nuovo – di “loss and damage” (relativo ad eventi specifici del presente via via che accadono, i cui danni devono essere coperti), fortemente voluto dal gruppo negoziale AOSIS (Alleanza dei Piccoli Stati Insulari) pur se ricondotto a pochi cenni nel testo finale.
14. Il cambiamento climatico è definito come “inequivocabile” e dovuto all’uomo, inclusi gli eventi estremi e gli eventi a svolgimento graduale (innalzamento delle temperature, del livello del mare, acidificazione degli oceani, riduzione delle masse ghiacciate e impatti relativi, salinizzazione e degradazione delle foreste, perdita di biodiversità e desertificazione). L’apprezzamento per l’IPCC è confermato, non solo rispetto alle conclusioni del Quarto Rapporto ma anche in vista del Quinto. Non c’è alcun spazio nei risultati della COP16 per i negazionismi, per le montature del climategate e le tempeste mediatiche su singoli errori; queste posizioni sono, per la comunità internazionale nel suo insieme, fuori dal dibattito che conta.
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Motivi di insoddisfazione
1. Mancano obiettivi specifici e legalmente vincolanti di riduzione delle emissioni per il 2020. Le riduzioni più basse previste nell’Accordo di Cancun potrebbero portare secondo le analisi del Carbon Action Tracker ad un aumento della temperatura media del pianeta di circa 3°C, molto superiore all’obiettivo declamato di aumento di 1,5 o 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali (circa 250 anni fa).
2. È stata ancora rimandata la definizione di un quadro complessivo di impegni a lungo termine di riduzione delle emissioni, per i prossimi decenni (es. fino al 2050), che prevedano, nei termini vincolanti del protocollo di Kyoto, impegni e scadenze precise in grado di definire l’ammontare complessivo della quantità di gas serra che saranno immessi nell’atmosfera.
3. Un accordo con impegni vincolanti di riduzione è ben più complesso, e richiede volontà politiche che oggi non sembrano presenti nei due maggiori emettitori mondiali, la Cina e gli Stati Uniti.
4. La scarsa partecipazione e attenzione dei Media, fino a pochi giorni dal termine. Questo è del resto una conseguenza della delusione della COP15 di Copenhagen.
5. La decisione di approvazione del pacchetto è stata presa senza l’approvazione della Bolivia, che si è opposta e aveva anche presentato un suo documento, per molti versi improponibile. La Presidente COP ha approvato comunque i documenti sottolineando che “consenso non significa unanimità né diritto di veto”: Sembra che la Bolivia intenda presentare ricorso alla Corte di Giustizia Internazionale su questa decisione.
6. La scarsa presenza, negli incontri pubblici, di leader e ministri di paesi industrializzati e di Cina e India.
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In conclusione, con gli accordi di Cancun si è rinunciato ad enunciare obiettivi quantitativi globali a favore di un approccio sistemico fatto di più pilastri. Si è lavorato più sul costruire una solida macchina da guidare che sull’indirizzo da raggiungere col GPS.
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Testo di Valentino Piana, Luca Lombroso, Sergio Castellari, Stefano Caserini e Paolo Gabrielli.
Foto di Luca Lombroso.
26 responses so far
io sarei ancora piu’ ottimista. se ha cancun si e’ raggiunto un accordo intermedio e’ perche’ i paesi sono d’accordo sull’obiettivo da raggiungere e su come raggiungerlo. certo c’e’ ancora da raggiungere l’accordo su una quantita’ rilevante di “dettagli” ed un anno di lavoro e’ anche poco. si correra’ e cio’ che non si riuscira’ a concludere in quest’anno si fara’ piu’ avanti dopo che a durban verra’ concretizzato il long term agreement
avanti cosi e tra cent’anni esaurite le chiacchere concretizzeremo degli obiettivi condivisi.
Ciao, è il mio primo post, e consiste in una domanda: c’è qualcosa a Cancun sugli incentivi pubblici all’uso delle rinnovabili? Più in generale, che voi sappiate questo tema ha mai ricevuto attenzione esplicita in questo e nei summit precedenti?
@ Alessando Santoro
da quanto ne so io, l’UNFCCC non si occpua dei modi in cui i diversi stati devono promuovere il ricambio tecnologico. Ci si accorda sugli obiettivi e sui fondi per una migliore ripartizione dei costi fra i vari paesi.
E’ una convenzione dell’ONU
Di quelle cose se ne occupano i singoli stati, o per noi al limite la commissione europea
[…] . il secondo invece lo trovate sul Blog Scientifico-Climatico Climalteranti ed é scritto a più mani (qui). […]
@alessandro: in alcuni “informal meeting” con presenti il PResidente del Messico Calderon e altri leader in prevalenza di paesi in via di sviluppo è stato detto di togliere i sussidi diretti o indiretti a combustibili fossili e spostarli alle rinnovabili, ed anche accennato a possibili forme di carbon tax. Purtroppo a questi incontri mancavano completamente esponenti di paesi Europei, USA,Cina India. Unica eccezione, NIcholas Stern, quello del rapporto Stern, che ora sta seguendo il piano clima del Messico, ha detto che dobbiamo avviarci a una rivoluzione industriale per un futuro low carbon.
Vedremo se seguiranno fatti,
ciao e grazie
Ottimo riassunto, grazie.
@autori
“scarsa partecipazione dei media”, “scarsa presenza di leader e ministri”: dato il risultato migliore che a Copenaghen, siete sicuri che siano motivi di insoddisfazione?
@luca L.
tagli ai sussidi diretti: finché non ci sono fonti energetiche locali e poco costose, i poveri come farebbero a comprarsi il gasolio? Secondo il rapporto 2010 dell’AIE sono circa 350 miliardi di dollari all’anno, quasi tutti nei paesi in via di sviluppo (per puro caso, sono pari ai profitti delle compagnie petrolifere)
sussidi indiretti: se s’intendono i costi delle guerre e quelli sanitari e ambientali, sarebbe il momento giusto per una campagna nei paesi ricchi, visto il deficit dei bilanci pubblici. E se BP & Co. dovrà pagare i danni nel Golfo del Messico, ci sarà un precedente mica da ridere per il “chi inquina paga”.
@ Oca sapiens
Di queste negoziazioni si sa poco o nulla in Italia. Non si conosce la quantità e la qualità delle discussioni, i punti e i motivi di scontro. Si racconta solo se c’è stata un’intesa o no, senza troppo entrare nel merito. Se ci fosse una copertura costante durante i gironi delle negoziazioni si potrebbe capire di più, più in profondità. E diversi giornalisti potrebbero imparare. Ce ne sono di molti preprarati, altri molto meno. L’anno scorso ne ho vista una aggirarsi sperduta per un paio di giorni senza capire dove era e cosa si stava facendo, e tornare a casa a raccontare che era tutta una gran confusione.
Non si coglie l’importanza della discussione (es.: una riduzione del 30-40 %, entro il 2020, ma anche del 25 %, è una cosa che avrà pesanti conseguenze), per cui quando poi vengono approvati dei protocolli, come a Kyoto, sembrano frutto dell’improvvisazione o della follia.
Insomma, secondo me su questi temi c’è bisogno di una campagna di alfabetizzazione di massa, per cui se ci fossero più giornalisti sarebbe utile.
Riguardo alla presenza di leader e ministri, vale un discorso analogo: molti vengono per leggere il discorsetto preconfenzionato dagli staff, ma anche per molti di loro è una delle poche occasioni per sapere cosa succede.
Grazie per questa bella analisi, concisa ed equilibrata. Mi sembra che nel vostro atteggiamento prevalga l’ottimismo. Speriamo.
Tra i motivi di ottimismo aggiungerei l’intervento del Pentagono riferito dal Sole 24 Ore; personalmente ho sottovalutato le implicazioni strategiche del cambiamento climatico e mi conforta sapere che c’è chi se ne preoccupa. Anche qui, speriamo.
Però vedo molti motivi di pessimismo: dell’iniziativa carbon capture & storage si sono perse le tracce, i certificati verdi fanno notizia più per le truffe di cui sono oggetto che per i risultati conseguiti, si continuano a costruire edifici riscaldati alla vecchia maniera e strade per colonne di veicoli fermi.
Qualcuno sarebbe così gentile da darmi altri motivi di ottimismo?
Grazie e Buon Natale.
@ Gianfranco
Anche la Bundeswehr (le forze armate tedesche) ha fatto valutazioni sulle implicazioni strategiche del cambiamento climatico http://www.spiegel.de/international/germany/0,1518,715138,00.html
@Gianfranco
Il CCS appare sempre più una strada rischiosa (e costosa):
http://climateprogress.org/2010/12/18/earthquake-underground-storage-of-carbon-dioxide-co2-sequestration-ccs/
(v. anche i link in fondo all’articolo)
@stefano
Certo, ma pretendi molto dai media, dai loro consumatori e dai leader politici.
@Aldo & Gianfranco
Anche la Difesa francese, britannica ecc. fanno analisi e proiezioni strategiche del riscaldamento globale, la NATO pure, per es.
http://www.nato-pa.int/Default.asp?SHORTCUT=1177
Sarebbe strano che la Difesa italiana non ne facesse
@ Gianfranco
In realtà è stato fatto un grosso e inaspettato passo avanti per la CCS a Cancun: per favorire la sua diffusione e il trasferimento tecnologico è stata inserita all’interno dei meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto (CDM), http://unfccc.int/files/meetings/cop_16/application/pdf/cop16_cmp_ccs.pdf
Come si legge nello stesso documento della COP, comunque, resta ancora MOLTO da fare prima di passare alla pratica, viste le molte questioni ancora aperte e la mancanza di un quadro legislativo comune di riferimento, soprattutto per quanto riguarda i requisiti minimi per la selezione e il monitoraggio dei siti di stoccaggio e per la questione della responsabilità a lungo termine nella gestione dei siti. Personalmente, sono a favore della CCS e so che è fondamentale che la tecnologia venga applicata anche in Cina e India, ma prima che possa essere inclusa nei progetti CDM restano, a mio parere, due questioni di principio aperte:
1) un progetto CCS non porta benefici alle comunità locali, ciò è in contrasto con il principio del CDM (non solo riduzione emissioni, ma anche sviluppo sostenibile locale, come espressamente dichiarato nel testo del Protocollo di Kyoto, art 12, par.3a)
2) concetto del trasferimento tecnologico: in linea di principio, una tecnologia dovrebbe essere trasferita quando è “matura”, mentre ad oggi si attendono ancora molti miglioramenti (e riduzione dei costi) grazie alla realizzazione di progetti dimostrativi che integrino le varie fasi di cattura, trasporto, stoccaggio e monitoraggio (tutte attività già oggi applicate singolarmente a livello industriale ma con finalità diverse da quelle del sequestro della CO2).
In ogni caso, penso che se si rispettano le tabelle di marcia dei progetti dimostrativi in EU, USA, Canada, Australia, la CCS sarà tecnologia “matura” prima che possano partire i primi progetti di CCS-CDM…
Alla fine comunque voglio vedere come fanno gli Stati Uniti ad approvare qualcosa, visto che hanno un Senato che non ne vuole sapere
quindi mi chiedo se alla fine senza gli USa la Cina starà a guardare oppure no
negli articoli che avete linkato e che ho letto dicono che alla fine la Cina è stata molto in secondo piano
Anche secondo me Cancun ha portato dei risultati, ma i nodi veri sono ancora tutti li, no ?
Parlo da scienziato e da cittadino. In entrambe le mie vesti sono lontano dal mondo della diplomazia e mi sarebbe piaciuto avere un accordo con obiettivi e impegni precisi. Un certo livello di insoddisfazione in me sarà quindi inevitabilmente presente.
Mi rendo però conto che un accordo globale non è una cosa facile e che, trattandosi di qualcosa che dovrà durare per molti anni a venire, non si può partire con il piede sbagliato. Una correzione di rotta è ipotizabile, cambiare strada no, l’inerzia è troppo grande.
Fatti quindi salvi i motivi di insoddisfazione e non entrando nei dettagli dell’accordo raggiunto, vedo sostanzialmente due importanti punti di soddisfazione. Il primo è che, dopo aver corso il rischio che il processo si bloccasse del tutto e definitivamente, si è riusciti in qualche modo a rimettere in moto il processo. Questo significa che si è ricreato un rapporto costruttivo, è stato rimesso al centro dell’attenzione l’obiettivo condiviso da raggiungere e quindi si è discusso sui modi per raggiungerlo. Il secondo motivo di soddisfazione è che si sono volute fare le cose per bene, senza fughe in avanti; la mia impressione è che si sia creata la struttura su cui basare una vera e propia “ristrutturazione planetaria”. Come dire, la casa non si vede ancora, ma viste le solide (e costose) fondamenta che si sono costruite, ci sono buone probabilità che le intenzioni siano serie.
Il grande problema (non banale) irrisolto e nemmeno affrontato è che, come qualcuno che non ricordo ha detto, la fisica non è molto diplomatica e non scende a patti. Il fattore tempo conta.
@ Aldo, Oca Sapiens et. al.
Nell’intervento dell’esponente del Pentagono riferito dal Sole 24h mi ha colpito che AGW e CC fossero visti quasi come nemici da sconfiggere. Lo US DoD è molto influente sull’amministrazione di quel paese dove sembra particolarmente difficle imboccare una strada di de-carbonizzazione, che d’altra parte avrebbe conseguenze importanti per tutto il pianeta. L’Europa sembra meglio indirizzata (con l’eccezione di Italia e Est) e più leggera degli USA.
Comunque in generale do ragione a Reitano: è bene che si continui a giocare, però tenendo ben presente che le leggi di natura non fanno melina (Hansen al ragù?)
@ Gianfranco
A mio parere agli alti livelli dei vari Enti governativi degli Stati Uniti hanno chiara la gravità della situazione del riscaldamento globale.
Altra cosa è la consapevolezza dei senatori che poi votano le leggi, in gran parte negazionisti, come mostrato da un articolo del New York Times di qualche tempo fa (www.nytimes.com/2010/10/18/opinion/18mon1.html). E molti non negazionisti devono rendere conto alle varie lobby per cui cambiano opinione volentieri.
E’ l’influenza del denaro nella politica, di cui parla Hansen.
Sono interessi che non vedono di buon occhio la “ristrutturazione planetaria”, di cui parla Riccardo, o anche solo una riconversione energetica che tolga loro un poco delle attiali gigantesche rendite.
I motivi di ottimismo ci sono dopo Cancun, ma non dimentichiamo che la storia recente insegna che quando non serve l’ONU viene messo da parte.
Per cui a mio parere la partita ora è riaperta, ma non bisogna sottovalutare le difficoltà dei passi che rimangono.
@Gianfranco
Se al Pentagono pensano che l’AGW-CC sia una guerra, siam fritti. Non ne vincono una dal 1945…
@Aldo
Il governo cinese non ha una diplomazia – il ministro degli esteri non è nemmeno del direttivo del Partito – così prima ha detto che faceva quello che gli pareva, poi ha accettato il monitoraggio. Dice di costruire centrali a carbone meno sporche per sostituire quelle vecchie che fa chiudere (sarà vero?) e in 5 anni spenderà due volte* lo stimolo USA solo per energie alternative, riforestazione, efficienza, argini ecc.
Intanto gli stati e le città americane vanno per conto loro, industria chimica e automobilistica, agribusiness, trasporti preferirebbero norme federali. Col petrolio sopra i 90 dollari, non saranno i soli.
*in purchase power parity.
[…] Giusto dunque cercare di porre rimedio entrando un po’ più nello specifico, ma, da indolenti quali siamo (e un po’ annoiati da queste faccende), anche in questo caso il “lavoro sporco” lo facciamo fare ad altri, segnalandovi questo post pubblicato su climalteranti.it. […]
[…] i suoi partecipanti ci avrebbero propinato “fuffa“. Come visto in un precedente post, le cose quest’anno sono andate diversamente; il Prof. Battaglia se ne è accorto, e ha scaricato la sua rabbia con un articolo livoroso, […]
[…] ha saputo ridarre ossigeno all’UNFCCCC e produrre risultati su molti fronti, come indicato in un precedente post. Così è, ad esempio, sul fronte della mitigazione con un testo equilibrato in cui è importante […]
[…] non credo, per due motivi: il primo è che l’accordo di Cancun, sia pure fra molte luci e qualche ombra, è si un buon risultato ma ancora insufficiente per “salvare la Terra”. La seconda […]
[…] Il passo avanti di Cancun: https://www.climalteranti.it/2010/12/17/il-passo-avanti-di-cancun/ […]
[…] al centro del dibattito sulla mitigazione del cambiamento climatico. Mentre gli Accordi di Cancún, per molti versi positivi, evitavano di menzionare la parola “energia” (dedicando invece 51 occorrenze alla parola […]
[…] un accordo vincolante sembra ancora fuori portata. Tuttavia, si sono registrati diversi progressi, descritti in questo post. Nei mesi scorsi le possibilità di disporre di una legislazione nazionale sui cambiamenti […]