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Come valutare gli impegni all’azione sul clima nei programmi elettorali

Anche in questa campagna elettorale che si concluderà il 25 settembre sta trovando spazio il tema delle azioni per contrastare i cambiamenti climatici. Complice il successo dell’appello degli scienziati alla politica italiana, nonché un’altra estate davvero molto calda e con diversi eventi meteorologici estremi, nei programmi elettorali già pubblicati o in corso di redazione sembra che la questione del cambiamento climatico abbia anche uno spazio maggiore e più approfondito che nel passato. Come, del resto, già successo nelle scorse elezioni del 2018.

Purtroppo, però, anche la crisi climatica è diventata più urgente: siamo molto in ritardo nel ridurre le emissioni di gas serra, e se non si agisce rapidamente gli obiettivi più ambiziosi di mitigazione decisi con l’accordo di Parigi non saranno più raggiungibili.

Il fatto che l’ambizione sul clima nei programmi elettorali sia aumentata non è quindi sufficiente per essere soddisfatti. Oggi la sfida climatica richiede un’azione molto più rapida e incisiva che nel passato, proprio a causa dell’insufficienza delle azioni fino ad oggi messe in campo.

Inoltre, come già scritto su Climalteranti nel 2018, “è ovvio anche che un impegno su un programma elettorale non implichi necessariamente di per sé l’attuazione dell’impegno stesso, sia perché il programma potrebbe essere una declamazione strumentale non sorretta da un reale interesse, sia perché le debolezze complessive della proposta politica potrebbero minare l’effettiva realizzabilità del programma stesso (e.g. mancanza di una chiara spiegazione di come trovare le necessarie coperture finanziarie)

Sarà utile in futuro analizzare i programmi su questo tema delle diverse forze politiche. Preventivamente, forniamo alcuni criteri che possono essere utili per valutare quanto i testi presenti nei programmi elettorali, e le dichiarazioni e i discorsi in loro supporto, possano essere considerati adeguati all’attuale situazione della crisi climatica. Invitiamo i lettori a suggerirne altri nei commenti.

 

1. Centralità

Se il tema del cambiamento climatico non è presente nelle parti iniziali e principali del programma, ma si trova enunciato come una delle tante azioni da intraprendere, magari a metà o verso la fine del programma, significa che non è considerato una questione importante e strategica.

 

2. Settorialità

Se la parte sul cambiamento climatico è una voce separata dalle altre parti del programma, in particolare da quelle che si occupano dello sviluppo socio-economico o industriale, magari relegato come parte del capitolo sull’ambiente o sulla sostenibilità, significa che non è stata compresa la portata della questione: la mitigazione del cambiamento climatico è oggi una questione centrale dello sviluppo socio-economico del nostro paese. Il tema clima deve quindi essere presente in tutti settori, dall’agricoltura, alla mobilità, all’industria. Riguarda la fiscalità (es. le scelte su una carbon tax o sulle tassazioni / sgravi fiscali sui consumi di carburanti fossili) e le politiche di protezione civile (necessarie per l’adattamento ai cambiamenti climatici in corso).

 

3. Ambizione

Per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ratificato nel 2016 dal Parlamento italiano alla quasi unanimità, servono “riduzioni delle emissioni di gas serra rapide e profonde e nella maggior parte dei casi immediate riduzioni in tutti i settori” (Fonte: IPCC, AR6-WG3, SPM, C3). Per i paesi dell’Unione Europea significa avviare le azioni per ridurre di almeno il 55% le emissioni di gas serra nel 2030 rispetto al 1990. Tenendo conto che nei 30 anni del periodo 1990-2020 le emissioni di gas serra europee sono diminuite di circa il 30%, significa che nel periodo 2020-2030 sarà necessaria una riduzione di circa il 25% delle emissioni del 1990. Inoltre, è fondamentale avviare da subito le azioni per raggiungere la neutralità climatica nel 2050. Non si tratta quindi di aumentare un poco la produzione rinnovabile, ma di accettare gli obiettivi ambiziosi e impegnativi che conseguono alla ratifica dell’Accordo. Ridurre del 25% le emissioni in soli 10 anni richiede un’azione senza precedenti, in particolare sui temi dell’efficienza energetica e della produzione di energia rinnovabile, che dovrà interessare settori nevralgici come quello della mobilità e della riqualificazione degli edifici

 

4. Fuoriuscita dai fossili

Una politica sul clima in linea con l’Accordo di Parigi prevede la rapida fuoriuscita dal sistema fossile, che deve iniziare bloccando gli investimenti in nuove infrastrutture legate ai combustibili fossili, come nuove centrali a gas o rigassificatori. Se non è esplicitamente menzionato, è probabile che l’impegno ad una rapida decarbonizzazione lascerà il posto a misure timide e contraddittorie, come è stato fino ad ora.

 

5. Investimenti pubblici

Pur se l’apporto del settore privato è importante, senza un significativo supporto di investimenti pubblici, di incentivi e disincentivi adeguati, le politiche sul clima non possono essere attuate. È quindi importante un quadro legislativo e finanziario che favorisca la transizione non solo nel settore della produzione di energia rinnovabile, ma anche nei settori più difficili, come la riqualificazione del parco edilizio pubblico e privato o della mobilità sostenibile. Dovrebbe essere quindi chiaro dal programma se si prevede di impegnare seriamente le finanze pubbliche a sostegno della mitigazione del cambiamento climatico.

 

6. Equità e disuguaglianza

Come scritto nel Sesto rapporto IPCC-WG3, “percorsi di mitigazione ambiziosi implicano cambiamenti ampi e talvolta dirompenti nell’attuale struttura economica, con conseguenze distributive significative, all’interno e tra i paesi”. Un programma elettorale che non considera il tema della giusta transizione, della necessità di monitorare e affrontare problemi di distribuzione della ricchezza conseguenti alle politiche sul clima, non può essere considerato un programma credibile. Una politica climatica deve essere agganciata ad una politica sulla redistribuzione della ricchezza, o difficilmente riceverà supporto da parte dell’opinione pubblica.

 

7. Le distrazioni

La presenza di un impegno al rilancio dell’energia nucleare può essere vista come un segno di una volontà di non voler affrontare oggi la sfida della transizione energetica, ma di spostarla ad un futuro remoto, quando – se mai sarà possibile – potrebbero essere disponibili tecnologie nucleari diverse da quelle attuali, che sono chiaramente troppo costose e non competitive. Dare enfasi a questa misura nel programma elettorale significa distrarre gli elettori dalle vere scelte da compiere per affrontare la crisi climatica.

 

8. Il quadro internazionale

L’azione sul clima dell’Italia deve essere inserita nel contesto europeo e della Convenzione sul Clima. Mettere in discussione gli impegni europei o gli elementi attuativi (ad esempio il pacchetto Fit for 55), o rallentarne l’attuazione, come fatto da alcuni paesi dell’est Europa, può essere dannoso per l’intera politica europea. Al contrario è meritorio ribadire la volontà di un’azione ambiziosa a livello dell’intera EU.

 

9. Negazionismo

È molto improbabile che tra le forze politiche ci sia ancora chi mette esplicitamente in discussione il riscaldamento globale o l’influenza antropica. A chi proponesse anche solo necessità di studi su tesi alternative al surriscaldamento globale andrebbe fatto notare che era qualcosa accettabile nei programmi delle elezioni degli anni ’70 o ’80.

 

10. Inattivismo

Infine, un ultimo criterio con cui valutare i programmi è la presenza delle parole d’ordine dell’inattivismo climatico, raccontate in questo post: spostare la responsabilità su altri (es. Cina o India), enfatizzare i pericoli e i costi della transizione energetica, oppure dichiarare che è ormai troppo tardi per affrontare la crisi climatica.

 

Testo a cura del Comitato Scientifico di Climalteranti

 

Note alla figura:

1) Fonte dei dati di temperature: elaborazioni da ISAC-CNR, Climate Monitoring for Italy, Long-Term Analysis a cura di S. Caserini. Per l’anno 2022 è stato considerato il valore relativo al periodo gennaio-luglio.

Fonte dei dati delle elezioni: Wikipedia: Elezioni politiche nella Repubblica Italiana

2) Avviso per negazionisti climatici e climatologi “alternativi”: la correlazione (R^2=0,75) fra le percentuali di non votanti alle elezioni politiche e le temperature medie in Italia negli anni delle elezioni non ha alcun significato, come detto più volte una correlazione non implica necessariamente un nesso di causalità.

11 responses so far

11 Responses to “Come valutare gli impegni all’azione sul clima nei programmi elettorali”

  1. Parents for Future Genovaon Ago 18th 2022 at 13:57

    I nostri complimenti per l’iniziativa, che seguiamo con interesse. Aggiungeremmo che un programma onestamente sensibile alla crisi climatica dovrebbe contenere anche una chiara politica di protezione e tutela delle risorse e ambienti naturali ( foreste, fondali, acque e suolo) affinché possano continuare a svolgere il loro naturale e importantissimo compito di mitigazione delle temperature e sequestro di anidride carbonica.

  2. Lauraon Ago 19th 2022 at 22:08

    Una cosa da considerare è se i gruppi politici candidano delle persone negazioniste o che non hanno fatto un tubo quando dovevano.. se li voti poi andranno avanti ad occuparsi di altro che non del clima.

  3. […] che pure sono al ribasso rispetto a quello che ci sarebbe da fare. Su quest’argomento c’è un articolo molto interessante di Climalteranti che spiega come sono affrontati questi temi in campagna elettorale e come muoversi tra i […]

  4. Valentino Pianaon Set 1st 2022 at 11:08

    Occorre eleggere chi vuole davvero la transizione energetica ed ecologica, visto che il clima sta rapidamente peggiorando:

    https://www.ametsoc.org/ams/index.cfm/publications/bulletin-of-the-american-meteorological-society-bams/state-of-the-climate/

  5. Valentino Pianaon Set 5th 2022 at 16:15

    Per l’82% degli italiani, i cambiamenti climatici sono una grave minaccia per il nostro paese. Che i politici se ne accorgano (ora e il giorno dopo le elezioni)….

    Fonte:https://www.pewresearch.org/global/2022/08/31/climate-change-remains-top-global-threat-across-19-country-survey/

    Full report: https://www.pewresearch.org/global/wp-content/uploads/sites/2/2022/08/PG_2022.08.31_Global-Threats_FINAL.pdf

  6. homoereticuson Set 6th 2022 at 08:42

    “Per l’82% degli italiani, i cambiamenti climatici sono una grave minaccia per il nostro paese.”

    Mi chiedo spesso quale sia il senso di queste ricerche.
    Probabilmente è vero che alla domanda: “ritieni che i cambiamenti climatici siano una grave minaccia per il Paese?” i più rispondono di sì.

    Poi però, a 20 giorni dal voto e dopo un’estate di fuoco, il tema è pressoché assente dal (penoso) dibattito elettorale e che gli stessi di sopra (i più) si avviano a premiare con il loro voto forze che sono dichiaratamente ostili alla mitigazione climatica, quando non proprio negazioniste.

  7. Alessandro Censinion Set 7th 2022 at 19:59

    Salve, articolo interessantissimo, complimenti.

    SkyTg24 ha pubblicato questo articolo con dei voti da 1 a 10

    https://www.google.com/amp/s/tg24.sky.it/politica/2022/09/06/programmi-elettorali-clima/amp

    Volevo sapere se in qualche modo il Team di Climalteranti ne ha preso parte (dubito), oppure è una creazione dei giornalisti sulla base delle vostre linee guida, per rendere la cosa un po’ più accattivante

  8. Stefano Caserinion Set 10th 2022 at 07:33

    @ Alessandro

    Diversi componenti del comitato scientifico di Climalteranti, me compreso, hanno partecipato alla valutazione.
    Trova i dettagli qui https://www.italiaclima.org/indiceimpegnoclimatico/

  9. Giancarlo Tellolion Set 19th 2022 at 19:35

    Metodo di valutazione ingenuo e fuorviante. Quando impareremo a giudicare i partiti per ciò che fanno realmente e non per ciò che promettono?
    Dove sta l’indice di correlazione tra ambiente e stato della giustizia? Non si sino accorti gli esperti che quello schifo di controriforma Cartabia avrà ripercussioni anche sull’ambiente?
    Chi ha votato la riforma Cartabia e chi si è oppos? Chi ha votato per aumentare gli aiuti militari in Ucraina e chi no? Le guerre fanno bene all’ambiente?
    Non sarebbe male confrontare le chiacchiere del pd con l’inceneritore di Roma o quelle dei Verdi con la maxi lottizzazione di Sala a San Siro, in una città e in una regione già pesantemente martoriate dal consumo di suolo.

  10. […] 10 criteri utilizzati sono quelli presentati nel precedente post: Centralità, Settorialità, Ambizione, Fuoriuscita dai fossili, Investimenti pubblici, Equità e […]

  11. Stefano Caserinion Set 21st 2022 at 07:43

    @ Giancarlo Telloli

    L’indice volutamente ha un altro obiettivo, più limitato.
    Certo ci sono tanti altri aspetti che si possono valutare, questo è un contributo su un aspetto, che riteniamo importante e su cui abbiamo più competenza.

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