L’analisi degli impegni sul clima dei partiti italiani nelle elezioni europee
Numerosi componenti del Comitato Scientifico di Climalteranti hanno collaborato con l’Italian Climate Network (ICN) alla valutazione dell’impegno all’azione sul clima delle forze politiche italiane per le elezioni che si terranno l’8-9 giugno 2024. Questa valutazione si aggiunge a quella effettuata da Carbon Brief sugli impegni assunti nei manifesti dai principali gruppi del Parlamento europeo, descritta nel precedente post.
Nella valutazione sono stati considerati i programmi resi pubblici dalle diverse forze politiche italiane, resi anonimi e inviati ai valutatori. I 10 criteri utilizzati sono quelli presentati nel precedente post e nella valutazione dei programmi per le elezioni politiche 2022: Centralità, Settorialità, Ambizione, Fuoriuscita dai fossili, Investimenti pubblici, Equità e disuguaglianza, Distrazioni, Quadro internazionale, Negazionismo, Inattivismo.
Per ogni criterio è stato utilizzato un punteggio da 0 (minimo) a 10 (massimo), creando quindi un indice composto da 10 fattori, che sono stati considerati con uguale peso per ottenere un valore medio chiamato indice di Impegno Climatico riassuntivo. I 20 partecipanti hanno svolto la loro valutazione indipendentemente sui programmi resi anonimi da ICN, ovvero privati di ogni riferimento o simbolo della forza politica che lo ha presentato, e sono stati solo avvisati nel caso in cui un punteggio attribuito si discostasse di più di 3 punti dalla media per lo stesso criterio/forza politica, al fine di verificare possibili errori di compilazione (in questo caso il valutatore poteva quindi confermare o modificare il valore assegnato).
Benché i criteri siano stati definiti in modo il più possibile oggettivo, la valutazione comporta un’inevitabile componente di soggettività, che ha diverse cause:
- la diversa rigorosità nel considerare soddisfatto un criterio (le cosiddette “maniche” più o meno larghe);
- le diverse competenze dei valutatori, che possono incidere ad esempio nel considerare del tutto irrealistici alcuni impegni;
- una diversa impostazione ideologica e valoriale che inevitabilmente esiste per ogni persona, e può influire anche inconsapevolmente in misura più o meno limitata.
- la diversa precisione con cui i valutatori hanno valutato la rispondenza fra criteri e programmi;
- la diversa attenzione con cui i valutatori hanno letto i programmi;
- il riconoscimento da parte del valutatore della forza politica e quindi una perdita di oggettività nel valutarne il solo impegno climatico.
Il risultato è mostrato nella figura qui sopra, in cui sono riportati con i diagrammi “a scatola e baffi” il valore medio (le X), la mediana, il primo e il terzo quartile e i valori estremi (i punti) delle valutazioni medie assegnate da ogni valutatore alle diverse forze politiche.
Il grafico permette di vedere come, al di là di questi inevitabili fattori di disturbo, emerga una netta differenza fra le prime tre forze politiche (Alleanza Verdi-Sinistra, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico), che hanno riportato punteggi nettamente superiori rispetto a quelli assegnati alle altre, tranne per pochi valori.
Sette forze politiche hanno riportato un valore medio inferiore a 6, tre forze politiche un valore medio inferiore o uguale a 3.
Va ricordato che il voto “6” non indica la sufficienza. Per poter raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi (limitare il riscaldamento globale ben al di sotto di 2°C, e fare il massimo sforzo per fermarsi a 1,5°C) è necessario il massimo dell’ambizione e dell’impegno, quindi non essere lontani dal voto più elevato attribuibile, cioè 10.
Riguardo ai criteri, come mostra il grafico qui sopra, il punteggio più alto e la minore variabilità fra i partiti si è registrata sul criterio del negazionismo, ossia nessun partito ha inserito nei programmi dubbi sull’esistenza del riscaldamento globale o sulle sue origini antropiche. Tuttavia rispetto alla valutazione effettuata nel 2022 sui programmi delle elezioni politiche nazionali, il valor medio rilevato per questo parametro è sceso da 9,5 a 8,7, segno di una necessità di mantenere alta la guardia per evitare derive negazioniste, più o meno velate.
Grande variabilità fra i partiti per gli altri criteri, indice di una reale differenza dei programmi delle forze politiche. In generale gli indici mostrano una forte correlazione tra i punteggi dei vari criteri, con una altrettanto forte polarizzazione; da una parte i partiti che complessivamente ritengono si debba seguire una strada in linea con gli impegni climatici europei, dall’altra quelli che, in misura variabile, puntano a stravolgerne l’impianto. In particolare, i punteggi più bassi si associano alla volontà di svincolarsi da quegli impegni, proponendo una “neutralità tecnologica” (una libera scelta delle soluzioni da adottare) a favore di soluzioni inadeguate o limitate, che di fatto porta a rallentare la velocità della transizione.
Il valore medio complessivamente più basso è stato sul tema dell’ambizione, anch’esso in peggioramento a confronto col 2022 (da 5,5 del 2022 a 4,4 del 2024).
***
In conclusione, si può ritenere che, al di là delle inevitabili soggettività della singola valutazione, il valore medio delle 20 valutazioni fornisca un risultato nel complesso solido, in grado di fornire un’indicazione obiettiva e – speriamo – utile agli elettori.
Ulteriori dettagli sono consultabili sulla pagina dedicata dell’Italian Climate Network
Testo di Stefano Caserini, con contributi di Simone Casadei e Gianni Comoretto
8 responses so far
direi un quadro piuttosto chiaro, grazie
“Va ricordato che il voto “6” non indica la sufficienza. Per poter raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi (limitare il riscaldamento globale ben al di sotto di 2°C, e fare il massimo sforzo per fermarsi a 1,5°C) è necessario il massimo dell’ambizione e dell’impegno, quindi non essere lontani dal voto più elevato attribuibile, cioè 10”
@Stefano Caserini Quindi i dati sono normalizzati al contributo minimo (ma massimo dell’ambizione) dell’Italia per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi (punteggio 10)? Ovvero nessun programma partitico sarebbe sufficiente ?
C’e’ un’altra analisi simile ma con risultati molto diversi. Colpa solo del diverso peso dato al nucleare?
“Il risultato finale è ampiamente insufficiente: nessun programma ambientale raggiunge la sufficienza, dimostrando come, dopo un periodo di hype sui temi ambientali, la crisi climatica sta perdendo appeal.”
https://open.spotify.com/episode/0vfJDrBOeAs3cAD5CRbavq?si=ETt7vcr2Sx2ZiICByDQBAw&utm_source=copy-link&fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTAAAR1HtgCyapp0UH-cBxqDobo3ksYLqbrFlfl-vspz–DcXPV4QOkegHkvFNw_aem_AV4SUgITL3vep-rhROhLSqeJuBiiWyPY_2uaSSd2MvpMWWdSM5N8L_wNw6EaTmf-UhSYuNWDpa2uNSfj4Ym-dK68&nd=1&dlsi=ca548889adfd4c14
Ciao Paolo
Qui sotto le risposte
@ Ovvero nessun programma partitico sarebbe sufficiente ?
Beh se il criterio è “non essere lontani dal voto più elevato attribuibile, cioè 10” direi che diversi partiti ci sono arrivati
@ C’e’ un’altra analisi simile ma con risultati molto diversi. Colpa solo del diverso peso dato al nucleare?
Certo ci possono essere tante valutazioni diverse che riflettono diverse opinioni.
Il pregio della valutazione che abbiamo presentato è che è fatta da 20 esperti del tema climatico, e in questo modo si va un po’ al di là della singola opinione.
Inoltre, l’indice è composto da diversi temi, in cui conta ad esempio la centralità del tema climatico, o l’ambizione, e solo in uno si valuta le scelte sule tecnologie controverse.
Invece, nel podcast che hai linkato si assegna un voto 4 perché ad opinione dell’autore “è irrealizzabile un’Europa alimentata al 100% da energia rinnovabili”. Su questo ci sono valutazioni tecniche molto diverse, anche peer-reviewed; molte ritengono sia un obiettivo non solo possibile ma con molti benefici. Una delle più recenti è questa https://eu.boell.org/en/100-percent-renewables.
Ascoltando il pdcast ho trovato parecchie imprecisioni, ad esempio dove si confondano gli obiettivi di decarbonizzazione con gli obiettivi di neutralità climatica (che non considerano solo la CO2). Insomma, il mio voto a quel podcast non raggiunge la sufficienza, ma questa è solo la mia opinione.
In sintesi l’idea è che aumentando la numerosità dei valutatori e dando voti si più fattori si arriva ad una valutazione un po’ più oggettiva.
Vedo che nel post precedente usate ripetutamente l’aggettivo “estrema” riferito ad alcuni partiti di destra che diventano, così, di “estrema destra”. (Usate anche l’espressione “comunisti”, ovvio. La sinistra non alleata dei mercati finanziari è automaticamente “comunista”, come no.)
Bene, forse vi interesserà sapere che solo qualche anno fa, il 50% degli operai in Francia votava per Marine Le Pen. E probabilmente anche oggi, forse in percentuale ancora maggiore.
Il 50% per il RN. L’altro 50% per tutti gli altri.
La classe operaia è di estrema destra?
Se è così ditelo.
Abbiate il coraggio di dirlo ad alta voce che il problema sono le classi più povere e subalterne.
Siate chiari.
Il nemico sono loro.
La Francia ha dei conti da paura, ma che importa.
Accorrete numerosi alla chiamata alle armi del responsabile di questo sfascio, il guitto dell’Eliseo!
Vincerete!
@Armando
il nemico non sono le classi più povere e subalterne ma quest’ultme sono i bersargli del cambiamento climatico, altro chè. Chi migra e migrerà e chi non avrà da mangiare o acqua a sufficienza sono prorpio le classi più povere. Ed è proprio questo l’inghippo su cui si basa l’immobilismo odierno: chi ha i soldi in tasca vince sempre, almeno sul lungo periodo.
Che poi le ‘masse’ abbiano una responsabilità ‘civile’ su quello che può accadere, a me questa questa visione convince molto.
Pensi se domani dieci milioni di italiani invece di prendere l’auto inforcassero la bici per andare a lavoro..lei pensa che le politiche sulla viabilità (è un esempio, ovvio..) sarebbero le stesse? e se un partito ‘verde’ avesse il 50% in parlamento lei pensa che parleremo di gas e petrolio come forsennati?
E votare un partito che promette petrolio gratis (o quasi..), immigrazione zero (o quasi) senza realizzare un sistema sanitario accettabile e spostando nel tempo all’inverosimile le azioni di mitigazione e riduzione del cambiamento climatico che vantaggi porterebbe?
Mi ricorda molto quel proverbio arabo: “Mio padre cavalcava un cammello. Io guido un’auto, mio figlio pilota un aereo, suo figlio cavalcherà un cammello.”
@Stefano Carnevali
Dal secondo dopoguerra in poi, in Europa l’economia cresceva a ritmi importanti, ma quello che più importava era che i benefici erano largamente condivisi da tutte le classi sociali.
Negli ultimi 25 anni, in pratica da Maastricht in poi, l’Europa è l’area che cresce meno in assoluto al mondo.
E diversamente dal passato, le élite economiche incamerano tutti i benefici e anche oltre, mentre il resto della popolazione arranca, e le classi meno favorite vedono il proprio tenore di vita peggiorare anno dopo anno.
Scrive Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera: “Vista dall’alto di un aereo, la Francia appare verde, pulita, ordinata, dolce: il giardino di Dio; «heureux comme Dieu en France», felice come Dio in Francia, si diceva ai tempi in cui Charles Trenet cantava «douce France». Ma a girare nei villaggi cari agli chansonniers, fuori dalle grandi città e dalle rotte turistiche, la Francia è un Paese spaventosamente impoverito, slabbrato sul piano edilizio e sociale: è tutto un cartello «a vendre» o «a louer», vendesi, affittasi; si possono girare dieci paesi di fila in cui lo storico bistrot ha chiuso, prima di arrivare a Colombey-les-deux-eglises, dove il bistrot è ancora aperto per gli ultimi visitatori memori del generale De Gaulle, che qui visse e qui è sepolto.”
Il problema è che le persone come Cazzullo non hanno la statura intellettuale, e prima ancora quella morale, per capire le cause e indicare le soluzioni.
Infatti dice che la colpa è della globalizzazione (non è vero, ovviamente) e che il RN “all’evidenza non è la soluzione”.
In altre parole, l’attuale sistema non si tocca.
A partire da questo dato inamovibile (crescita stagnante e esplosione delle disuguaglianze, due cose che si rinforzano a vicenda) tutto il resto appare accettabile, addirittura normale.
Che Trump sia in corsa per la Presidenza degli Usa ormai è considerato un fenomeno naturale come i temporali in agosto.
Nessuno che neanche lontanamente si sogna di dire che forse il sistema americano ha bisogno di un minimo di manutenzione.
E’ da un po’ che va avanti questa storia.
Dieci anni fa si era trovata la soluzione che appariva definitiva: chiudere con la farsa che vedeva sinistra e destra in opposizione e fonderle in un unico movimento in lotta contro i populismi.
In questo arco di tempo, le larghe maggioranze degli inizi si sono rapidamente deteriorate fino a dissolversi.
Soluzione?
Andare avanti così.
Votare un impostore, un pagliaccio, totalmente privo di idee e di programmi, che non sia tagliare il welfare in tutte le sue forme.
E perché? Perché la democrazia è in pericolo!
Veramente pensate che questi personaggi porteranno avanti la transizione energetica?
Ci credete davvero?
Armando, rispondendole a titolo personale, direi assolutamente di no: se avverrà lo sarà ‘dal basso’, differentemente la transizione la farà la termodinamica e saranno ovviamente dolori.
Per il resto non posso darle certo torto sulle questioni economiche. Che l’attuale sistema economico intoccabile della crescita infinita sia al centro di ogni problema (anche climatico) sono perfettamente d’accordo.