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Estremi freddi in un clima caldo

Come mai continuiamo ad osservare estremi freddi in un mondo sempre più caldo? Nonostante siano state avanzate teorie scientifiche sul perchè il riscaldamento globale potrebbe favorire estremi freddi alle medie latitudini, i dati climatici ci dicono che gli estremi freddi sono in diminuzione a livello globale. Alla luce delle attuali conoscenze in campo climatologico, dobbiamo dunque considerare i recenti estremi freddi, quali la tempesta invernale del Natale 2022 in Nord America, come episodi eccezionali in un clima in rapido riscaldamento.

 

Viviamo in un clima in rapido riscaldamento, oramai in media ben oltre un grado più caldo che nel periodo preindustriale a livello globale, e spesso svariati gradi più caldo a livello regionale, in particolar modo nella regione Artica. Sappiamo che questo riscaldamento sta portando ad ondate di calore sempre più intense, frequenti e prolungate, non ultima l’estate 2022 che è stata la più calda mai registrata in Europa. Al contempo continuiamo però ad osservare ondate di freddo particolarmente intense, l’esempio più recente essendo la tempesta invernale che ha portato temperature rigide e forti rovesci nevosi su gran parte del Nord America durante il periodo Natalizio del 2022. Tali episodi freddi sono nel passato stati strumentalizzati da negazionisti del cambiamento climatico, alla disperata ricerca di qualunque appiglio per negare l’evidenza, come discusso in questo post. La domanda di base rimane ciononostante legittima: come mai continuiamo ad osservare periodi estremamente freddi a fronte di un clima in rapido riscaldamento?

Fonte: Chris Light/Christopher Michel

Un primo aspetto importante da chiarire è che gli estremi freddi stanno diminuendo rapidamente a livello globale. Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC, “è virtualmente certo che vi sia stata […] una riduzione nel numero di giorni e notti fredde a livello globale dal 1950 ad oggi. Sia gli estremi freddi che quelli caldi mostrano un innalzamento delle temperature”. A livello locale vi è più variabilità, ma vi è comunque un aumento significativo delle temperature minime annuali sulla quasi totalità delle terre emerse, come si vede nella Fig. 1, tratta dal Capitolo 11 (Weather and Climate Extreme Events in a Changing Climate) dell’ultimo rapporto IPCC.

Fig. 1 Tendenza lineare della temperatura minima annuale nel periodo 19602018 (figura modificata dall’originale, Fig. 11.9b, IPCC, 2021).

Inoltre, un recente studio ha mostrato chiaramente come l’estensione geografica delle ondate di freddo stia diminuendo sia in America Settentrionale che in Europa. Tuttavia, gli stessi autori sottolineano che, data la forte variabilità climatica quando si analizzano scale regionali, è possible sfruttare la fallacia dell’evidenza incompleta  per trovare periodi specifici e regioni specifiche in cui la tendenza è nulla o addirittura debolmente positiva. In conclusione, anche se occasionalmente vi sono estremi freddi, ed è localmente possible che si raggiungano nuovi record di temperature minime, questa è una eccezione rispetto alla diminuzione degli estremi freddi osservata a livello globale.

Una seconda risposta a questa domanda sta nella differenza fra media ed estremi. La temperatura media sta aumentando praticamente ovunque nel globo, ma questo non vuol necessariamente dire che le temperature estreme stiano variando allo stesso modo di quella media (Fig. 2). Localmente, sarebbe quindi in teoria possibile avere una temperatura media in rapido aumento, un numero di estremi caldi in rapido aumento ed un numero di estremi freddi grossomodo invariato o in lieve diminuzione. Le diverse cose non sono in contrasto tra di loro.

Fig. 2 Esempio di come gli estremi possano variare diversamente dalla media (figura modificata dall’originale, Fig. 2.32c, IPCC, 2001).

Infine, sentiamo spesso nei notiziari che gli estremi freddi sono collegati ad ondulazioni del vortice polare. L’idea di base è che vi è una forte corrente atmosferica, anche nota come corrente a getto, che separa le masse d’aria polari (e fredde) da quelle delle medie latitudini (e calde). Questa corrente crea grossomodo un cerchio intorno all’emisfero (il “vortice”). Ondulazioni di questo vortice permettono alle masse d’aria fredde di raggiungere le basse latitudini, dando quindi luogo ad estremi freddi (Fig. 3).

Fig. 3: Schematiche di un vortice polare stabile (lato sinistro), che mantiene le masse d’aria fredda alle alte latitudini, e di un vortice polare ondulato (lato destro), che permette alle masse d’aria fredda di raggiungere le medie e basse latitudini (NOAA, 2021).

Circa un decennio fa è stata avanzata l’ipotesi, spesso ripresa dai media, che il riscaldamento globale – e l’ancor più rapido riscaldamento dell’Artico – possano portare ad un indebolimento della corrente a getto. Questo renderebbe il vortice polare più ondulato, portando quindi a più eventi freddi alle medie latitudini di quanti non ci si aspetterebbe visto l’aumento delle temperature medie. Questa ipotesi non è mai stata dimostrata in maniera convincente, e l’IPCC nel suo ultimo rapporto scrive che vi è: “un livello di robustezza da basso a medio circa le conclusioni sul ruolo esatto ed effetti quantitativi del riscaldamento Artico nel periodo storico e la perdita di ghiaccio marino sulla variabilità atmosferica alle mede latitudini”. La diminuzione degli estremi freddi di cui abbiamo discusso in precedenza, emerge chiaramente anche alle medie latitudini. Qualora vi fosse un effetto dell’indebolimento del vortice polare, finora questo non è stato sufficientemente marcato da conrobilanciare il rapido aumento delle temperature globali.

È senz’altro vero che episodi come la tempesta invernale del Natale 2022 in Nord America sono collegati ad ondulazioni del vortice polare, ma alla luce delle attuali conoscenze in campo climatologico dobbiamo considerare questi eventi come episodi eccezionali in un clima in rapido riscaldamento. A livello locale è possibile avere un numero di estremi freddi grossomodo invariato o in lieve diminuzione a fronte di una temperatura media in aumento, ma a livello continentale e globale vi è una chiara tendenza verso una diminuzione degli estremi freddi a fronte del riscaldamento globale.

 

Testo di Gabriele Messori, con il contributo di Stefano Caserini, Claudio Cassardo e Claudio della Volpe.

 

Nota: riportiamo di seguito il testo originale in Inglese delle due citazioni tratte dai rapporti IPCC:

In summary, it is virtually certain that there has been [] a decrease in the number of cold days and nights on the global scale since 1950. Both the coldest extremes and hottest extremes display increasing temperatures.

there is low to medium confidence in the exact role and quantitative effect of historical Arctic warming and sea ice loss on mid-latitude atmospheric variability.

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