Le variazioni climatiche durante l’ultimo milione di anni: mandanti, killer e alibi (seconda parte)


Le variazioni climatiche durante l’ultimo milione di anni: mandanti, killer e alibi (prima parte)
Il luogo climaticamente più ostile del pianeta è probabilmente l’Antartide Orientale. Qui le temperature medie annuali sono dell’ordine di -55 ºC e le precipitazioni di circa 2-3 cm di acqua equivalente all’anno. Nonostante l’Antartide sia un vero e proprio deserto, in diversi milioni di anni si è sviluppata una calotta di ghiaccio che è spessa fino a 4 km.
Le scarse precipitazioni nevose, accumulandosi anno dopo anno, si sono trasformate in ghiaccio conservando memoria delle caratteristiche dell’atmosfera al momento della loro deposizione. Le carote di ghiaccio estratte dalla calotta antartica sono dei cilindri di circa 10 cm di diametro e lunghi fino ad oltre 3 km. Queste costituiscono un vero e proprio archivio di informazioni climatiche ed ambientali fino a circa 1 milione di anni fa. Nel ghiaccio dell’Antartide, la temperatura locale nelle epoche passate è ricavabile dalla misura degli isotopi stabili di ossigeno e idrogeno; le condizioni idrologiche nei vicini continenti nonché l’intensità della circolazione atmosferica dalle polveri eoliche intrappolate; le caratteristiche degli altri aerosol dagli ioni maggiori e dagli elementi in traccia. Tuttavia le informazioni più peculiari fornite dalle carote sono conservate in bollicine d’aria intrappolate nel ghiaccio nelle quali si possono determinare le concentrazioni dei gas serra, tra cui l’anidride carbonica ed il metano, nell’atmosfera del passato.
Fig. 2 - Il progetto EPICA ha ricostruito le variazioni di temperatura dell’Antartide e delle concentrazioni di anidride carbonica (in parti per milione) e di metano (in parti per miliardo) in atmosfera fino a quasi un milione di anni fa.
Nonostante le variazioni di temperatura registrate durante gli ultimi cicli climatici (non solo nelle carote di ghiaccio polari ma anche in molti altri archivi climatici estratti a diverse latitudini) siano molto ampie, queste possono essere state influenzate solo in minima parte dalle variazioni dell’energia solare entrante nel sistema terrestre. I cicli di 40 e 20 mila anni relativi all’inclinazione e alla direzione dell’asse terrestre non possono infatti influenzare l’input globale di energia solare ma ne ridistribuiscono unicamente il flusso in funzione della latitudine. Solamente il ciclo di 100 mila anni legato all’eccentricità è in grado di produrre una piccola variazione dell’energia solare intercettata dal nostra pianeta. Tuttavia questa non è in grado di spiegare la larga oscillazione di temperatura (6 ºC circa a livello globale) registrata ogni 100 mila anni al termine dei periodi glaciali. Curiosamente il ciclo climatico di 100 mila anni ha fatto misteriosamente la sua comparsa solamente 1 milione di anni fa (Mid-Pleistocene revolution). Questo ciclo non costituisce dunque una modalità standard nella storia climatica del nostro pianeta, a differenza dei cicli di 40 e 20 mila anni che hanno invece caratterizzato il clima terrestre per diversi milioni di anni.
Se le variazioni dell’energia solare in entrata nel sistema terrestre non sono in grado di spiegare l’ampiezza delle fluttuazioni globali di temperatura ricorrenti ogni 100 mila anni, ne possono essere collegate ai cicli di 40 e 20 mila anni, le cause principali della variabilità climatica su scala orbitale, vanno ricercate nelle variazioni dell’energia in uscita dal nostro pianeta. Ecco allora che entrano in azione delle componenti interne al sistema terrestre che, sollecitate dalle tre cause primarie orbitali evidenziate, sono in grado di influenzarne il bilancio energetico globale mediante le cosiddette azioni di feedback. Le componenti interne più importanti sono le variazioni dell’albedo (l’energia solare riflessa dal pianeta) e delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera.
Dopo aver individuato i “mandanti” orbitali delle variazioni climatiche durante l’ultimo milione di anni, nella seconda parte di questo post cercheremo di ricostruire le possibili dinamiche di questi cambiamenti.
Testo di Paolo Gabrielli.99 Mesi ?!?

La radiazione cosmica… non ce la fa
Per chi non vuole riconoscere il ruolo preponderante dei gas serra di origine antropica nell’influenzare le temperature del recente passato e del futuro, si presenta il problema di trovare candidati alternativi.
Sebbene ne siano stati proposti altri (vulcani, macchie solari, emissioni naturali, ecc.), una delle tesi più diffuse anche in Italia propone una significativa influenza delle variazioni della radiazione cosmica sulla temperatura del pianeta. La teoria ha ormai più di 10 anni (è stata proposta fra il 1997 e il 2000 da pubblicazioni di Friis-Christensen, Svensmark e Marsh) ed è stata di fatto già archiviata dal dibattito scientifico sul clima come una teoria non confermata dai dati.
Secondo questa teoria, a determinare le variazioni del clima del pianeta sarebbe la radiazione cosmica, chiamata GCRI (galactic cosmic ray intensity), che influenzerebbe in modo significativo la copertura nuvolosa; quest’ultima altererebbe il bilancio energetico e quindi le temperature del pianeta.
Pur se un effetto di questo tipo esiste, molti lavori hanno mostrato come sia secondario rispetto ad altri fattori (es. i gas serra).
La review degli studiosi coordinati dall’IPCC ha mostrato nel Quarto Rapporto, da un lato come la variabilità della forzante solare dal 1750 al 2005 sia meno di un decimo rispetto a quella dei gas serra, dall’altro che la comprensione dei meccanismi con cui l’attività del sole influenza il clima del pianeta e la formazione di nubi e aerosol è ancora bassa.
Per questo sono molto utili i progressi della conoscenza scientifica, e per il contesto italiano è particolarmente utile il lavoro dei collaboratori di Climalteranti.it, che hanno tradotto due degli ultimi post di Realclimate (qui e qui), riguardanti proprio l’influenza della radiazione cosmica su nubi e aerosol.
La conclusione a cui si è giunti anche negli ultimi studi è in linea con quella di studi precedenti (la forza dei raggi cosmici è troppo bassa per influenzare significativamente le nubi e il clima), ma è comunque interessante cercare di capire il perché. Buona lettura, quindi.
Testo di Stefano Caserini, Paolo Gabrielli e Riccardo Reitano PS: Da notare che la traduzione dei post di Realclimate avviene ad opera di una ventina fra studenti, dottorandi e studiosi delle tematiche ambientali di tutta Italia, coordinati da Riccardo Reitano dell’università di Catania. Un significativo esempio di collaborazione interuniversitaria gratuita volta al progresso della conoscenza scientifica del clima e delle sue variazioni. Chi volesse contribuire alle traduzioni può inviare una email a segreteria chiocciolina climalteranti punto it.Un bel libro con una Prefazione poco aggiornata


Esiste una “clausola di revisione” del Pacchetto 20-20-20 ?

La Direttiva per la promozione delle fonti rinnovabili nell’articolo 23 (comma 8c) prevede che la Commissione, entro il 31 dicembre 2014, predisponga una relazione sull’implementazione della direttiva, in particolare con riferimento ai meccanismi di cooperazione al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi nazionali di promozione delle fonti rinnovabili, e tragga le opportune conclusioni ai fini del raggiungimento dell’obiettivo comunitario. Sulla base di questa relazione la Commissione potrà presentare al Consiglio e al Parlamento europeo modifiche ai meccanismi di cooperazione per migliorarne l’efficacia ai fini del raggiungimento del target comunitario del 20% (L’articolo citato al comma 8a prevede la possibilità di aggiustare il valore del tasso di emissioni evitate legato all’utilizzo dei biocombustibili). Quindi la clausola di revisione in questo caso riguarda la possibilità di modificare i meccanismi di cooperazione tra i paesi UE e tra questi e paesi terzi (ovvero i meccanismi di flessibilità previsti dalla direttiva) e non la possibilità di modificare gli obiettivi nazionali che restano pertanto vincolanti. La nuova Direttiva inclusa nel pacchetto clima-energia (il numero non è ancora stato assegnato) che modifica la direttiva attualmente in vigore (ovvero la direttiva 2003/87/EC che ha istituito il sistema europeo dei permessi negoziabili per la riduzione delle emissioni), disciplina gli aggiustamenti che saranno necessari in caso di sottoscrizione di un accordo internazionale per la riduzione delle emissioni nel periodo post-Kyoto. L’articolo 1 della citata Direttiva (1), in particolare, chiarisce che la Direttiva intende disciplinare anche il possibile aumento dell’impegno di riduzione dal 20% al 30% (2). Inoltre, in base all’articolo 28, entro tre mesi dalla firma di un accordo internazionale che assegni obbiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni più stringenti del 20% già previsto con riferimento all’anno 1990, e come già stabilito dall’impegno sottoscritto dal Consiglio europeo della primavera 2007 per l’innalzamento del target europeo dal 20% al 30%, la Commissione europea produrrà una relazione focalizzata sui seguenti punti principali: * gli impegni sottoscritti dagli altri paesi industrializzati e dai paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati; * le opzioni per l’Unione europea per innalzare l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 30%, anche in funzione di quanto conseguito durante il periodo di adempimento del Protocollo di Kyoto; * la competitività delle industrie manifatturiere esposte a carbon leakage; * l’impatto dell’accordo internazionale sugli altri settori produttivi (inclusa l’agricoltura); * i problemi legati alla silvicoltura e destinazione d’uso del suolo nei paesi terzi; * la necessità di misure ulteriori per il raggiungimento degli obiettivi comunitari e nazionali. Sulla base di questa relazione la Commissione presenterà eventualmente al Parlamento e al Consiglio europeo una proposta di revisione della direttiva EU ETS per renderla coerente con gli obiettivi previsti dall’accordo internazionale. Quindi, in questo caso, la clausola di revisione è finalizzata esplicitamente a rendere più stringente l’impegno già sottoscritto dall’Unione europea. Nel testo della direttiva non c’è alcuna menzione alla possibilità di rivedere verso il basso l’obiettivo vincolante del 20% al 2020 in caso di mancato accordo a livello internazionale per la riduzione delle emissioni. Per completezza di informazione si riporta anche una frase inclusa nel documento delle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo del 12 dicembre 2008. Al punto 23 di tale documento si legge che saranno valutati gli effetti sulla competitività dell’industria e di altri settori economici (3). Ma questo “assessment” è proprio quello indicato nell’elenco degli elementi riportati nell’art. 28 della nuova Direttiva ETS che la Commissione europea dovrà prendere in considerazione per rendere coerente gli impegni europei con quelli previsti dall’eventuale accordo internazionale. La “raccomandazione” della mozione non ha quindi, di fatto, alcuno spazio in Europa. Testo di: N.D. (1) Estratto dal testo della mozione approvata (1-00107, testo 3, 1 aprile 2009) … apprezzata la posizione espressa dal Governo italiano nel vertice del dicembre 2008 a Bruxelles, che ha condotto il Consiglio dei Capi di Governo dell'Unione europea ad approvare una clausola di eventuale revisione da trattarsi nel marzo 2010 a seguito degli esiti del vertice mondiale di Copenhagen, … si raccomanda… - di mantenere la linea espressa a Bruxelles di revisione dell'Accordo cosiddetto 20-20-20; - di ottenere in sede di revisione dell'Accordo cosiddetto 20-20-20, alla luce delle considerazioni di cui in premessa: a) una minor cogenza degli obiettivi quantitativi e temporali, escludendo, quindi a maggior ragione, ogni possibilità di loro inasprimento; b) una complessiva nuova scrittura dell'Accordo 20-20-20 stesso anche in funzione del coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo, senza l'intervento dei quali il richiamato Accordo, quand'anche teoricamente efficace, diverrebbe sostanzialmente inutile e penalizzante per i pochi sottoscrittori; …. (2) " This Directive also provides for the reductions of greenhouse gas emissions to be increased so as to contribute to the levels of reductions that are considered scientifically necessary to avoid dangerous climate change. This Directive also lays down provisions for assessing and implementing a stricter Community reduction commitment exceeding 20 %, to be applied upon the approval by the Community of an international agreement on climate change leading to greenhouse gas emission reductions exceeding those required in Article 9, as reflected in the 30 % commitment endorsed by the European Council of March 2007." (3) “The Commission will present to the European Council in March 2010 a detailed analysis of the results of the Copenhagen Conference, including the move from 20 % to 30 % reduction. On this basis the European Council will make an assessment of the situation, including its effects on the competitiveness of European industry and the other economic sectors”.
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