FenomenologiaTraduzioni

Emissioni nette zero / non zero

Il concetto di emissioni “nette zero” è spesso criticato perché potrebbe facilitare il posticipare le azioni di riduzione delle emissioni di gas serra. In realtà, come spiegato nel post di Gavin Schmidt su Realclimate, di cui pubblichiamo la traduzione, si tratta di un concetto utile, e solido dal punto di vista scientifico soprattutto se riferito a emissioni nette zero di CO2 e non al totale dei gas serra.

 

 

Alla Conferenza COP26 di Glasgow, gran parte della discussione ha riguardato gli obiettivi noti come “emissioni nette zero”. Questo concetto deriva da importanti risultati della fisica già evidenziati nel Rapporto Speciale su 1,5 ºC di riscaldamento globale, e approfonditi nell'ultimo rapporto IPCC: mostrano che il riscaldamento futuro è legato alle emissioni future e che cesserà effettivamente solo dopo che le emissioni antropogeniche di CO2 saranno bilanciate dalle rimozioni antropogeniche di CO2. Ma alcuni attivisti hanno (giustamente) sottolineato che le rimozioni di CO2 a grande scala non sono ancora state testate, e quindi fare affidamento su di esse in misura significativa per bilanciare le emissioni è come non impegnarsi affatto ad arrivare a emissioni nette zero. Il loro punto è che “emissioni nette zero” non equivale a “emissioni zero” e quindi potrebbero avere l'effetto di una cortina fumogena per un'azione climatica insufficiente. Per aiutare a risolvere questo problema potrebbero essere utili un po' di basi scientifiche.

 

 

“Emissioni nette zero di CO2” ha un reale significato geofisico

 

Con dati empirici e modelli migliori e più numerosi è diventato chiaro che, in prima approssimazione, l'eventuale riscaldamento antropico da biossido di carbonio è legato alle sue emissioni cumulative. Questa figura è tratta dal Sommario per i decisori politici del Sesto Rapporto IPCC (AR6-SPM, traduzione italiana a cura di Climalteranti, ndt):

Rapporto tra emissioni cumulative di CO2 e temperatura (SPM AR6).

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LibriRecensione

“Storie del Clima”, un libro sulla storia variegata e affascinante della climatologia

Alcuni degli slogan o dei commenti superficiali del negazionismo climatico orbitano intorno a un paio di temi principali: “Gli scienziati non sanno molto/non hanno capito molto di come funzioni il clima”, a sua volta connesso con “Gli scienziati sono in disaccordo sull’origine antropica del riscaldamento globale” e sul tema, già trattato ampiamente da Climalteranti, della climatologia che apparentemente non sarebbe “una scienza esatta”, ossia in grado di fornire previsioni affidabili, oppure persino che non sarebbe una scienza “galileiana”, ossia in grado di provvedere a esperimenti per testare le proprie ipotesi.

Anche per questo è nato Storie del Clima – dalla Mesopotamia agli Esopianeti, per la collana Microscopi di Hoepli Editore. Il libro vuole raccontare la storia della climatologia, come scienza di umilissime origini (clima è, per Eratostene, una fascia di territorio su cui il sole ha la medesima inclinazione) che ora si trova al centro del dibattito scientifico, ma anche politico e sociale, del mondo intero. Si parte dalle prime osservazioni e interpretazioni mesopotamiche per arrivare a quanto la climatologia possa dirci del clima di altri pianeti, passando attraverso il radicamento delle sue solide basi scientifiche e la scoperta, sempre più evidente e sempre più urgente, del riscaldamento globale di origine antropica. Questa evidenza e questa urgenza, con buona pace di molti negazionismi anche scientifici nostrani, è stata definitivamente consacrata dalla recentissima assegnazione del premio Nobel per la fisica a Manabe, Hasselmann e Parisi, proprio per i loro contributi alla modellizzazione di sistemi complessi e alla quantificazione del riscaldamento globale di origine antropica (si veda anche il post dedicato da Climalteranti). (altro…)

Accordo di ParigiNegoziazioni

I risultati della COP26 fra realtà, impazienza e cancel culture

Anche quest’anno i giudizi sul risultato della Conferenza delle Parti della Convenzione sul Clima sono stati caratterizzati da un’insoddisfazione più o meno velata. Ma anche se il lento e progressivo lavoro del negoziato sul clima non è all’altezza della grande urgenza che pone il cambiamento climatico in corso, la COP26 ha prodotto diversi risultati tutt’altro che trascurabili, che in passato – in tempi meno impazienti - sarebbero stati considerati dei successi.

La COP26 che si è svolta a Glasgow dal 31 ottobre al 13 novembre è stata di gran lunga la COP più seguita: la copertura di radio e televisioni è stata eccezionale, con frequenti servizi ad hoc nei telegiornali, aperture e tante pagine nei quotidiani nazionali. Per chi segue da anni le COP, si tratta di qualcosa che va al di là delle più rosee aspettative degli anni scorsi: il negoziato sul clima è vivo, ha un ruolo centrale nell’azione globale contro il cambiamento climatico. Le forze che in passato hanno cercato di marginalizzarlo, per lasciare spazio solo ad accordi bilaterali fra gli Stati (senza un negoziato quadro multilaterale), non potevano perdere in modo più clamoroso.

I risultati della COP26 hanno tuttavia lasciato molti scontenti, per motivi anche opposti. Si va da chi ci ha visto solo un inutile esercizio retorico, a chi (il forum dei paesi esportatori di gas) si è lamentato per la presenza alla COP26 della “cancel culture” verso i combustibili fossili! (nrd: per cancel culture (in italiano cultura del boicottaggio) si intende “una forma di ostracismo nella quale qualcuno diviene oggetto di indignate proteste e di conseguenza estromesso da cerchie sociali o professionali”). Va anche sottolineato che molti degli scontenti hanno evidenziato una scarsa conoscenza del processo negoziale e dei reali risultati della conferenza.

Oltre cinquanta le decisioni formalmente approvate a valle delle due settimane di lavoro, e tante altre dichiarazioni e impegni che, pur se non adottati formalmente, ne costituiscono un supporto fondamentale. Così tanti e complessi che non è facile fare un riassunto. Chi ci ha provato ha prodotto documenti pesanti, come la dettagliata e al solito ottima analisi approfondita dell’IISD – Earth Negotiations Bulletin (ENB) (40 pagine, ma la sostanza è in particolare nelle tre pagine delle conclusioni, da 37 a 39), nonché l’analisi di dettaglio dei risultati fatta da Carbon Brief, che vista la lunghezza potrebbe in futuro cambiare nome… in Carbon Long.

Come si diceva nel precedente post (ma anche per la COP25 di Madrid), inevitabilmente la COP26 non ha soddisfatto le eccessive attese e richieste, molte delle quali incompatibili con l’agenda, la struttura e i tempi del negoziato multilaterale sul clima. Ma ci sono alcuni punti fermi sui risultati, da cui si può partire per valutare quanto questa COP26 possa davvero essere, come è stato detto, la prima stazione di partenza del “treno dell’ambizione”.  

Ne presentiamo alcuni, e rimandiamo a successivi post o all’analisi del post di Carbon Brief per altri approfondimenti importanti. (altro…)

Accordo di ParigiNegoziazioni

Il successo e il fallimento alla COP26

La COP26 di Glasgow che si è aperta domenica 31 ottobre sta suscitando grandissime attese, e mai come quest’anno c’è attenzione sui suoi possibili risultati. Come per gli anni passati, le aspettative sulle conclusioni del lavoro della COP26 si basano molto spesso su una visione semplicistica del negoziato sul clima (e su come limitare gli impatti dei suoi cambiamenti). Alla Conferenza delle Parti sono attribuiti obiettivi e poteri che non le appartengono, e che finiscono per descrivere i possibili risultati del negoziato di queste settimane solo con la dicotomia “successo” vs “fallimento clamoroso”. Risultati intermedi non sembrano possibili o sono visti comunque come un fallimento.

Spesso il motivo per cui si sente già annunciare il fallimento della COP26 è che le ipotesi di successo si fondano su scenari fuori dalla realtà: sembrerebbe che nei 13 giorni del negoziato potrebbero essere prese decisioni in grado di risolvere la crisi climatica, permettendo di mantenere le temperature globali al di sotto di 1,5°C; e se queste decisioni, che nessuno prova neppure a descrivere negli aspetti concreti, non arrivassero, la COP sarebbe fallita.

Chi accetta questo tipo di impostazione sarà inevitabilmente deluso da quanto avverrà a Glasgow. Su queste basi, il fallimento è inevitabile. (altro…)

DibattitoinattivismoRetoricaTecnologietransizione

Illusione e pregiudizio. Ferruccio de Bortoli e la retorica che porta al ritardo nell’agire contro il riscaldamento globale

In due articoli di uno dei principali giornalisti italiani si ritrovano molti degli argomenti classificati in una recente pubblicazione come tipici ingredienti dei “Discourses of climate delay”

 

 


Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera e firma tra le più esperte e autorevoli del giornalismo economico italiano, è recentemente intervenuto sulla transizione energetica con due ampi articoli. Il primo sul Corriere Economia del 13 settembre scorso, prendendo spunto dalle polemiche seguite dalle dichiarazioni del Ministro Cingolani sul nucleare, per denunciare che il dibattito “è viziato da troppi equivoci, diffuse illusioni e pregiudizi ideologici”. Il secondo sul Corriere della Sera del 3 ottobre, in forma di editoriale, dal titolo “Le promesse e le verità del colibrì”; un commento al richiamo ad abbandonare il “bla bla bla” pronunciato da Greta Thunberg al meeting dei giovani dedicato al clima a Milano. Si tratta di due articoli che letti con attenzione svelano alcune delle retoriche che vanno per la maggiore nel dibattito sulla transizione energetica.

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Modelli ClimaticiPremioStoria

“Sono solo un climatologo”: la portata storica del Nobel in fisica a scienziati del clima

“Il premio Nobel è il sogno di tanti scienziati, ma la reazione di Hasselmann ‘preferirei non avere il riscaldamento globale né premio Nobel’ cattura bene l’ambiguità che proviamo in molti nel prevedere con successo eventi e tendenze che non vogliamo che si avverino.” Gavin Schmidt [1].

 

 

Secondo John Wettlaufer della Yale University, la reazione di Syukuro Manabe alla notizia dell’essersi laureato Premio Nobel in fisica per il 2021 è stata di assoluta sorpresa, sottolineata dal commento: “But I’m just a climatologist! (Ma sono solo un climatologo!)”.

In questa reazione di Manabe, Premio Nobel insieme con Klaus Hasselmann e Giorgio Parisi, sta tutta la portata storica dell’assegnazione del Nobel in fisica a scienziati del clima, e si ritrova tutta la storia di una disciplina che è stata ritenuta per secoli meramente compilatoria e classificatoria [2], un discorso debole [3], una scienza dotata solo di ‘una visione descrittiva del mondo naturale[4] e che, nel XX e nel XXI secolo, ha dovuto spesso lottare contro semplificazioni e negazionismi che non la volevano ‘scienza esatta’, ossia una scienza in grado di fornire accurate modellizzazioni e previsioni sul mondo naturale. Climalteranti si è occupata della querelle sulla climatologia come ‘scienza esatta’ qui e qui.

 

I media italiani hanno giustamente trattato dell’importanza del riconoscimento per il fisico Giorgio Parisi, il cui lavoro sui sistemi complessi ha a sua volta contribuito ad una comprensione più profonda del sistema atmosfera e del sistema clima, entrambi sistemi complessi “naturali”. In questo senso, uno dei lavori più importanti di Parisi è del 1982, e tratta della risonanza stocastica nel cambiamento climatico, ossia dell’amplificazione di perturbazioni casuali connessa all’interazione di processi non lineari nel sistema climatico nel contesto di forzanti esterne ad esso [5]. Qui vorremmo soffermarci un po’ di più sui ruoli chiave di Manabe (nella foto) e di Hasselmann, meno ampiamente trattati dai mezzi di informazione in lingua italiana. (altro…)

BufaleDisinformazioneErroriTelevisioniTrasporti

La transizione energetica a Piazzapulita: l’inattivismo fra errori, falsità e brum-brum (seconda parte)

 

La seconda puntata di Piazzapulita che si è occupata della transizione ecologica, il 30 settembre, ha iniziato ad affrontare il tema dopo 2h 15’ 40’’. Come nella prima puntata, l’introduzione ha proposto un frame negativo, se non derisorio.

 

Una grande impostura?

Il conduttore Corrado Formigli si rivolge all’autore e critico televisivo Carlo Freccero, dicendo “C’è chi la pensa come te, c’è chi pensa che la transizione ecologica sia una grande impostura.. e come la pandemia sia un pretesto…

Freccero si sovrappone in modo piuttosto esagitato spiegando che il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) si inserirebbe nel disegno di un grande “reset” di cui aveva parlato in precedenza.

Riprende Formigli “Guardate che sull’auto elettrica ci hanno massacrato perché abbiamo fatto qualche critica.

Interviene l’esperto virologo prof. Crisanti “Io ce l' ho l’auto elettrica, mi devo sentire in colpa?

Formigli “No no, per niente, si deve guardare il blocco pure Lei, perché è eccezionale

Prima della pubblicità parte quindi un servizio con il rumore di brum-brum di un’auto sportiva rossa, con un signore sorridente alla guida a cui la giornalista di PiazzaPulita grida (per sovrapporsi al forte rumore del motore) “Sembra di stare su una pista di decollo… ogni sgasata c’è una Greta Thumberg o un’ecologista che muore”. (altro…)

BufaleDisinformazioneErroriTelevisioni

La transizione energetica a Piazzapulita: l’inattivismo fra errori, falsità e brum-brum (prima parte)

Due puntate della trasmissione Piazzapulita hanno mostrato come le difficoltà della transizione energetica siano anche dovute al ritardo culturale del giornalismo italiano, all’incapacità di costruire un racconto e un dibattito su un tema complesso che non sia caratterizzato da confusione, approssimazione e una quantità davvero eccessiva di fake news. E viziato da un frame inattivista.

 

La prima delle due puntate della trasmissione Piazzapulita che ha affrontato il tema della transizione energetica (23 settembre, si può rivedere qui), ha avuto come ospite il ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, ed è stata caratterizzata da alcune informazioni utili agli spettatori, condite con una quantità molto elevata di errori e vere e proprie bufale. Prima di esaminarli, riportando le affermazioni e le necessarie correzioni, è però necessario valutare il modo con cui è stato introdotto il tema della transizione ecologica.

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LibriRecensione

Una voce dalla prima linea della nuova guerra del clima

È uscito nelle librerie l’edizione italiana del nuovo libro di Michael Mann “La nuova guerra del clima” (Edizioni Ambiente), un libro importante nel dibattito su come contrastare la crisi climatica e le forze che impediscono il cambiamento.

Se quella contro il cambiamento climatico può essere definita una guerra, Michael Mann è da un paio di decenni in prima linea. Lo era a fine anni ’90, quando da giovane ricercatore fu costretto a subire pesanti attacchi a causa dei risultati delle sue ricerche. Lo è oggi, da climatologo di fama mondiale, con un curriculum impressionante fatto di decine pubblicazioni scientifiche sulle riviste più prestigiose, ma anche una delle voci più incisive e ascoltate del dibattito internazionale sul clima.

Da questa posizione Mann fornisce un racconto utile per orientarsi in questi tempi in cui finalmente il cambiamento climatico è entrato nel dibattito pubblico, presente regolarmente sui giornali e nelle homepage dei portali informativi online. E non solo a causa dei disastri causati dal surriscaldamento globale.

Anche se la situazione degli Stati Uniti ha molti aspetti particolari, il libro di Mann è di grande importanza anche per noi italiani ed europei. Anche sui nostri mezzi di informazione e sui nostri social si possono incontrare le diversi tipologie di inattivisti del clima (splendido neologismo usato da Mann): chi diffonde disinformazione, chi inganna, chi cerca di dividere gli ambientalisti, chi vuole rallentare le azioni, chi sparge disperazione e rassegnazione.

Pensiamo ad esempio alle reazioni che ci sono state al pacchetto “Fit for 55” proposto nel luglio 2021 dalla Commissione europea. Un atto legislativo inevitabile, un passo necessario nel percorso per rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi, per raggiungere gli obiettivi della Legge europea sul clima approvata il precedente dicembre da Parlamento e Consiglio europeo. Eppure, quante voci hanno diffuso timori per i possibili costi per consumatori e aziende, con toni da tragedia. Quante altre hanno cercato di mettere in discussione l’utilità delle energie rinnovabili o della tassazione della CO2. Quante hanno cercato di personalizzare gli attacchi, quel “shooting the messenger” (sparare al messaggero) di cui parla Mann.

O pensiamo a quanto, anche da noi, ha preso piede la narrazione dell’inevitabilità della catastrofe climatica, della prossima inabitabilità della Terra, dell’estinzione dell’umanità all’orizzonte, o dell’inutilità delle contromisure. Sempre di più anche da noi sono le voci che esagerano una situazione già abbastanza grave, come recita il titolo del capitolo 8 del libro.

La nuova guerra del clima non è solo un racconto dettagliato dei tanti assalti alla scienza e alle politiche climatiche da parte del negazionismo al soldo delle lobby fossili, dei politici sul loro libro paga, dei legami di questi poteri con i media di Murdoch o con gli oscuri hacker russi, delle tecniche usate per diffondere la disinformazione. È anche una rassegna aggiornata delle diverse forme di negazionismo soft: che non mette più in discussione la realtà del riscaldamento globale e delle responsabilità umane, ma cerca argomenti e tecniche più efficaci per lo stesso obiettivo, impedire le riforme legislative che potrebbero ridurre i profitti del sistema energetico basato sui combustibili fossili. Ad esempio spostando l’attenzione sui comportamenti individuali, enfatizzandone l’importanza in un’azione di distrazione di massa. È un album degli attori in campo, riportati con nomi e cognomi, con i dettagli delle loro dichiarazioni o con i link ai loro tweet. Molti di questi nomi, i vari Bjorn Lomborg, Michael Shellenberger o Michael Moore hanno avuto notorietà anche in Italia.

Mann ha parole molto dure sui danni portati da alcuni interventi che molto hanno fatto discutere e riflettere, ad esempio i saggi “La terra inabitabile” di David Wallace-Wells o “E se smettessimo di fingere” di Jonathan Franzen. Mann mette in guardia dalla pericolosità di visioni eccessivamente cupe del nostro futuro, sente il pericolo che possano portare a paralisi e disperazione. Arriva a definirle “pornografia climatica” e ci esorta a leggere con freddezza i dati scientifici: seppur l’incertezza non è nostra amica, le migliori proiezioni non prevedono quegli scenari (si veda ad esempio il capitolo 4 del recente Sesto Rapporto IPCC-WG1). È ancora possibile incidere sulla traiettoria delle temperature del pianeta. Non è affatto inevitabile che le previsioni più fosche debbano avverarsi. Quello che gli esseri umani faranno nei prossimi anni e decenni conta, eccome. (altro…)

Ghiaccilivello del mareProiezioniTraduzioni

Il livello del mare nel 6° assessment report dell’IPCC (AR6)

Pubblichiamo la traduzione in italiano del post pubblicato dall’oceanografo Stefan Rahmstorf su Realclimate su un tema chiave nel dibattito scientifico sugli impatti del riscaldamento globale.

 

Anticipo le mie 3 principali impressioni:

- le proiezioni per il 2100 del livello del mare sono state ancora corrette verso l’alto;

- l’IPCC ha introdotto un nuovo scenario di rischio di alta fascia, stabilendo che un innalzamento globale del livello “che si avvii verso 2 m per il 2100 e 5 m per il 2150 in uno scenario di altissime emissioni di gas serra non può essere escluso a causa dell’incertezza sui processi delle calotte glaciali”;

- l’IPCC presta più attenzione al grande innalzamento del livello del mare di lungo termine, oltre l’anno 2100.


Qui è riportato il grafico principale sul livello del mare presente nel Sommario per i Policymaker (ndt: traduzione di Erminio Cella).

Fonte: IPCC AR6, Fig. SPM.8

 

Questo illustra chiaramente come il livello del mare inizi a salire lentamente; ma a lungo termine, l’innalzamento causato dalla combustione dei combustibili fossili e dalla deforestazione potrebbe letteralmente uscire dal diagramma, portando all’inondazione di molte città costiere e cancellando dalle carte geografiche intere nazioni insulari. Ma cominciamo dalle cose fondamentali. (altro…)

Come comunicare la crisi climatica ai disimpegnati
Comunicazione

Come comunicare la crisi climatica ai disimpegnati

Una guida realizzata nell’ambito del progetto europeo NoPlanetB fornisce utili suggerimenti su come sensibilizzare sul cambiamento chi oggi lo considera un tema secondario.   Diversi segnali suggeriscono come negli ultimi anni la scienza in generale sia stata messa sempre più in discussione, sia da parte dell’opinione pubblica che da alcuni settori politici e mediatici, sulla scia di una generale messa in discussione di alcuni valori ai quali eravamo abituati, fra cui inclusione, democrazia, un ruolo super partes delle istituzioni pubbliche....
Immaginre sulla Neutralità climatica 100%
EnergiaMitigazione

100% di elettricità rinnovabile è possibile

Un rapporto mostra in 40 punti come la decarbonizzazione del sistema elettrico solo con energia rinnovabile non solo sia possibile, ma può essere realizzata in diversi modi, caratterizzati da alcuni elementi comuni.   È stato recentemente presentato Il Rapporto “Elementi per un’Italia 100% rinnovabile”, promosso dalla Rete 100% Rinnovabili, preparato e sottoscritto da 25 docenti e ricercatori italiani, che mostra come sia possibile e conveniente decarbonizzare la produzione di elettricità utilizzando unicamente fonti energetiche rinnovabili. Il documento discute le leve...
Copertina di "Manuale di psicologia"
Psicologia

Il manuale di psicologia climatica: una guida per affrontare l’impatto psicologico della crisi climatica ed ecologica

Negli ultimi anni, la crisi climatica ed ecologica è passata da questione scientifica e politica ad una vera e propria emergenza di salute pubblica. L’aumento degli eventi estremi e delle loro conseguenze disastrose ha effetti su scala globale, con gravi ripercussioni sulla salute fisica (Filippini et al., 2024) e mentale (IPCC, 2022; Charlson et al., 2021: Cianconi et al. 2023).   Il Manuale Oltre all’aumento di disturbi psichiatrici come il disturbo post-traumatico da stress e la depressione maggiore dopo eventi...
Convegni

Scenari climatici tra decarbonizzazione spinta e punti di non ritorno

Lo scorso 2 dicembre 2024 si è svolto presso il Politecnico di Milano l’evento “Scenari climatici tra decarbonizzazione spinta e punti di non ritorno”. L’evento è stato organizzato in collaborazione con climalteranti.it, dal cui comitato scientifico provengono numerosi dei relatori intervenuti. Nel seguito è riportata una sintesi di alcuni interventi. La registrazione dell’evento è disponibile qui, mentre le slide presentate dai relatori durante la conferenza sono scaricabili qui.   Segnali di ottimismo in tempi bui L’intervento iniziale di Mario Grosso...
Accordo di ParigiAcidificazioneRecordRicordiStatisticheTemperatureTipping point

Il clamoroso e preoccupante record delle temperature medie globali nel 2024

Le consuete analisi di inizio anno sui dati della NOAA/NCEP e, per confronto, su quelle relative ad altri tre database climatici, concordano sul fatto che, per il secondo anno consecutivo (ma come anche successo nel 2019 e nel 2020), l’anno appena trascorso è risultato il più caldo da quando si misurano le temperature. L’aumento di temperatura di +1,54 °C rispetto al periodo preindustriale è un dato molto preoccupante, ma ancora non implica il superamento del limite previsto dell’accordo di Parigi....
Auto elettricaTrasporti

L’auto termica green di Francesco Giavazzi non esiste

Fra gli autori delle panzane che inquinano il dibattito sulla transizione energetica, si è aggiunto lo storico editorialista del Corriere della Sera Francesco Giavazzi, che in un editoriale del 28 dicembre 2024 ha sostenuto una tesi facilmente confutabile, la presunta esistenza di auto a combustione interna in grado di emettere poche decine di grammi di CO2 per km, ossia l’80-90% in meno di quelle oggi circolanti. Il contesto è un articolo intitolato “Le scelte (utili) sui conti” in cui lo...
Auto elettrica al caricamento
Auto elettricainattivismoTrasporti

Il fuoco amico, una forma di inattivismo climatico: 2/ l’opposizione alle auto elettriche

Le emissioni di CO2 dai trasporti sono le uniche ad essere sostanzialmente aumentate in Europa nel periodo 1990-2022 (+26%). Il contributo del trasporto su strada è oggi pari al 70% delle emissioni da trasporto, e all’interno di quest’ultimo il peso delle automobili è pari al 60% (dettagli e infografiche disponibili qua). In Italia un quarto delle emissioni è dovuto ai trasporti, e le automobili italiane emettono circa 60 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, una cifra pari alle emissioni...
COPfinanzaNegoziazioni

Finanziamenti e meccanismi di supporto all’azione climatica: alcuni risultati della COP29

Moltiplicati per tre gli impegni finanziari dei paesi sviluppati per favorire l’azione sul clima, menzionati le migliaia di miliardi a cui si dovrà arrivare, approvate le basi dei meccanismi di mercato e di trasferimento internazionali dei crediti, lanciato il miglioramento della nuova piattaforma per i meccanismi non di mercato: avanzamenti utili ed importanti. In attesa del rilancio degli impegni nazionali previsto nel 2025.   La COP29 che si è svolta a Baku dall’11 al 24 novembre è stata una COP...
Eventi estremiImpatti

Cerchiamo di metterci in tempo le mani

La catastrofica alluvione che ha colpito la zona di Valencia ha costretto molti mezzi di informazione ad occuparsi del legame fra riscaldamento globale e l’aumento dell’intensità degli eventi estremi di precipitazione. Come noto, si tratta di un legame da tempo messo in luce dai climatologi (si veda ad esempio il libro Tempeste di James Hansen, pubblicato nel 2008), evidenziato chiaramente nella letteratura scientifica, e ben riassunto dall’ultimo rapporto IPCC, come già discusso qui. In diverse trasmissioni televisive (ad esempio qui...
inattivismo

Il fuoco amico, una forma di inattivismo climatico: 1/ l’opposizione alle energie rinnovabili

Climalteranti ha sempre contrastato il negazionismo climatico, sia confutando le argomentazioni più fallaci sulle cause del riscaldamento globale in corso, sia contrastando chi vuole ritardare l’azione di mitigazione dei cambiamenti climatici. Negli ultimi tempi però sta emergendo, anche tra persone attivamente schierate a favore della tutela dell’ambiente, una tendenza verso sforzi inadeguati, in grado di indebolire la già insufficiente lotta alla crisi climatica; il che costituisce una minaccia probabilmente ancora più subdola, una forma di vero e proprio “inattivismo climatico”....