Il successo e il fallimento alla COP26
La COP26 di Glasgow che si è aperta domenica 31 ottobre sta suscitando grandissime attese, e mai come quest’anno c’è attenzione sui suoi possibili risultati. Come per gli anni passati, le aspettative sulle conclusioni del lavoro della COP26 si basano molto spesso su una visione semplicistica del negoziato sul clima (e su come limitare gli impatti dei suoi cambiamenti). Alla Conferenza delle Parti sono attribuiti obiettivi e poteri che non le appartengono, e che finiscono per descrivere i possibili risultati del negoziato di queste settimane solo con la dicotomia “successo” vs “fallimento clamoroso”. Risultati intermedi non sembrano possibili o sono visti comunque come un fallimento.
Spesso il motivo per cui si sente già annunciare il fallimento della COP26 è che le ipotesi di successo si fondano su scenari fuori dalla realtà: sembrerebbe che nei 13 giorni del negoziato potrebbero essere prese decisioni in grado di risolvere la crisi climatica, permettendo di mantenere le temperature globali al di sotto di 1,5°C; e se queste decisioni, che nessuno prova neppure a descrivere negli aspetti concreti, non arrivassero, la COP sarebbe fallita.
Chi accetta questo tipo di impostazione sarà inevitabilmente deluso da quanto avverrà a Glasgow. Su queste basi, il fallimento è inevitabile.
* * *
La XXVI sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è solo uno dei passi nel lungo percorso di un negoziato multilaterale.
Nasce nel 1992 con l’approvazione della UNFCCC e ha avuto nella COP3 di Kyoto nel 1997 e nella COP21 di Parigi del 2015 i momenti diventati più importanti, con l’approvazione di due atti implementativi della Convenzione (Protocollo di Kyoto e Accordo di Parigi). In tutte le altre COP sono sempre state prese decine di decisioni, alcune fondamentali per preparare i successivi accordi e il loro funzionamento. Molte decisioni non sono state prese o sono state rinviate, per il disaccordo fra le Parti; ma anche nelle COP più tecniche e meno di interesse per i mezzi di informazione sono stati posati piccoli mattoni che reggono la struttura del negoziato. Pensiamo ai “mandati” di Berlino1996, ai “piani d’azione” di Bali 2007 o alla “piattaforma” di Durban 2011.
Già per la COP24 abbiamo spiegato come descrivere le COP come un nulla di fatto, o un’inutile perdita di tempo, rappresenti un errore legato alla mancanza di conoscenza del processo negoziale e in generale del modo in cui operano i trattati internazionali. Quello sul clima ha quasi trent’anni di storia (gli ultimi 13 anni raccontati anche nei 53 posti pubblicati sul tema da Climalteranti) ed è destinato ad averne almeno altrettanti davanti. Un negoziato in cui le Parti sono definite, in cui c’è un’agenda stabilita con largo anticipo, in cui le decisioni sono prese in modo formale quanto faticoso, ricercando un consenso unanime.
Pur se il negoziato non può per sua natura averi effetti concreti diretti, ossia non è un organo deliberativo che può imporre delle azioni ai singoli Stati, li ha sicuramente in termini indiretti, perché è nel quadro del “rulebook” dell’Accordo di Parigi che sono definiti gli impegni dei singoli Stati, tramite gli NDC, i Contributi Determinati a livello Nazionale. Ad esempio, l’aggiornamento dell’NDC europeo inviato nel 2020, che ha rivisto al rialzo l’impegno europeo alla riduzione dei gas serra (dal -40/% al -55% nel 2030 rispetto al 1990), ha poi conseguenze sulle politiche europee (si veda il recente pacchetto legislativo “Fit for 55”) e quindi sulle legislazioni degli Stati membri.
Ricordando, per chi volesse approfondire il tema, che quest’anno è disponibile un agile testo che spiega nel dettaglio il negoziato sul clima (Federico Brocchieri, I negoziati sul clima, edito da Edizioni Ambiente, presentazione qui), riportiamo qui alcune informazioni che possono essere utili sulla COP26.
* * *
La COP26 ha un’agenda ben definita (si trova qui). Ogni decisione viene discussa e finalizzata dagli organi sussidiari del negoziato: SBSTA (Subsidiary Body of Scientific and Technological Advice, qui la sua agenda alla COP26) e SBI (Subsidiary Body for Implementation, agenda qui).
Tanti altri sono gli eventi che si accavallano nelle stanze del summit, i tanti Side event, gli incontri e i dialoghi fra le Parti e gli osservatori, le conferenze stampa, fino al World Leader Summit.
Fra i tanti temi in discussione alla COP, quelli principali sono:
- Completamento del “Libro delle Regole” dell’Accordo di Parigi, per quanto riguarda l’articolo 6 – i meccanismi di mercato.
- Spinta all’aggiornamento degli NDC, gli impegni per ridurre le emissioni di gas serra presi dai paesi nell’ambito dell’Accordo di Parigi e da aggiornare ogni 5 anni (è appena arrivato l’aggiornamento del NDC della Cina, dopo quelli di Europa e Stati Uniti e tanti altri paesi).
- Aumento del supporto finanziario, sia pubblico che privato.
È sui maggiori o minori avanzamenti su questi tre aspetti che potrà essere misurato l’esito dei lavori della COP26. Ma non sarà la COP26 a risolvere la crisi climatica, e a far chiudere i battenti all’UNFCCC.
* * *
Buona parte della COP26 può essere seguita da casa, grazie all’efficace servizio di webcast dell’UNFCCC con cui si può assistere a tutte le plenarie del negoziato e a molti altri eventi collaterali o alle conferenze stampa. La pagina ufficiale della COP26 è qui.
Per rimanere aggiornati sul negoziato e approfondire si raccomandano i dettagliati resoconti quotidiani dell’IISD, l’eco-blog del Climate Action Network e i bollettini giornalieri dell’Italian Climate Network (è possibile iscriversi qui).
Testo di Stefano Caserini, con contributi di Sylvie Coyaud e Mario Grosso
21 responses so far
“descrivere le COP come un nulla di fatto, o un’inutile perdita di tempo, rappresenti un errore legato alla mancanza di conoscenza del processo negoziale e in generale del modo in cui operano i trattati internazional”
Ditelo a Greta che sta già in piazza a gridare al “tradimento” prima ancora che la Cop26 sia finita……..
Intanto la Cina aumenta la produzione di carbone:
https://www.ansa.it/cop26/notizie/news/2021/11/02/cop26-cina-sale-la-produzione-di-carbone-di-11-milioni-di-tonnellate_c58351e1-2764-4ebb-a6a4-c86aa42dcf3a.html
Non che sia l’unica, eh…
@ Saragosa
Io la penso come Greta.
Le varie Cop e i vari G7-8-20 ecc non mi hanno mai interessato.
Non so se vi ricordate il documento che venne stilato dopo il G8 di Genova. Un insulto.
Il Corriere di lunedì ha riportato con toni trionfalistici i risultati dell’ultimo G20, in particolare riguardo la lotta al riscaldamento globale.
Sei pagine di nulla, che ho saltato, per leggermi, a pagina 7, un’intervista a una climatologa italiana che lavora negli Usa. Che in sostanza afferma che tutto va avanti come prima, peggio di prima.
Non avevo dubbi.
“Chi paga per la transizione…” comincia così un articolo sulla Cop26 nell’inserto Pianeta 20 21 del Corriere.
Ovviamente non l’ho letto.
Perché perdere tempo, quando bastano le prime due parole “Chi paga…” per sapere già quello che viene dopo? E che è sbagliato?
E’ un mantra che sentirete ripetere spesso “Chi paga…”?
Due parole che dicono già tutto.
Chi legge Climalteranti da tempo, vede che ogni COP porta con sè almeno un articolo come questo, che bacchetta i pessimisti superficiali. Io francamente apprezzo molto di più i dettagli che vengono forniti, piuttosto dei consueti richiami.
In generale, rimane in effetti viva una questione “di superficie”, che nessun richiamo potrà scalfire. Provo a metterla in termini matematici.
Si tratta del fatto che, mentre “la termodinamica fa il suo corso”, ci si lambicca sulle derivate n-esime nelle sue funzioni di governance internazionale.
Dall’analisi matematica sappiamo bene che solo eccezionalmente una funzione si può ben descrivere con la sola derivata prima: ci vogliono anche le altre, semprechè sia una funzione sviluppabile in serie di Taylor. Ecco perchè il richiamo va bene, e i dettagli forniti sono la cosa più importante: ci danno le derivate successive.
Ogni COP dà un termine in più nella serie, con una derivata successiva alle precedenti. E giustamente ci si consola per il fatto che si ottiene qualcosa.
Ma, anche se la funzione clima ancora non è un’esponenziale, che senso ha prendersela sempre con chi ci ricorda il termine dominante nella serie?
Poi, fatta salva la buona fede (uhm), c’è sempre qualcun altro che dice di non fare “bla bla bla” perchè si vanta di tenerci vivi i sogni! Vabbè… è la vita che va tenuta viva, mica i sogni!
Dunque, chiedo gentilmente a chi scrive post di abbondare nei dettagli e lasciarci la libertà anche di essere pessimisti di superficie. Le due cose non è detto siano in antitesi.
L’intervista del Corriere al neo-Nobel Parisi:
https://www.corriere.it/cronache/21_novembre_03/giorgio-parisi-emissioni-a5abeb3a-3c1d-11ec-810f-3ba9878274ac.shtml
complimenti per l’articolo puntuale e preciso, non c’è niente nell’agenda della COP26 che riguardi la questione della mitigazione e l’obiettivo 1.5. tutto quello (molto poco) che riguarda le azioni da intraprendere e gli impegni nazionali è già stato deciso a Parigi nel 2015 quando, purtroppo anche da queste pagine e da molte altre, l’accordo è stato accolto solo come un grande successo
Leonardo M.
@ non c’è niente nell’agenda della COP26 che riguardi la questione della mitigazione e l’obiettivo 1.5
Non è così, sono tanti i punti che riguardano la mitigazione e l’attuazione degli NDC. Ad esempio tutto il tema dell’art. 6 dell’AdP riguarda molto la mitigazione
Stefano Caserini
@ Non è così, sono tanti i punti che riguardano la mitigazione e l’attuazione degli NDC. Ad esempio tutto il tema dell’art. 6 dell’AdP riguarda molto la mitigazione
Molti si aspettano che la COP26 produca qualche decisione che ci faccia avanzare verso il raggiungimento dell’obiettivo 1.5 e questo non è possibile perchè non è in agenda. La COP non potrà mai obbligare gli Stati Uniti, la Cina o l’UE a fare di piu! Nel mio commento intendevo dire che le regole fondamentali (chi deve fare cosa e come) sono già state definite e solo un nuovo accordo internazionale potrebbe cambiarle. Ovvio che molti punti in agenda sulle regole nei vari organi sussidiari tocchino la mitigazione: art. 6, common timeframes, NDC tracking ecc ..
@ Antonino C. Bonan
Grazie per il commento.
Di motivi per essere pessimisti ce ne sono in abbondanza, e su Climaltetanti certo non li nascondiamo; il post vorrebbe solo suggerire di evitare di essere pessimisti per motivi che non sono ben fondati.
Da tempo discutiamo i limiti del negoziato sul clima; penso che sarebbe utile evitare di vedere tutto il processo negoziale come una perdita di tempo o viceversa una COP come il luogo in cui si salva il mondo.
@ Leonardo
@ le regole fondamentali (chi deve fare cosa e come) sono già state definite e solo un nuovo accordo internazionale potrebbe cambiarle.
Ogni 5 anni i diversi paesi devono aggiornare i loro NDC indicando quanto intendono ridurre le emissioni; quindi non hanno bisognodi un nuovo accordo per aumentare i loro impegni
Certo se le Corporation possono fare causa ai governi per i mancati guadagni dovuti alla transizione siamo messi male:
https://www.theguardian.com/environment/2021/nov/03/secretive-court-system-poses-threat-to-climate-deal-says-whistleblower
@Paolo
Prima c’era il Gatt.
Lo scopo era promuovere il commercio, ma chi si tirava indietro (per qualunque ragione, giusta o sbagliata che fosse), poteva farlo, non c’erano sanzioni.
Allora si è passati alla Wto.
Lì se sgarravi venivi sanzionato.
Ma erano gli Stati che dovevano rivolgersi all’organo di risoluzione delle controversie. E le sanzioni previste sono la possibilità di mettere in atto delle ritorsioni tariffarie.
Allora si è passati agli accordi bilaterali.
Le imprese citano in giudizio direttamente i Governi e si fanno versare i mancati introiti.
L’economia globale è sostanzialmente gestita da un racket di estorsori. Se sei un piccolo artigiano paghi un sacco di tasse, se sei Google paghi al massimo il 20% e si scusano pure di farti pagare meno.
In tutto il mondo occidentale non c’è, non dico un partito, ma un solo uomo politico che si oppone a questo stato di fatto.
@Stefano
Ogni 5 anni i diversi paesi devono aggiornare i loro NDC indicando quanto intendono ridurre le emissioni; quindi non hanno bisognodi un nuovo accordo per aumentare i loro impegni
Come si è visto per la seconda ondata di NDC (2020/21), non tutti i paesi lo fanno e lo faranno e soprattutto non tutti i paesi aumenteranno l’ambizione
Quindi non sarebbe possibile, in linea teorica, uscire da una COP con un impegno di tutti le Parti ad abolire il rilascio di nuove concessioni di giacimenti fossili ad esempio? Cioè sarebbe possibile ma sarebbero solo dichiarazioni? Ho in mente l’esempio di quest’anno che l’Italia e altri paesi hanno dichiarato lo stop ai sussidi a fonti fossili non abbattute, in teoria potevano dichiarare di più no? Se è sbagliato pensare che alle COP si faccia tanto vorrei allora vedere uno scenario ipotetico di COP conclusa in modo soddisfacente, con quali accordi( ad esempio) dovrebbe terminare per considerarsi tale?
Steve Keen è uno dei pochi economisti al mondo che prende sul serio i cambiamenti climatici.
Ecco un suo articolo:
https://iai.tv/articles/what-economists-get-wrong-about-climate-change-auid-1970?_auid=2020
Dovremo farci l’abitudine. L’economia è la scienza che si fonda sulla disconnessione di ogni cosa con ogni altra cosa.
Solo le variabili prese in considerazione nei loro paper hanno delle relazioni causali fa di loro.
Tutto il resto è come se non esistesse.
ma non fate il solito post con il vostro commento ai risultati della COP?
ci stiamo lavorando, è che prima di scrivere leggiamo i documenti, almeno quelli più importanti, e c’è tanto da leggere…
[…] si diceva nel precedente post (ma anche per la COP25 di Madrid), inevitabilmente la COP26 non ha soddisfatto le eccessive attese […]
[…] stesura. Un processo che non ha mai preteso di risolvere da solo la crisi climatica (si legga l’articolo di Stefano Caserini su Climalteranti), ma che può segnare un cambiamento graduale e inesorabile […]
[…] riguardo alla storia degli eventi inquinanti di un luogo. <https://bit.ly/3EH1C9u>Il successo e il fallimento alla COP26Cop26, cosa prevede davvero l’accordo sul taglio delle emissioni di metano (che ignora gli […]
[…] camuffato, pone in risalto la pericolosità di visioni “eccessivamente cupe del nostro futuro”. Il secondo articolo verte sulla COP 26 di Glasgow e sui risultati che essa potrà produrre. Anche in questo caso vi è una sorta di messa in guardia: contro “una visione semplicistica del […]