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Le tesi dell’inattivismo climatico – parte I: gli impatti dell’energia solare e eolica

Sul sito del Corriere della Sera sono state riproposte molte tesi tipiche dell’inattivismo climatico, che hanno l’obiettivo di rallentare la transizione energetica. Pubblichiamo qui la prima parte di una serie di post che hanno l’obiettivo di confutare queste argomentazioni, partendo da quella secondo cui gli impianti di energia rinnovabile, e in particolare di solare fotovoltaica e eolica, avrebbero forti impatti ambientali, o che non sarebbero convenienti da un punto di vista ambientale. Una tesi basata su esagerazioni, distorsioni e a volte sostenuta con argomenti stravaganti.

Articolo criticabile "Occorre equilibrio tra Riduzioni di Emissioni e Ambiente"

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L’articolo pubblicato sulla rubrica “Opinioni” del Corriere della Sera del 10 settembre 2025, a firma di Massimo Ammaniti e Francesco Pratesi, rappresenta un ottimo esempio della narrazione “inattivista” sul clima, che diffonde informazioni false e tesi infondate sulla transizione energetica.

Come già argomentato in precedenti post, l’inattivismo climatico è molto diverso dal negazionismo: infatti, gli autori scrivono in apertura “ridurre le emissioni inquinanti che danneggiano l’ambiente è oggi una sfida indispensabile, anche perché gli effetti del cambiamento climatico sono davanti agli occhi di tutti: ondate di calore, siccità, eventi estremi di fronte ai quali è impossibile continuare a sottovalutarli e addirittura a negarli” e che “è necessario che l’Europa e l’Italia si impegnino a trovare soluzioni adeguate dal momento che le strade intraprese fino ad ora non sembrano le più efficaci e sostenibili”. Il problema è che, dopo l’affermazione dell’importanza della lotta alla crisi climatica, nel discorso inattivista arrivano i “ma”, i “tuttavia”, i “però”; a cui seguono tesi che di fatto arrivano a contestare quanto si sta facendo per contrastare la crisi climatica. Senza di fatto proporre alternative concrete, se non generici appelli a fare meglio o retoriche aspirazioni benaltriste.

Le cicatrici permanenti

L’articolo inizia con l’utilizzo di una tipica tecnica retorica, l’iperbole, ossia prefigurare scenari in cui lo sviluppo delle rinnovabili diventerebbe “un nuovo “boom” senza regole, come avvenne con la speculazione edilizia selvaggia degli anni ’60 e ’70 che ha lasciato cicatrici permanenti nel tessuto ambientale delle nostre coste, delle città e dei paesi”, in cui si rischierebbe di avere “torri eoliche alte più di 200 metri e distese sterminate di pannelli fotovoltaici neri in zone agricole, turistiche, di valore paesaggistico e archeologico”.

Immagine di campagna

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Non si può certo negare che qualche impianto possa avere impatti paesaggistici, ma lo scenario descritto sembra chiaramente una distorsione della realtà. Innanzitutto, perché la dismissione di un impianto fotovoltaico ed eolico non è certo complessa, se confrontata con quella di una centrale termoelettrica, nucleare, o di una raffineria. Dunque, è davvero poco credibile che la cicatrice possa essere permanente. Inoltre, il paragone con il boom edilizio o la speculazione edilizia non regge. Rispetto agli edifici, gli impianti rinnovabili sono molti di meno, si trovano in altri luoghi e pongono problemi paesaggistici completamenti diversi. Il richiamo alla speculazione edilizia è un “argomento fantoccio” (straw man fallacy), usato per evitare di affrontare la questione vera, i reali vantaggi e svantaggi di questi impianti per il territorio.

Il ciclo di vita di solare ed eolico

Un altro argomento inattivista molto utilizzato e presente nell’articolo è che, se si considerasse il ciclo di vita degli impianti, eolico e fotovoltaico avrebbero bilanci negativi. Questo tipo di tesi, destituito di ogni fondamento, è solitamente esposto in modo confuso, senza chiari riferimenti scientifici, e utilizza spesso in modo sistematico i dati più pessimistici per le rinnovabili. Ad esempio, nell’articolo citato di Ammaniti e Pratesi si scrive che torri eoliche e pannelli fotovoltaici avrebbero una durata “di circa vent’anni”: in realtà mentre per la pale eoliche del passato la durata era di 20 anni, per i nuovi impianti la durata è stimata intorno ai 25 anni, e si può anche estendere la vita operativa anche oltre 30 anni con adeguati interventi di manutenzione; per gli impianti fotovoltaici la durata degli impianti attuali è già stimata in 25-30 anni (si veda qui e qui). Senza contare che buona parte dei materiali che li compongono si possono già oggi riciclare. In ogni caso, tutti gli studi sul ciclo di vita degli impianti a energie rinnovabili mostrano un tempo di pay-back massimo di 2-3 anni, anche per installazioni complesse come parchi eolici offshore (si veda ad esempio qua). Per le “batterie energetiche” si scrive che la durata sarebbe di appena dieci anni, ma va ricordato che oltre alla durata nell’utilizzo principale, stimata in 8-15 anni (in relazione a tipologia, cicli di carica, condizioni termiche), quando la capacità si riduce al di sotto del livello per cui non è più considerata adeguata per un veicolo (es. 70%), una batteria può avere ancora 5-10 di utilizzo “second life” in applicazioni meno esigenti, ad esempio come accumulo stazionario per impianti solari/eolici. Successivamente le batterie esauste possono subire processi di remanufacturing (ovvero disassemblaggio finalizzato alla riparazione e al ripristino delle componenti), e solo all’ultimo di riciclo vero e proprio, finalizzato a recuperare tutti gli elementi principali. Sulla durata effettiva delle batterie in condizioni reali vale inoltre la pena citare i risultati di un recente studio di Stanford, che ha rilevato una longevità effettiva delle batterie dei veicoli superiore del 40% rispetto a quanto atteso.

I danni “in via di conferma” dei materiali degradabili delle pale eoliche

Fra le argomentazioni utilizzate contro l’energia solare ed eolica ci sono anche quelle stravaganti, proposte senza curarsi più di tanto della loro fondatezza, ma basate su dicerie. Ad esempio, nell’articolo di Ammaniti e Pratesi si scrive che pannelli solari e pale eoliche conterrebbero “materiali degradabili, che si liberano nell’atmosfera con effetti pericolosi in via di conferma”. Non è chiaro di quali materiali degradabili si parli, e perché sarebbero così pericolosi. Prima di proporre una tesi del genere, servono dati, riferimenti, studi. E converrebbe aspettare le conferme, prime di spaventare con tesi non ancora validate dalla comunità scientifica.

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La caratteristica del discorso inattivista è che, mentre esagera o inventa gli impatti ambientali di pannelli solari e pale eoliche, nulla dice sugli impatti delle loro alternative, le centrali a gas o carbone; queste sì che rilasciano senza alcun dubbio ingenti quantità di sostanze nell’atmosfera, non biodegradabili e dannose per la salute e il clima. Si veda ad esempio il recente rapporto “Dalla culla alla tomba, i costi ambientali dei combustibili f ossili e l’imperativo della transizione giusta”.

Infrasuoni

Fra le esagerazioni presenti nelle contestazioni alle energie rinnovabili, una presente nell’articolo di Ammaniti e Pratesi è quella secondo cui “le pale eoliche generano infrasuoni che si propagano nell’atmosfera anche a chilometri di distanza ripercuotendosi sui ritmi psicobiologici umani, come i ritmi del sonno, documentati anche da ricerche recenti”. In realtà, la letteratura scientifica disponibile (si veda qui, qui o qui o qui) non indica impatti sulla salute di infrasuoni derivanti da pale eoliche. Nella letteratura sono presenti molti studi che hanno valutato possibili impatti acustici degli impianti eolici, riferiti a chi vive nelle immediate vicinanze degli impianti. Da questi emerge come l’effetto principale legato al rumore delle pale eoliche sia ilfastidio, il disagio, ma raramente il rumore è associato a effetti clinici oggettivi.

Riguardo agli infrasuoni (ossia suoni con bassa frequenza, inferiore a 20 Hertz), secondo gli studi i livelli non sono percepibili, soprattutto a “km di distanza”, e non ci sono prove che causino effetti fisiologici, ossia che abbiano un impatto diretto documentato sulla salute. Pur se alcuni singoli studi (ad esempio questo) hanno indicato impatti più significativi degli infrasuoni, non rappresentano certo l’attuale consenso scientifico sul tema.

Conclusione

Tutti siamo d’accordo che lo sviluppo degli impianti rinnovabili debba avvenire minimizzando gli impatti sull’ambiente, posto che un impatto zero è ovviamente impossibile; ed è bene ricordare nuovamente a tale scopo che le installazioni di impianti eolici e fotovoltaici di grossa taglia sono disciplinate dalla Valutazione di Impatto Ambientale a livello nazionale. Ma non ci sono argomenti seri a sostegno della tesi che fare seriamente la transizione energetica comporterà per forza impatti ambientali significativi, e che questi saranno paragonabili a quelli – ben documentati – dei combustibili fossili: si tratta solo di un argomento retorico, basato su una semplificazione della realtà e sull’uso di luoghi comuni, che in ultima analisi fa unicamente il gioco dell’industria fossile.

Testo di Stefano Caserini, con contributi di Mario Grosso

Protocollo di Kyoto

Tira un gran brutto vento

Aerogeneratori o Pale eoliche in Puglia (foto M. Grosso)L'Italia ha un grosso problema con l'energia eolica, ma non è quello di cui si parla di solito sui media e sui social: il problema principale dell’eolico italiano è che se ne installa troppo poco. I dati Terna dicono infatti che a maggio 2025 sono presenti in Italia solo circa 13 GW eolici, a fronte di quasi 40 GW di potenza fotovoltaica. Inoltre, il ritmo delle nuove installazioni è lentissimo rispetto alle esigenze della decarbonizzazione. Infatti, mentre tra dicembre 2023 e maggio 2025 il fotovoltaico in Italia è passato da 30,3 a 39,5 GW, con un incremento di ben 9,2 GW in 18 mesi, nello stesso periodo l'eolico è passato da 12,3 a 13,3 GW, con un incremento di un solo GW. Un aspetto che potrebbe spiegare questa differenza è che l’installazione di fotovoltaico è più semplice, perché può fare affidamento anche sulle iniziative di singoli cittadini e piccole imprese, sui tetti di abitazioni, edifici produttivi e commerciali; cosa che con l’eolico è pressoché impossibile. In realtà l’incremento più massiccio del fotovoltaico negli ultimi diciotto mesi non è dovuto alla miriade di piccoli impianti domestici, bensì alla costruzione di grossi impianti a terra e su molti siti industriali e commerciali (si vedano i dati qui). Il punto è che la transizione energetica non si può fare solo col sole. L'energia del vento è indispensabile, e in un sistema elettrico rinnovabile ne serve molta, in particolare per compensare il calo invernale del solare nelle stagioni più fredde e buie, nonché di notte. Per esempio, (altro…)
Recensione

Diluvio, un grande romanzo sulla crisi climatica

Nel suo fortunato saggio La grande cecità, lo scrittore Amitav Ghosh aveva osservato come la letteratura contemporanea avesse ignorato o quantomeno sottovalutato il tema del cambiamento climatico. Secondo lo scrittore indiano, “Il cambiamento climatico è troppo impensabile per la nostra cultura narrativa; la sua esclusione è una delle forme di “cecità” della nostra epoca.”. Secondo Gosh, pensare alla crisi climatica come qualcosa di eccezionale, improbabile e non realistico, porta scrittori e in generale gli intellettuali a relegarla nel genere della fantascienza, o dei romanzi di genere catastrofici e distopici, porta all’incapacità di immaginare e quindi di raccontare l’impatto reale e quotidiano della crisi climatica, le sue possibili evoluzioni e le sovrapposizioni con altre (altro…)
RecensioneStoriaTemperature

La storia del clima in Italia

È da poco uscito l’ultimo libro del climatologo Luca Mercalli, una cronistoria del clima nel nostro territorio nazionale, dalla preistoria ai giorni nostri. Un racconto che unisce la scienza del clima alla storia e alla cultura del nostro paese, frutto di decenni di ricerche, ricchissimo di storie, di rimandi alle fonti e di citazioni di lavori scientifici. Un lavoro prezioso e originale, raccomandato a chiunque voglia meglio capire cosa è stato il clima che abbiamo ormai così pesantemente alterato, ed in particolare ai più giovani. Raccontare in un solo libro la storia del clima, dalla fine dell’ultima glaciazione (circa 15.000 anni fa) fino ai giorni nostri, per di più in una nazione climaticamente variegata quale è l’Italia (pensiamo alle notevoli differenze, ad esempio, tra il clima alpino e quello siciliano) era un’impresa ardua. Luca Mercalli ci è riuscito con il saggio Breve storia del clima in Italia (Einaudi), in cui è riuscito a raccontare tutte le vicende importanti dell’evoluzione del clima nel nostro paese, unendo la ricostruzione scientifica del clima alle vicende della storia umana e del nostro paese. Nel libro non si trovano tabelle, mappe e grafici, come negli atlanti climatici o nei saggi scientifici, ma ci sono i dati, le riflessioni e citazioni, spiegazioni scientifiche sul perché delle variazioni climatiche e una miriade di riferimenti storici e documentali di vario tipo. La breve storia del clima in Italia, che poi così breve non è, è un viaggio di 200 pagine che per la prima volta permette di seguire in modo coerente come è variato in queste migliaia di anni il clima in Italia. A dispetto della crescente importanza degli studi climatici nell’epoca moderna, fino a oggi non esisteva un compendio che parlasse della storia climatica del nostro paese nella sua totalità e nell’intero periodo della civiltà umana. In passato Mercalli ha scritto innumerevoli testi di climatologia editi dalla Società Meteorologica Italiana e riferiti a singole località, vallate, e regioni, soprattutto nella regione alpina e padana, con ricostruzioni climatiche spesso ultracentenarie e basate sull’analisi delle misure disponibili. In altri testi invece si è dedicato alla divulgazione del problema dei cambiamenti climatici e delle loro conseguenze, come ha fatto del resto in tante trasmissioni televisive e in molte centinaia di conferenze in tutta Italia. In questo saggio, ha combinato le due competenze ed esperienze. (altro…)
Appello

Il momento delle scelte: un obiettivo di riduzione del -90 al 2040 per l’Unione europea

Nelle prossime settimane il Consiglio europeo dovrà raggiungere un accordo sull’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra europee nel 2040, da inserire nel terzo NDC che l’Unione europea dovrà comunicare in settembre all’UNFCCC. La precedente Commissione europea aveva nel febbraio 2024 proposto una riduzione del -90% (rispetto al 1990), sulla base di una “valutazione di impatto” (qui una valutazione dell’ European Parliamentary Research Service) e assumendo il valore inferiore dell’intervallo di riduzione raccomandato dall’ESABCC (European Scientific Advisory Board on Climate Change), raccomandazione recentemente ribadita e rafforzata. Questo obiettivo è al momento la base di discussione. Pubblichiamo l’appello rivolto da numerosi esperti di climatologia e delle politiche climatiche affinché il governo italiano sostenga questo obiettivo a livello europeo, un appello a cui Climalteranti aderisce.     Alla cortese attenzione della Presidente del Consiglio dei ministri, On. Giorgia Meloni, e del Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, On. Gilberto Pichetto Fratin, Noi, studiosi impegnati nella ricerca scientifica sui cambiamenti climatici, sulle politiche di mitigazione e adattamento e sui sistemi complessi come il clima, desideriamo esprimere la nostra preoccupazione per il futuro del Paese e per le persone e specie viventi che abitano il pianeta rivolgendo un appello ai rappresentanti politici. I dati più recenti confermano la pericolosa realtà del surriscaldamento globale: il 2024 è stato l'anno più caldo mai registrato e le temperature negli ultimi decenni sono cresciute con una rapidità che non ha eguali almeno negli ultimi 2000 anni. Tale riscaldamento sta compromettendo gli equilibri climatici, ecologici ed economici in molte aree del pianeta. L’Italia è tra i paesi minacciati e sta già sperimentando numerosi impatti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici, con proiezioni che indicano un aggravamento delle condizioni nei prossimi decenni: aumento delle ondate di calore, con impatti sulla salute pubblica, in particolare per le persone vulnerabili come anziani e bambini; riduzione delle precipitazioni nevose e ritiro dei ghiacciai; stress idrico crescente; incendi sempre più vasti e con comportamento estremo; innalzamento del livello del mare ed erosione costiera. La preoccupante realtà del surriscaldamento globale non può più essere negata. Per questo è necessario che tutti facciano la loro parte per ridurre le emissioni climalteranti, in particolare quei Paesi come l’Italia e l’Europa che hanno una chiarissima responsabilità storica. In questo contesto, accogliamo con favore la proposta dell'ESABCC (European Scientific Advisory Board on Climate Change) che ha indicato come per l’Unione Europea l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra del 90-95% nel 2040 (rispetto ai livelli del 1990) sia una tappa imprescindibile per raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica al 2050, obiettivo già incardinato nella Legge europea sul clima e comunicato nell’ambito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici. Tale riduzione rappresenta  un’opportunità per l’Europa, poiché comporta numerosi vantaggi: maggiore sicurezza energetica e riduzione della dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili; miglioramento della salute pubblica e riduzione dei costi sanitari; stimolo all'innovazione tecnologica e creazione di posti di lavoro verdi; minimizzazione dei rischi ambientali e sociali. Il raggiungimento di questo obiettivo intermedio al 2040 sarebbe infine una scelta strategica per il presente e il futuro della nostra economia. La chiarezza e la coerenza degli obiettivi climatici sono infatti fondamentali per orientare gli investimenti dell'industria e della finanza verso soluzioni sostenibili e innovative. Solo con una rotta ben definita e supportata da evidenze scientifiche, oltre che da solide motivazioni politiche strategiche, possiamo evitare di rallentare la transizione energetica e quindi mettere a rischio la competitività del nostro sistema produttivo, e nel contempo  fare la nostra parte nella lotta al surriscaldamento globale. Per questo, chiediamo al Governo di sostenere con convinzione l'obiettivo europeo del -90% al 2040. Si tratta di una scelta che richiede coraggio politico, ma che sarà ricordata come un atto di responsabilità verso le future generazioni. Con rispetto e fiducia,   Primi/e firmatari/ie Stefano Caserini, Professore associato, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici, Università di Parma Antonello Pasini, Primo ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), docente di Fisica del clima all'Università Roma Tre Giorgio Parisi, Professore emerito di Fisica Teorica presso la Sapienza Università di Roma, Premio Nobel per la Fisica 2021   Nicola Armaroli, Direttore di Ricerca presso l’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività (ISOF) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) a Bologna Valentina Bacciu, Ricercatrice presso l'Istituto per la BioEconomia (IBE) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Sassari Vincenzo Balzani, Professore emerito di Chimica, Università di Bologna Carlo Barbante, Professore di Paleoclimatologia presso l’Università Ca’ Foscari Venezia, Presidente del Centro di Studio e di Ricerca Internazionale sui Cambiamenti Climatici, Venezia Roberto Buizza, Professo Ordinario di Fisica, Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna, Pisa Carlo Cacciamani, Direttore Agenzia Nazionale per la Meteorologia e Climatologia-ItaliaMeteo Carlo Carraro, Professore di Economia dei Cambiamenti Climatici, Universita' Ca' Foscari Venezia Susanna Corti, Dirigente di Ricerca presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Claudio Cassardo, Professore associato di Fisica dell'atmosfera, meteorologia e clima, Dip. di Fisica, Università di Torino Maria Cristina Facchini, Direttrice dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima (ISAC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Paola Faggian, Ricercatrice esperta in meteorologia e climatologia presso Ricerca sul Sistema Energetico (RSE) S.p.A. Davide Faranda, Direttore di ricerca al  Centro Nazionale della Ricerca Scientifica (CNRS), Parigi-Saclay Michela Gallo, Professore associato di Ingegneria Sanitaria ed ambientale, Docente del corso di Mitigation and Adaptation to climate change, Università di Genova Mario Grosso, Professore associato di Ingegneria sanitaria-ambientale, Docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici, Politecnico di Milano Silvio Gualdi, Principal Scientist Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) - Direttore della Divisione di Modellistica del Sistema Terra e Data Assimilation Piero Lionello, Professore ordinario di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia presso l’Università del Salento Luigi Moccia, Primo ricercatore presso l’Istituto di Calcolo e Reti ad Alte Prestazioni (ICAR) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Paola Mercogliano, Presidente della Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC), Principal Scientist presso la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) Mario Marcello Miglietta, Dirigente di Ricerca, CNR – Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima (CNR-ISAC) Elisa Palazzi, Professoressa associata di fisica del clima, Dip. di Fisica, Università di Torino Claudia Pasquero, Professoressa associata presso il Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e della Terra (DISAT) dell'Università di Milano-Bicocca Gianluca Ruggieri, Ricercatore e Docente di Fisica Tecnica Ambientale, Università dell’Insubria Silvia Torresan, Direttrice della Divisione "Risk Assessment and Adaptation Strategies" (RAAS) presso la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) Giorgio Vacchiano, Professore associato in gestione e pianificazione forestale all'Università di Milano, presidente di Climate Media Center Italia Dino Zardi, Professore Ordinario di Fisica dell'Atmosfera presso l'Università di Trento
Religione

Il clima come bene comune

Nel dibattito sul pontificato di Papa Francesco, recentemente scomparso, poco spazio ha ricevuto l’attivismo del Pontefice sulla questione climatica, che si è manifestato in numerosi atti. Innanzitutto la lettera enciclica Laudato Si’- sulla cura della casa comune pubblicata nel 2015, cui ha fatto seguito nel 2023 l’esortazione apostolica Laudate Deum – a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica. Inoltre, col pontificato di Bergoglio, la Santa Sede è diventata parte dell'UNFCCC, ha ratificato l'Accordo di Parigi (presentando il primo Biennal Transparency Report), e ha spinto ordini religiosi e secolari (Francescani per primi), istituzioni caritatevoli tradizionali (tipo Caritas), e le Ong di base ad attivarsi sul contrasto al riscaldamento globale antropogenico. Manifestazione pro LaudatoSìSicuramente l’enciclica Laudato ha avuto risonanza mondiale, ha richiamato l’attenzione pubblica sulla crisi climatica, e ha avuto molta importanza nel mondo cattolico, portando alla nascita di numerose associazioni e movimenti che si sono richiamati a questa enciclica, come “Laudato Si’ - Un'alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale”, il Laudato Si’ Movement e il Laudato Si’ Generation in Australia.   Con la Laudato Si’ la chiesa cattolica ha riconosciuto interamente i risultati della comunità scientifica e la rilevanza della questione climatica, spazzando via le correnti negazioniste sul clima presenti anche nella chiesa cattolica (si veda il capitolo “Clima Teo Con” di A qualcuno piace caldo”).   Come mostrato dai passaggi in seguito riportati, l’Enciclica è entrata nel dettaglio della scienza del clima, del ciclo del carbonio, degli impatti attesi e delle conseguenze sociali degli stessi, collegando la crisi climatica alla giustizia sociale e alla solidarietà intergenerazionale.   (altro…)
Emissioni

L’Italia si sta allontanando dai suoi obiettivi sul clima

I dati dell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra, da poco pubblicati da ISPRA, mostrano come per il terzo anno consecutivo l’Italia registri emissioni maggiori di quelle previste dagli impegni assunti in ambito europeo. Pur se anche nel 2023 le emissioni italiane di gas serra sono diminuite, la riduzione è ben al di sotto di quanto previsto dagli obiettivi approvati dall’Italia. Aumenta dunque la quantità di emissioni che sarà da recuperare entro il 2030, rendendo il raggiungimento dell’obiettivo sempre più difficile.     L’inventario delle emissioni dei gas serra Sono stati pubblicati i dati delle emissioni di gas serra italiane per l’anno 2023, come calcolati dall’Inventario Nazionale delle emissioni in atmosfera redatto da ISPRA secondo metodologie concordate a livello internazionale. I dati dell’inventario permettono di verificare il rispetto degli impegni che l’Italia ha assunto nell’ambito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e dell’Accordo di Parigi, oltre che in altri accordi internazionali (ad esempio la Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero, UNECE-CLRTAP). Tutti i dati, con tutti i dettagli, sono disponibili nelle 59 tabelle (per ogni anno dal 1990 al 2023!) del Common Reporting Table (CRT), mentre nel documento National Inventory Document (NID) sono illustrati gli aspetti metodologici della stima.Grafico produzione di energia ed Emissioni di CO2   Sul sito ISPRA è altresì disponibile (altro…)
Comunicazione

Come comunicare la crisi climatica ai disimpegnati

Una guida realizzata nell’ambito del progetto europeo NoPlanetB fornisce utili suggerimenti su come sensibilizzare sul cambiamento chi oggi lo considera un tema secondario.   Come comunicare la crisi climatica ai disimpegnatiDiversi segnali suggeriscono come negli ultimi anni la scienza in generale sia stata messa sempre più in discussione, sia da parte dell'opinione pubblica che da alcuni settori politici e mediatici, sulla scia di una generale messa in discussione di alcuni valori ai quali eravamo abituati, fra cui inclusione, democrazia, un ruolo super partes delle istituzioni pubbliche. Anche la scienza del clima è talvolta guardata con sospetto, specialmente tra coloro che attribuiscono il dibattito sulla crisi climatica a presunte strategie di controllo o manipolazione da parte di poteri e gruppi di interesse, e si richiamano alle “libertà” in modo astratto assoluto: liberi anche dalla scienza. Accanto a questo atteggiamento “ostile” alla scienza, emerge una resistenza alle politiche di transizione ecologica che non si basa esclusivamente su un rifiuto dei dati scientifici, bensì su strategie retoriche che enfatizzano presunte incongruenze, sollevano dubbi metodologici o deviano l’attenzione su altre questioni; buttando, come si usa dire, la palla in tribuna. Questa forma di "sabotaggio discorsivo", già definito “inattivismo”, non mira necessariamente a dimostrare l’inesistenza del problema climatico, ma a rallentarne il suo riconoscimento e, di conseguenza, l’azione politica. La proposta NOPLANETB Da queste riflessioni è nata dai membri della rete NOPLANETB attiva nelle attività di sensibilizzazione sui rischi connessi alla crisi ecologica e climatica in atto, l’idea che parlare (divulgare) e promuovere pratiche sostenibili non sia solo una questione di dimostrare di avere ragione, quanto di focalizzare meglio il pubblico a cui rivolgersi, e di interrogarsi in profondità sul come “usare” i dati, le evidenze, la letteratura sul tema, in parole povere (altro…)
EnergiaMitigazione

100% di elettricità rinnovabile è possibile

Un rapporto mostra in 40 punti come la decarbonizzazione del sistema elettrico solo con energia rinnovabile non solo sia possibile, ma può essere realizzata in diversi modi, caratterizzati da alcuni elementi comuni.   Immaginre sulla Neutralità climatica 100%È stato recentemente presentato Il Rapporto “Elementi per un’Italia 100% rinnovabile”, promosso dalla Rete 100% Rinnovabili, preparato e sottoscritto da 25 docenti e ricercatori italiani, che mostra come sia possibile e conveniente decarbonizzare la produzione di elettricità utilizzando unicamente fonti energetiche rinnovabili. Il documento discute le leve per la decarbonizzazione del sistema energetico, sia sul lato della domanda che sul lato dell’offerta, senza però descrivere un unico scenario di decarbonizzazione. L’obiettivo, invece, è mappare le connessioni tra quaranta “punti”, intesi come elementi fondamentali per la decarbonizzazione nel senso più ampio, non solo tecnologico ma anche economico e culturale. I 40 punti sono svolti ricercando la massima sintesi divulgativa, fornendo un’ampia bibliografia a supporto delle argomentazioni e come introduzione allo stato dell’arte scientifico sugli scenari 100% rinnovabili. L’enfasi è sul plurale, “scenari”, perché dalla letteratura scientifica emerge come più d’uno scenario sia plausibile, al variare delle preferenze socioculturali e traiettorie tecnologiche.   Sono presentati in seguito i principali punti del rapporto, alcune delle connessioni fra di essi e dei riferimenti bibliografici. La decarbonizzazione richiede un cambiamento radicale nella struttura dei vettori energetici e degli usi finali. L’elettricità deve diventare il vettore prevalente, eliminando la dipendenza dai combustibili fossili e integrando i settori elettrico, termico e dei trasporti. Le pompe di calore, il teleriscaldamento e le biomasse dovranno contribuire agli usi termici, mentre il trasporto sarà elettrificato con veicoli a batteria e, dove necessario e dove possibile, con bio/elettro-combustibili. Dal punto d vista tecnologico, energia eolica e solare fotovoltaica rappresentano le strategie più convenienti per una decarbonizzazione veloce. La loro complementarità stagionale permette di stabilizzare l’offerta senza necessità di nucleare. L'Italia ha un potenziale eolico sufficiente per equilibrare la stagionalità del solare, con turbine adatte ai regimi di vento medi. Questi fattori rendono l'eolico e il solare le fonti più efficaci per affrontare la crisi climatica diminuendo i costi energetici nazionali. (altro…)
Psicologia

Il manuale di psicologia climatica: una guida per affrontare l’impatto psicologico della crisi climatica ed ecologica

Copertina di "Manuale di psicologia"Negli ultimi anni, la crisi climatica ed ecologica è passata da questione scientifica e politica ad una vera e propria emergenza di salute pubblica. L’aumento degli eventi estremi e delle loro conseguenze disastrose ha effetti su scala globale, con gravi ripercussioni sulla salute fisica (Filippini et al., 2024) e mentale (IPCC, 2022; Charlson et al., 2021: Cianconi et al. 2023).   Il Manuale Oltre all’aumento di disturbi psichiatrici come il disturbo post-traumatico da stress e la depressione maggiore dopo eventi climatici estremi, si osservano sempre più spesso intense reazioni psicologiche anche in chi non li ha vissuti direttamente, tra cui ansia, senso di lutto e impotenza. Comprenderle è essenziale per affrontare le sfide ambientali e sociali attuali. In questo contesto, il Manuale di Psicologia Climatica della Climate Psychology Alliance (CPA) rappresenta una risorsa chiave. La sua recente traduzione italiana, curata dalle psicologhe-psicoterapeute Lucia Tecuta, Camilla Gamba e Paola Sabatini, ne amplia la fruibilità, offrendo a professionisti, ricercatori e attivisti italiani uno strumento fondamentale per approfondire queste tematiche. Il Manuale di Psicologia Climatica è un lavoro collettivo redatto da un gruppo internazionale di esperti e clinici del campo della psicologia climatica, una disciplina emergente che si occupa di studiare il modo in cui gli esseri umani percepiscono, elaborano e rispondono alla crisi climatica. Questo lavoro offre un materiale divulgativo e vuole essere una guida importante per chi desidera comprendere non solo le risposte psicologiche alla crisi in atto, ma anche le barriere psicologiche che ostacolano l’azione climatica. Inoltre, rappresenta una guida preziosa per chi è impegnato nell’offrire supporto psicologico alle persone che vivono crescente ansia e preoccupazione per il futuro del pianeta. Il contributo della CPA nel rendere disponibile questo materiale dimostra la sempre maggiore consapevolezza della necessità di un approccio psicologico alla crisi ambientale, un aspetto che fino a poco tempo fa era spesso trascurato nei dibattiti pubblici. (altro…)
ComplottiPaleoclimatologiaTemperature

L’ossessione della mazza da hockey

La ricostruzione delle temperature globali degli ultimi secoli continua ad essere fonte di tesi inverosimili e complottistiche, mentre dal punto di vista scientifico l’evidenza sull’anomalia del riscaldamento degli ultimi decenni è sempre più solida.   Chi segue da un po’ di tempo il dibattito scientifico sul cambiamento climatico avrà sicuramente sentito parlare della cosiddetta “mazza da hockey”, il grafico che descrive la ricostruzione delle temperature nei secoli precedenti all’inizio della misurazione diretta con i termometri. Ne abbiamo parlato diverse volte...
GhiacciSpazio

L’epilogo dei ghiacci d’alta quota e la nuova ricerca del ghiaccio lunare

Il riscaldamento globale sta causando non solo la rapida scomparsa dei ghiacciai d’alta quota ma anche delle informazioni ambientali contenute. Per la glaciologia, ma anche per tutta la scienza e la tecnologia, si stanno per aprire nuove frontiere di studio e sfruttamento del ghiaccio nel sistema solare ed in primo luogo sulla Luna.   Figura 1: Immagine notturna del sito di estrazione di carote di ghiaccio d’alta quota (Ortles, 3859 m, Alpi Orientali) illuminato dalla Luna. (Foto: Jacopo Gabrieli; Progetto...
Attribuzione

Anche ENI contribuisce al riscaldamento globale

In alcuni passaggi delle memorie presentate della difesa di ENI in una causa legale, si nega il contributo al riscaldamento globale del principale produttore di combustibili fossili italiano, nonché forte emettitore diretto di gas serra. Al di là degli aspetti giuridici, ossia se sia giusto o no condannare ENI, giudizio che spetta ai giudici, intendiamo qui mostrare come quanto sostenuto non regge dal punto di vista scientifico, perché il legame fra emissioni e l’aumento delle temperature e gli impatti conseguenti...
ElezioniparlamentoPolitica

L’analisi degli impegni sul clima dei partiti italiani nelle elezioni europee

Numerosi componenti del Comitato Scientifico di Climalteranti hanno collaborato con l’Italian Climate Network (ICN) alla valutazione dell’impegno all’azione sul clima delle forze politiche italiane per le elezioni che si terranno l’8-9 giugno 2024. Questa valutazione si aggiunge a quella effettuata da Carbon Brief sugli impegni assunti nei manifesti dai principali gruppi del Parlamento europeo, descritta nel precedente post. Nella valutazione sono stati considerati i programmi resi pubblici dalle diverse forze politiche italiane, resi anonimi e inviati ai valutatori. I 10...
Protocollo di Kyoto

ELEZIONI UE 2024: COSA DICONO I MANIFESTI SULL’ENERGIA E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Pubblichiamo la traduzione del post del blog Carbonbreif in cui viene effettuata una valutazione degli impegni assunti dai principali gruppi del Parlamento europeo nei manifesti elettorali delle imminenti elezioni europee.   Le elezioni per il Parlamento europeo si svolgeranno dal 6 al 9 giugno e daranno il via a un processo che stabilirà una nuova leadership dell’UE. Circa 360 milioni di cittadini dell’UE hanno diritto di voto. Sceglieranno tra i rappresentanti dei partiti nazionali, ognuno dei quali è affiliato a...
ImpattiOceaniRahmstorf

LA CIRCOLAZIONE ATLANTICA STA RAGGIUNGENDO UN PUNTO DI NON RITORNO?

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo “Is the Atlantic Overturning Circulation Approaching a Tipping Point?” scritto dall’oceanografo e climatologo Stefan Rahmstorf sulla rivista Oceanography, un magistrale riassunto di come si è arrivati alla chiara comprensione dell’esistenza di un gravissimo rischio legato al superamento del punto di non ritorno che potrebbe portale al collasso della circolazione termoalina.     Riassunto La grande corrente marina AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation, in italiano capovolgimento meridionale della circolazione atlantica, ndt) ha un impatto importante sul clima,...
Grafico da Koutsoyiannis et al. 2023
AbbagliStatistiche

Prima l’uovo o la gallina? Come prendere fischi per fiaschi nella correlazione tra CO2 e temperatura

Un recente articolo suggerisce che l’accumulo di CO2 in atmosfera sia causato dall’influenza della temperatura sui sistemi naturali, e non dai combustibili fossili. Ma è un clamoroso abbaglio, come confondere il freno con l’acceleratore.   Qualche mese fa è uscito un articolo scientifico intitolato “Su galline, uova, temperature e CO2: nessi causali nell’atmosfera terrestre” coordinato da Demetris Koutsoyiannis, professore di Idrologia all’Università di Atene. L’articolo, pubblicato dalla rivista Sci – MDPI (una rivista del tutto marginale nel settore della climatologia,...
ElezioniPolitica

La lettera aperta della comunità scientifica di clima e ambiente alle famiglie politiche europee

Climalteranti aderisce alla lettera aperta rivolta da alcune associazioni scientifiche europee alle forze politiche che – in tutti i  paesi europei – si presenteranno alle prossime elezioni, in vista di un incontro che si terrà il 3 maggio a Venezia   Nelle elezioni europee del maggio 2024 i cittadini decideranno il nostro futuro, scegliendo tra visioni – anche molto diverse tra loro – della società e del nostro stare insieme. Questo esercizio concreto dei valori di libertà e di democrazia...
LibriMitigazioneRecensione

Come abbandonare i combustibili fossili

Nel panorama dei libri disponibili sul cambiamento climatico e la transizione energetica è arrivato finalmente un libro la cui lettura è fortemente consigliata a quanti – troppi, purtroppo – sostengono che fare a meno dei combustibili fossili non si può, costa troppo, è troppo complesso o ci vorranno secoli. “L’urgenza di agire. Perché e come abbandonare rapidamente le fonti fossili” (Luce edizioni), scritto da Marco Giusti, spiega come la transizione sia possibile, entrando nel merito delle decine e decine di...
ImpattiOceaniTraduzioni

La circolazione oceanica dell’Atlantico e il sistema della Corrente del Golfo si stanno avvicinando ad un punto di non-ritorno

Pubblichiamo la traduzione del post scritto per Realclimate dell’oceanografo e climatologo Stefan Rahmstorf, “New study suggests the Atlantic overturning circulation AMOC “is on tipping course”. Il termine AMOC, Atlantic Meridional Overturning Circulation, in italiano capovolgimento meridionale della circolazione atlantica, è il termine scientifico per indicare l’intera circolazione oceanica che trasporta acqua e calore verso nord, e di cui una parte è la ben nota “Corrente del golfo”. Lo studio appena pubblicato, che si aggiunge ad altri usciti nei mesi scorsi,...