Accordo di ParigiArticoBlack CarbonCombustibili fossili

Trump, l’ENI, il budget di carbonio e l’Accordo di Parigi

Se si vuole rispettare l’accordo di Parigi, più di quattro quinti dei combustibili fossili non devono essere utilizzati: che senso ha allora estrarre petrolio nell’Artico, una delle zone più fragili del pianeta?   Nei giorni scorsi si è saputo che Donald Trump ha autorizzato nuove trivellazioni nell’Artico per la ricerca di nuovi pozzi petroliferi. La prima compagnia che è stata autorizzata è l’Italiana ENI (vedi qui, qui e qui). L’Artico è una delle zone più delicate del pianeta, operazioni petrolifere in queste zone sono molto rischiose sia per i gravi danni che un incidente a un pozzo potrebbe causare in acque così fredde, sia perché le emissioni di sostanze inquinanti come il black carbon (emesso in rilevanti quantità dai motori diesel di navi e fiaccole) in quelle zone sono molto efficaci nel ridurre l’albedo del ghiaccio, già in drammatica riduzione. Ma se si considera il contesto globale delle politiche sul clima, questa operazione ha poco senso anche da altri punti di vista. (altro…)
Accordo di ParigiCOPNegoziazioni

I risultati della COP23

La COP23 che si è svolta a Bonn ha prodotto un risultato utile e bilanciato, dimostrando come la spinta della COP21 di Parigi non si sia esaurita.

Alle 6.50 di sabato 18 novembre, dopo una nottata di negoziato ininterrotto, si è conclusa la COP23 di Bonn. Frank Bainimarama, presidente della COP e primo ministro delle Fiji, aveva battuto poco prima il martello che segnava l’adozione del “Fiji Momentum for Implementation”, traducibile come “La spinta di Fiji per l’implementazione” (dell’Accordo di Parigi e di tutta la costellazione di strumenti precedenti o collegati). (altro…)
AccordoCOPNegoziazioni

Tutti sulla stessa canoa

Nella COP23 che si sta svolgendo a Bonn, sotto la presidenza delle Isole Fiji, si continua il lavoro di definire importanti aspetti operativi dell'applicazione dell'Accordo di Parigi e del meccanismo di incremento degli impegni di riduzione del gas climalteranti

La XXIII Conferenza della Parti (COP) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCCC) si sta svolgendo a Bonn (Germania), con la presidenza delle Fiji, piccolo paese insulare in via di sviluppo, minacciato direttamente nella sua esistenza dai cambiamenti climatici.

Dopo che a Marrakech si è ribadita l'unanime volontà di dare rapida applicazione all'Accordo di Parigi, gestendo l’annuncio di cambio di direzione della presidenza USA, anche in questa conferenza si cerca di mettere a punto i dettagli della sua implementazione; dettagli importanti, fondamentali, perché come noto gli impegni fino ad oggi sottoscritti nell’ambito dell’accordo di Parigi sono ben lontani da quanto sarebbe necessario per raggiungere i suoi obiettivi. (altro…)

CO2Record

La banalità dei record del clima /2

Il comunicato stampa dell'Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) in occasione della pubblicazione dell’edizione 2016 del “Greenhouse Gas Bulletin”, ha avuto molto spazio nei mezzi di informazione.

Da molte parti è stata data enfasi alla notizia secondo cui i livelli di CO2 hanno stabilito un nuovo record. Si è trattato effettivamente di un record, ma leggendo il tono delle notizie è sembrato che fosse qualcosa di inaspettato di cui stupirsi. Invece, sono almeno 200 anni che si registra ogni anno una concentrazione di CO2 nell’atmosfera superiore a quella dell’anno precedente, e da molti anni il WMO segnala il ripetersi di questo record e fornisce i dettagli con il suo bollettino. (altro…)

Censura

Come funziona la censura di Trump & Co.

Tempo fa, nell’ambito del progetto europeo Same World (un interessante progetto educativo sui temi della giustizia ambientale, dei cambiamenti climatici e delle migrazioni ambientali) mi era stato richiesto di segnalare alcuni siti importanti sui temi dei cambiamenti climatici.

Fra questi avevo segnalato la pagina “Climate change” dell’Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti, all’indirizzo www.epa.gov/climatechange.

Con mio disappunto, gli amici del progetto Same World mi hanno segnalato il mese scorso che l’indirizzo che avevo fornito non funzionava, dava come risultato “404 - Not Found”.

La cosa mi è sembrata strana: era una pagina importante, da cui si partiva per trovare tante informazioni di qualità.

Ho controllato, e in effetti digitando la pagina ed è apparsa la seguente schermata:

In altre parole, la “leadership” di Donald Trump (Presidente degli Stati Uniti) e di Scott Pruitt (Amministratore capo dell’EPA) ha portato alla rimozione della pagina, che può essere vista solo nell’ultima versione, quella del 19 gennaio 2017. (altro…)

AcquaConflitticooperazione

Cambiamento climatico e conflitti per l’acqua: l’Asia centrale a rischio

Il cambiamento climatico impatta sulla disponibilità di risorsa idrica e può inasprire i conflitti per l’acqua in bacini transnazionali. Studi recenti mostrano che i paesi dell’Asia centrale sono maggiormente a rischio per via del grande numero di abitanti, della complessa situazione politica e della diminuzione attesa delle risorse idriche derivanti dalle grandi catene montuose. Si riporta qui un sunto di tali studi, con riferimento ad alcuni bacini fluviali dell’Asia centrale. Si mostra anche come l’Italia non sia immune a tale problematica. (altro…)
Premio

Assegnato il premio “A qualcuno piace caldo” 2016

Anche quest’anno, il raggiungimento dell’estensione minima dei ghiacci artici (nota 1) è l’occasione per l’assegnazione del Premio “A qualcuno piace caldo”, “alla persona o all’organizzazione italiana che più si è distinta nel diffondere argomentazioni e notizie errate sulla fenomenologia dei cambiamenti climatici, sugli impatti e sui costi e benefici delle misure di mitigazione”.

Esaminati i pretendenti per l’anno 2016, i membri del Comitato Scientifico di Climalteranti hanno per la prima volta assegnato il premio ex-aequo, all’associazione Amici della Terra e alla RAI Radio Televisione Italiana.

PREMIO “A QUALCUNO PIACE CALDO” 2016 (altro…)

ConflittiLibriRecensione

Effetto serra, effetto guerra

Fra i libri usciti in Italia sul tema del cambiamento climatico, uno dei più ambiziosi è “Effetto serra. Effetto guerra”, scritto da Grammenos Mastrojeni e Antonello Pasini, appena pubblicato da Chiarelettere. Un diplomatico esperto di cooperazione allo sviluppo e un climatologo esperto di fisica dell’atmosfera si sono trovati per cercare di spiegare una delle questioni più complesse e ricche di sfaccettature, ossia il legame fra i cambiamenti climatici globali e le crisi ambientali e geopolitiche che stanno avvenendo o potrebbero accadere nel nostro pianeta. La prima parte del libro è quella più classica, una spiegazione sintetica e divulgativa della scienza del clima (raccontata da anni da Antonello Pasini nel suo blog “Il Kyoto Fisso”): le molecole di CO2, i driver climatici, gli impatti sulle produzioni agricole, sui più poveri, sugli oceani, con collegamenti agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, all’enciclica Laudato Si’ o ai lavori nell’ambito della Convenzione ONU sul Clima. La seconda parte si pone la domanda più difficile, che è quella di capire come, dove e quando il riscaldamento globale maggiormente influirà sulle guerre, sarà un fattore di instabilità. Gli autori non si pongono ovviamente l’obiettivo di definire scadenze precise, “il sistema è troppo complesso per questo, e nessuno ha sfere di cristallo”, ma di indicare il maggiore o minore potenziale, il “cosa potrebbe accadere” nelle diverse aree del pianeta, per diversi livelli di gravità degli scenari di aumento delle temperature globali. La panoramica è ampia quanto preoccupante, riguarda tutte le regioni del mondo, dai Poli alle Maldive, dal Kirghizistan al Sahel; la fragilità delle terre e delle popolazioni è raccontata con tanti esempi del presente, mostrando la sottile quanto innegabile connessione con le dinamiche climatiche locali e globali. Le analisi del diplomatico sono unite alle informazioni del climatologo, con molte note di rimando ad articoli scientifici. (altro…)

Eventi estremiImpattiPrecipitazioni

Katrina, Sandy, Hayan, Bopha, Harvey, Irma (Ivanka) e noi

Tempeste e uragani ci sono sempre stati. I libri degli storici del clima sono pieni di esempi, un lungo elenco di morte e distruzione portata dalla “natura matrigna”. La domanda di questi giorni, visto l’impatto mediatico degli uragani Harvey e Irma, o viste le piogge devastanti in Bangladesh, è semplice: può davvero l’uomo interferire con la frequenza e/o l’intensità delle tempeste e degli uragani più distruttivi? C’è un legame con il riscaldamento globale? Ha un senso la petizione che ha raccolto 12.000 firme per chiedere di cambiare il nome di Irma in Ivanka?

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Il dibattito già in passato è stato acceso, in particolare negli Stati Uniti dopo il disastro causato da Katrina a New Orleans il 29 agosto 2005, sfondando gli argini che dovevano proteggere la città dalle inondazioni.

Nel libro “Storm World” il giornalista del Washington Post Chris Mooney ha raccontato in modo mirabile lo scontro scientifico e politico sul contributo del riscaldamento globale all’aumento dell’intensità degli uragani e delle conseguenti distruzioni. (altro…)

Modelli Climatici

Una risposta alla domanda che assilla il Prof. Zichichi

Mail ZichichiIn data 24 luglio abbiamo ricevuto una mail dal Prof. Antonino Zichichi, mail inviata anche presumibilmente agli scienziati firmatari della (strana) petizione “contro le eco-bufale” (spiegata in questo post) e agli altri autori della richiesta di chiarimenti (riportata in questo post). Nella mail il prof. Zichichi propone la seguente domanda ai 37 firmatari: “Per concludere che è l'attività umana che cambia il clima devi avere un modello matematico in grado di sostenere la tua conclusione. Quanti parametri liberi sono presenti nel tuo modello?” Questa domanda è contenuta in un documento di 6 pagine di testo e 5 figure, intitolato “Evoluzione del clima ed evoluzione delle forze fondamentali” in cui il Prof. Zichichi illustra le sue ragioni (disponibile qui).   Riportiamo qui sotto la mail di risposta che abbiamo inviato al Prof. Zichichi.   Gent. Prof. Zichichi, abbiamo ricevuto la sua mail con la domanda sul numero di parametri presenti nei modelli, questione che Lei ha già posto innumerevoli volte. Le rispondiamo sperando di aiutarla a capire questo punto, che fra l’altro non è certo tra i più complessi della scienza del clima. I modelli climatici hanno molti parametri, come inevitabile per modelli che descrivono un sistema complesso come è il clima del pianeta. Sono parametri di numerose equazioni diverse che insieme concorrono a definire le varie componenti del sistema climatico. La presenza di tanti parametri ed equazioni è comune a molti modelli complessi, applicati in tanti altri settori, come i modelli che governano il funzionamento degli aerei o la regolazione delle dighe. Si tratta di modelli sviluppati da almeno 4 decenni di una grande ricerca scientifica, condotta in decine di diversi centri di ricerca, da migliaia di studiosi.   I modelli sono cresciuti molto in termini di complessità (una descrizione della loro evoluzione è contenuta nel capitolo 1 del Quinto Rapporto sul Clima (AR5) dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) – primo gruppo di lavoro “Working Group I Contribution to the IPCC Fifth Assessment Report Climate Change 2013: The Physical Science Basis”, disponibile qui, da qui è tratta la figura a fianco) e l’attività, per la taratura e valutazione dei loro risultati  ha  occupato una larga parte dell’attività degli scienziati. L’IPCC, che effettua una raccolta e revisione della principale letteratura scientifica peer-reviewed nei vari campi della scienza climatica, ha dedicato nell’ultimo rapporto AR5, sempre nel volume del primo gruppo di lavoro, un intero capitolo a questo tema, intitolato “Evaluation of Climate Models”: 126 fitte pagine contenente 6 tabelle e 47 figure, con circa 1150 riferimenti a pubblicazioni scientifiche, in cui vengono date risposte a molti temi complessi relativi al funzionamento dei modelli climatici. Mentre la lettura e comprensione di queste pagine richiede competenze sulla climatologia e la modellistica dei sistemi fisici e naturali, le segnaliamo che un Box presente nel capitolo, “Box 9.1 - Climate Model Development and Tuning” (pag. 749 qui) è stato scritto con un linguaggio divulgativo per rispondere alle domande semplici come quella che Lei ha posto. Le riportiamo qui il testo di questo Box:   “Box 9.1 | Climate Model Development and Tuning   The Atmosphere–Ocean General Circulation Models, Earth System Models and Regional Climate Models evaluated here are based on fundamental laws of nature (e.g., energy, mass and momentum conservation). The development of climate models involves several principal steps:
  1. Expressing the system’s physical laws in mathematical terms. This requires theoretical and observational work in deriving and simplifying mathematical expressions that best describe the system.
  2. Implementing these mathematical expressions on a computer. This requires developing numerical methods that allow the solution of the discretized mathematical expressions, usually implemented on some form of grid such as the latitude–longitude–height grid for atmospheric or oceanic models.
  3. Building and implementing conceptual models (usually referred to as parameterizations) for those processes that cannot be represented explicitly, either because of their complexity (e.g., biochemical processes in vegetation) or because the spatial and/or temporal scales on which they occur are not resolved by the discretized model equations (e.g., cloud processes and turbulence). The development of parameterizations has become very complex (e.g., Jakob, 2010) and is often achieved by developing conceptual models of the process of interest in isolation using observations and comprehensive process models. The complexity of each process representation is constrained by observations, computational resources and current knowledge (e.g., Randall et al., 2007).
  The application of state-of-the-art climate models requires significant supercomputing resources. Limitations in those resources lead to additional constraints. Even when using the most powerful computers, compromises need to be made in three main areas:
  1. Numerical implementations allow for a choice of grid spacing and time step, usually referred to as ‘model resolution’. Higher model resolution generally leads to mathematically more accurate models (although not necessarily more reliable simulations) but also to higher computational costs. The finite resolution of climate models implies that the effects of certain processes must be represented through parameterizations (e.g., the carbon cycle or cloud and precipitation processes; see Chapters 6 and 7).
  2. The climate system contains many processes, the relative importance of which varies with the time scale of interest (e.g., the carbon cycle). Hence compromises to include or exclude certain processes or components in a model must be made, recognizing that an increase in complexity generally leads to an increase in computational cost (Hurrell et al., 2009).
  3. Owing to uncertainties in the model formulation and the initial state, any individual simulation represents only one of the possible pathways the climate system might follow. To allow some evaluation of these uncertainties, it is necessary to carry out a number of simulations either with several models or by using an ensemble of simulations with a single model, both of which increase computational cost.
  Trade-offs amongst the various considerations outlined above are guided by the intended model application and lead to the several classes of models introduced in Section 9.1.2.   Individual model components (e.g., the atmosphere, the ocean, etc.) are typically first evaluated in isolation as part of the model development process. For instance, the atmospheric component can be evaluated by prescribing sea surface temperature (SST) (Gates et al., 1999) or the ocean and land components by prescribing atmospheric conditions (Barnier et al., 2006; Griffies et al., 2009). Subsequently, the various components are assembled into a comprehensive model, which then undergoes a systematic evaluation. At this stage, a small subset of model parameters remains to be adjusted so that the model adheres to large-scale observational constraints (often global averages). This final parameter adjustment procedure is usually referred to as ‘model tuning’. Model tuning aims to match observed climate system behaviour and so is connected to judgements as to what constitutes a skilful representation of the Earth’s climate. For instance, maintaining the global mean top of the atmosphere (TOA) energy balance in a simulation of pre-industrial climate is essential to prevent the climate system from drifting to an unrealistic state. The models used in this report almost universally contain adjustments to parameters in their treatment of clouds to fulfil this important constraint of the climate system (Watanabe et al., 2010; Donner et al., 2011; Gent et al., 2011; Golaz et al., 2011; Martin et al., 2011; Hazeleger et al., 2012; Mauritsen et al., 2012; Hourdin et al., 2013).   With very few exceptions (Mauritsen et al., 2012; Hourdin et al., 2013) modelling centres do not routinely describe in detail how they tune their models. Therefore the complete list of observational constraints toward which a particular model is tuned is generally not available. However, it is clear that tuning involves trade-offs; this keeps the number of constraints that can be used small and usually focuses on global mean measures related to budgets of energy, mass and momentum. It has been shown for at least one model that the tuning process does not necessarily lead to a single, unique set of parameters for a given model, but that different combinations of parameters can yield equally plausible models (Mauritsen et al., 2012). Hence the need for model tuning may increase model uncertainty. There have been recent efforts to develop systematic parameter optimization methods, but owing to model complexity they cannot yet be applied to fully coupled climate models (Neelin et al., 2010).   Model tuning directly influences the evaluation of climate models, as the quantities that are tuned cannot be used in model evaluation. Quantities closely related to those tuned will provide only weak tests of model performance. Nonetheless, by focusing on those quantities not generally involved in model tuning while discounting metrics clearly related to it, it is possible to gain insight into model performance. Model quality is tested most rigorously through the concurrent use of many model quantities, evaluation techniques, and performance metrics that together cover a wide range of emergent (or un-tuned) model behaviour. The requirement for model tuning raises the question of whether climate models are reliable for future climate projections. Models are not tuned to match a particular future; they are tuned to reproduce a small subset of global mean observationally based constraints. What emerges is that the models that plausibly reproduce the past, universally display significant warming under increasing greenhouse gas concentrations, consistent with our physical understanding.”   Speriamo che questo testo le possa essere d’aiuto per trovare la risposta alla sua domanda; le suggeriamo comunque di leggere l’intero capitolo per ulteriori dettagli.   Riguardo al testo che ci ha inviato, dobbiamo ammettere di averlo trovato davvero poco comprensibile e poco congruente con la domanda da Lei stesso posta. Nella parte iniziale abbiamo infatti rilevato diverse affermazioni senza fondamento ed errori basilari di comprensione della scienza del clima (ad esempio quella secondo cui le difficoltà nello studio del clima non sarebbero mai menzionate), errori che del resto hanno caratterizzato la quasi totalità dei suoi scritti sul tema del cambiamento climatico che abbiamo potuto leggere negli ultimi 15 anni.   La invitiamo quindi ad approfondire un minimo la scienza del clima, prima di esprimersi sui mezzi di comunicazione. Infine, la invitiamo ad essere più rispettoso del lavoro dei molti studiosi, anche italiani, che con passione e serietà lavorano per migliorare giorno dopo giorno gli strumenti più adeguati che oggi abbiamo a disposizione per capire l’evoluzione dell’interferenza umana con il clima del pianeta.   Distinti saluti   Ugo Bardi, Università di Firenze Daniele Bocchiola, Politecnico di Milano Stefano Caserini, Politecnico Milano Claudio Cassardo, Università di Torino Sergio Castellari, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Claudio Della Volpe, Università di Trento Gabriele Messori, Stockholms Universitet Elisa Palazzi, Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC-CNR)
Protocollo di KyotoRecordStatisticheTemperature

2019: tanto per cambiare, ancora un anno sul podio

Come ogni anno, diamo uno sguardo alle temperature medie globali dell’anno appena terminato guardando i dati grezzi e “grigliati” NCEP/NCAR. Anche il 2019 non ha battuto il record del 2016, anno di forte fase positiva di El Niño, ma non vi è andato molto distante – questione di decimi – risultando al secondo posto (scalzando il 2017), e probabilmente si classificherà tra il secondo e il terzo posto negli elenchi dei vari database internazionali con cui siamo soliti confrontare i...
AssorbimentiforesteRimozione CO2

Le foreste ci salveranno?

Basta piantare alberi per affrontare la crisi climatica? Aumentare, mantenere e gestire sostenibilmente le foreste è necessario, ma non sufficiente. Pur se piantare nuovi alberi è molto utile, la drastica riduzione delle emissioni di CO2 legate ai combustibili fossili resta inevitabile. “Climate change? Basterebbe una foresta grande come gli Usa”. Cosi titolava il Corriere della Sera, proprio nei giorni del fallimento dellaconferenza ONU sul clima a Madrid. Attraverso un’intervista al Prof. Stefano Mancuso, noto divulgatore scientifico e molto popolare tra...
Accordo di ParigiCOPNegoziazioni

L’ambiguo insuccesso della COP25

La COP25 di Madrid è stata una delle Conferenze della Parti della Convenzione sul clima più tese e concitate degli ultimi anni, finita in grande ritardo e con l’adozione di numerosi documenti che, ancora una volta, hanno scontentato molti. Alle ore 13.55 di domenica 15 dicembre 2019 si è chiusa a Madrid la COP25, con l’adozione di numerose decisioni, disponibili sul sito UNFCCC, fra cui quelle sui punti più controversi, che qui commentiamo. I tre tavoli negoziali (la conferenza della...
Accordo di ParigiCOPNegoziazioni

La COP25 di Madrid e l’art. 6 dell’accordo di Parigi

Si è aperta in questi giorni a Madrid la COP25, la venticinquesima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sul Clima delle Nazioni Unite (UNFCCC), sotto la presidenza cilena. I numerosi tavoli negoziali paralleli riguarderanno principalmente altri punti tecnici relativi all’implementazione dell’Accordo di Parigi, dopo che nella precedente COP24 è stato approvato il “libro delle regole” (Katowice package). Ricordiamo quanto scritto un anno fa sui 5 errori da evitare quando si racconta una COP (“è stato un nulla di fatto”, “i...
DisinformazioneLibri

Mercanti di dubbi

È uscita la versione italiana di “Merchants of doubt” di Naomi Oreskes ed Erik Conway. Un libro importante per capire le radici della disinformazione sul tema dei cambiamenti climatici Pubblicato per la prima volta nel 2010, Mercanti di dubbi è diventato subito uno dei testi di riferimento per chi si occupa di storia della scienza, della medicina e di climatologia, e resta ancora un passaggio ineludibile per capire i rapporti tra scienza, democrazia e informazione. Secondo Naomi Oreskes ed Erik...
AppelloTraduzioni

Appello degli scienziati del mondo sull’emergenza climatica

Pubblichiamo la traduzione dell’appello uscito su Bioscience, sottoscritto da più di 11.000 scienziati da 153 paesi (elenco qui). Una sintesi efficace delle tante solide conoscenze scientifiche sul tema del cambiamento climatico, riassunte in una serie di grafici che mostrano l’inequivocabile andamento degli effetti delle attività umane e delle risposte del sistema climatico. Gli scienziati hanno l’obbligo morale di avvertire chiaramente l’umanità di ogni minaccia catastrofica e di dire le cose come stanno. Sulla base di questo obbligo e degli indicatori...
BufaleCO2DisinformazioneErrori

L’esperto di energia che fa errori madornali sul cambiamento climatico

Da un autore di molti studi su questioni energetiche ed ambientali ci si aspetterebbe la conoscenza delle basi del ciclo del carbonio e dei cambiamenti climatici. E invece… Fra i tanti (troppi) che sui quotidiani e in televisione hanno scritto e detto errori e falsità sul tema dei cambiamenti climatici, uno dei casi più strani è quello di Davide Tabarelli, fondatore e Presidente di NE – Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia e l’ambiente, membro dell’Advisory Board dell’ENI sulla transizione...
Climalteranti.it
Dibattito

Una risposta a Beppe Severgnini: non c’è la libertà di disinformare

Sulla rubrica “Italians” del Corriere della Sera, Beppe Severgnini ha sostenuto in risposta alla lettrice Sara Milanesi la necessità di pubblicare tutte le opinioni, anche quelle che negano la scienza del clima. Pubblichiamo la replica di Paolo Gabrielli, in cui si spiega come la libertà d’opinione non dovrebbe essere confusa con la libertà di disinformare.   Lettera di Sara Milanesi Caro Beppe, che vergogna che pubblichiate lettere disinformanti come “Global Warming: e l’alto Medioevo?” di mercoledì 16 ottobre senza neppure...
DisinformazioneErroriMitomaniaTelevisioni

Un delirio a Otto e mezzo: altri record per il Prof. Battaglia

Nella puntata di Otto e mezzo del 28 settembre, il presunto esperto Prof. Franco Battaglia è riuscito a proferire 24 fra falsità e dati sbagliati sul tema dei cambiamenti climatici nei suoi 11 interventi durati in tutto 10’33”. In media, un errore ogni 26 secondi. Ogni volta che prende la parola in media riesce a dire almeno due cose sbagliate. Abbiamo scritto una lettera alla conduttrice. È stata inoltre creata su Change.org una petizione “Cambiamenti climatici: nessuno spazio per posizioni...
Premio

Premio “A qualcuno piace caldo” 2018

Il raggiungimento dell’estensione minima dei ghiacci artici è tradizionalmente l’occasione per assegnare il Premio “A qualcuno piace caldo”, “alla persona o all’organizzazione italiana che più si è distinta nel diffondere argomentazioni e notizie errate sulla fenomenologia dei cambiamenti climatici, sugli impatti e sui costi e benefici delle misure di mitigazione”. Come per l’anno 2017, in cui il premio non è stato assegnato, per l’anno 2018 i membri del Comitato Scientifico di Climalteranti non hanno trovato negli interventi sui principali quotidiani...