COP21: La prospettiva dei piccoli stati insulari
Cambiamenti Climatici (UNFCCC) sono un’eccezione, in quanto sono proprio questi i paesi che richiedono con maggiore insistenza un’accelerazione su tutti i fronti dell’azione sul cambiamento climatico. I piccoli stati insulari sono, secondo un recente report del Green Climate Fund, i piú vunerabili al cambiamento climatico; nel quadro dell’UNFCCC si sono raggruppati in un gruppo chiamato AOSIS (Alliance of Small Island States), in prima linea nelle negoziazioni sull’accordo sul clima che dovrebbe scaturire dalla COP21 di Parigi.
Proprio per questo, mentre la grande maggioranza dei capi di stato e dei ministri presenti alla COP rimane invisibile agli osservatori della società civile, i politici degli stati AOSIS sono invece molto
disponibili ad interagire. Il secondo giorno della COP21 il Presidente di Kiribati, il Primo Ministro di Tuvalu ed il Ministro dell’Agricoltura di Fiji si sono riuniti in una piccola sala del padiglione AOSIS per incontrare gli osservatori.
I punti salienti dei tre discorsi hanno ricalcato concetti giá noti, ma che sono di importanza vitale per queste nazioni. Il primo aspetto rimarcato dai tre rappresentanti é stato la giustizia climatica, ovvero la necessità di un accordo equo che tenga in considerazione le responsabilità e capacità dei singoli paesi rispetto al cambiamento climatico. Molto sentita è anche la necessità di un taglio repentino delle emissioni, tanto che gli AOSIS richiedono con forza che l’obiettivo dell’UNFCCC sia fissato a 1.5 °C di riscaldamento globale piuttosto che 2 °C, come é stato fino ad ora. Infine, non sono mancati ripetuti riferimenti al concetto di “Loss and Damage”, ovvero perdite e danni climatici. Quest’ultimo é un aspetto particolarmente complesso delle negoziazioni, in quanto viene visto da molte nazioni industrializzate come una forma aggiuntiva, e molto costosa, di finanza climatica, mentre viene visto come un elemento essenziale dell’accordo dai paesi del terzo mondo ed in via di sviluppo. (altro…) Cinque punti fermi sull’Accordo di Parigi

Per chi da tanti anni lavora sul tema del cambiamento climatico, non può che far piacere la grande mobilitazione che si sta registrando a livello mondiale, e anche in Italia. Domenica 29 novembre ci sarà, a Roma come in tantissime altre città, una marcia per il clima, che si annuncia molto partecipata. In queste ultimi giorni in cui le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera a Mauna Loa sono inferiori a 400 ppm, del riscaldamento globale si occupano tanti quotidiani, settimanali, radio e televisioni, nonché migliaia di siti web.
Nel frattempo sono uscite decine di analisi interessanti che meriterebbero riflessioni approfondite. Ad esempio, questa magnifica spiegazione interattiva realizzata da Carbon Brief sugli aspetti salienti dell’accordo di Parigi, questo articolo su Science, la sintesi dell’UNFCCC sugli INDC, le analisi del PBL e dell’UNEP o questa intervista al ex co-chair del WG3 dell’IPCC, Ottmar Edenhofer.
Come fatto per tante altre COP, forniamo qui di seguito un riassunto basilare su cinque punti fermi che possono aiutare a capire gli aspetti essenziali dell’accordo di Parigi. Il rischio che la conferenza fallisca interamente, finendo per non approvare nulla al di fuori delle annuali decisioni di ogni COP, sembra al momento molto basso. (altro…) Clima: l’appello degli scienziati italiani
I cambiamenti climatici costituiscono per la comunità internazionale una delle sfide più complesse e importanti, le cui conseguenze negative hanno un’elevata rilevanza per economie e società, non solo per l’ambiente. Allo stesso tempo, rappresentano anche un’opportunità per rinnovare i sistemi economici e introdurre innovazioni tecnologiche e sociali.
Il Quinto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’IPCC, la più esaustiva e aggiornata raccolta delle conoscenze scientifiche sul clima, contiene un’ampia collezione di dati, informazioni e risultati sui quali converge un consenso condiviso all’interno della comunità scientifica.
I principali risultati possono essere riassunti nel modo seguente: (altro…) Il record di una giornalista disinformata
ha spiegato nel dettaglio la differenza fra l’errore (dovuto alla mancanza di conoscenza), la bugia (una volontaria asserzione falsa), e la stronzata. Il libro si intitolava proprio Stronzate (Rizzoli edizioni), era una dotta disamina del significato di questo termine. Scriveva Frankfurt: “che chi racconta stronzate… non è né dalla parte del vero né del falso. I suoi occhi non sono rivolti ai fatti, come quelli di una persona sincera e di un bugiardo…. Non si preoccupa di come stanno le cose, ma le sceglie, o le inventa, perché si adattino ai suoi scopi”.
Questo tipo di argomentazioni è molto presente nel dibattito sul cambiamento climatico. Un esempio televisivo è stata la puntata di Otto e Mezzo di sabato 7 novembre 2015, in cui la giornalista Annalisa Chirico è riuscita a distillare in soli 76 secondi una quantità di stupidaggini e miti del riscaldamento globale come non se ne sentivano da tempo.
L’ascoltatore aveva già drizzato le antenne al minuto 6.15, quando la giornalista ha sostenuto che un segno di arretratezza del mondo ambientalista sarebbe quello di “pensare che la lotta al cambiamento climatico debba essere necessariamente il taglio delle emissioni di CO2”
(e cosa dovrebbe essere, visto che il problema sono principalmente* le emissioni di CO2?).
La vera performance è arrivata al minuto 10.36, quando la giornalista si è prodotta nel seguente monologo:
Io ero a Parigi l’altro giorno, c’erano 20 gradi, ed ero molto contenta di stare in maniche corte. (altro…) Un altro passo in avanti verso l’accordo di Parigi
La sessione del negoziato UNFCCC che si è svolta a Bonn da 19 al 23 ottobre è stato un altro momento importante per la costruzione del nuovo accordo di Parigi. Seppur meno note delle COP, è in queste sessioni intermedie che si affrontano i punti critici del negoziato, ed è evidente che le decisioni prese a meno di 40 giorni dall’inizio della COP sono fondamentali.
Come già spiegato in altre occasioni, cosa è successo a Bonn si può desumere dai precisi riassunti dell’IISD, nonché dalle newsletter ECO e in altri articoli disponibili sul web (i giornali italiani non se ne occupano). Su twitter l’hashtag #ADP2 (ADP sta per Ad Hoc Working Group on the Durban Platform for Enhanced Action, è il tavolo negoziale avviato con la COP17 di Durban) è lo strumento per seguire il negoziato e recuperare le impressioni di addetti ai lavori ed osservatori.
Il risultato principale della sessione negoziale di Bonn è una nuova bozza dell’accordo, disponibile sul sito dell’UNFCCC qui. Analizzando il documento finale, di 51 pagine, si evidenzia come questo negoziato intermedio abbia fatto effettivamente registrare progressi positivi, con il reinserimento nel testo di numerosi aspetti e principi che al contrario lo scarno “non-paper”, rilasciato ad inizio ottobre dai Co-chair come base per le discussioni a Bonn, aveva pericolosamente omesso o ridimensionato. (altro…) Dai 148 “INDC” un primo freno alle emissioni globali
Il percorso iniziato a Durban per un nuovo protocollo da adottare a Parigi ha prodotto importanti impegni volontari da parte di molti Paesi, sia in termini di riduzione delle emissioni di gas climalteranti che in altri ambiti tematici (adattamento, scambio tecnologico, finanziamenti).
Ben 148 paesi hanno sottoposto i loro impegni di riduzione in preparazione della conferenza sul Clima di Parigi, denominati “Intended Nationally Determined Contribution” (INDC), che proponiamo di tradurre in italiano come “Contributi promessi stabiliti a livello nazionale nazionale”. Si tratta di “offerte” volontarie di contribuzione alla lotta ai cambiamenti climatici nelle sue diverse espressioni (mitigazione, adattamento, scambi tecnologici, finanza).
A seconda dei database utilizzati, i Paesi che hanno già presentato alla comunità internazionale INDC rappresentano tra l’85% ed il 90% delle emissioni globali. Questa copertura è senza precedenti, supera le attese dell’Unione Europea e mostra in modo inequivocabile il grande interesse per la Conferenza di Parigi. In confronto, i 35 paesi coinvolti nel 2° periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (2013-2020), rappresentano solo il 12% delle emissioni globali. (altro…)
Cambiamento climatico e sicurezza alimentare: il caso del riso in pianura padana
Il 5° rapporto IPCC sottolinea (AR5, WGII, Capitolo 7) come la sicurezza alimentare sia a rischio per il cambiamento climatico in atto: «In assenza di (strategie di, ndr) adattamento, un aumento delle temperature di circa +1°C sopra ai valori pre-industriali è atteso avere un impatto negativo sulla resa dei prodotti più importanti (grano, riso, mais) sia nelle regioni tropicali sia nelle regioni temperate». (altro…)
Premio “A qualcuno piace caldo” 2014: non assegnato
PREMIO “A QUALCUNO PIACE CALDO” 2014
NON ASSEGNATO
È stata decisa però una menzione per Piero Vietti che, con minore visibilità e impatto comunicativo, continua a proporre su Il Foglio on line e cartaceo tesi negazioniste sul clima, scegliendo accuratamente le sue fonti fra quelle più screditate e senza valore scientifico, e senza preoccuparsi di cercare riscontri alle sue affermazioni. Si veda ad esempio l’articolo "Più aumenta la CO2, meglio si vive". Il Cato provoca (con numeri e dati) i catastrofisti del clima e questa divertente auto intervista in cui profetizza che i rapporti IPCC non saranno considerati dai governi.
Quest’anno l’estensione minima del ghiaccio marino artico, registratasi il 17 settembre e pari a 4,41 milioni di chilometri quadrati, è stato il quarto valore minimo mai registrato dall’inizio delle osservazioni da satellite. In figura sono riportati gli andamenti della superficie di ghiaccio artico nel 2015, 2014, 2012, 2011 e 2007, insieme alla media 1981-2010).
Sempre ricordando che non è solo un problema di estensione, ma conta anche lo spessore… Il clima futuro in Italia
Le proiezioni dei modelli climatici sull’Italia indicano per i prossimi decenni un netto aumento dei valori medi e degli estremi delle temperature; per la tendenza alla diminuzione delle precipitazioni e alla progressiva concentrazione delle stesse in eventi più intensi, i margini di incertezza sono più ampi.
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L’osservazione delle variazioni climatiche del passato recente e in corso e la stima di quelle future costituiscono il presupposto indispensabile alla valutazione degli impatti e alla definizione delle strategie e dei piani di adattamento ai cambiamenti climatici. Se la conoscenza delle variazioni del clima passato e presente si fonda sulle osservazioni e sull’applicazioni di metodi e modelli statistici di riconoscimento e stima dei trend, quella del clima futuro si basa essenzialmente sulle proiezioni dei modelli climatici.
Per rispondere alla domanda “Quali cambiamenti climatici interesseranno l’Italia nel corso del XXI secolo?” occorre dunque fare riferimento alle attività di ricerca attraverso le quali vengono presentati i risultati dei modelli climatici che riguardano l’area del Mediterraneo e in particolare il nostro Paese. Un esempio recente di questo tipo è rappresentato dall’articolo di Zollo et al. (2015). Nel rapporto dell’ISPRA “Il clima futuro in Italia: analisi delle proiezioni dei modelli regionali”, pubblicato nel mese di giugno di quest’anno insieme alla X edizione del rapporto annuale “Gli indicatori del clima in Italia”, le proiezioni dei modelli climatici sull’Italia vengono invece analizzate e presentate dal punto di vista di un utente primario, piuttosto che di un produttore delle proiezioni stesse. Si è voluto cioè analizzare e confrontare i risultati più aggiornati prodotti da diversi modelli ed esporre in sintesi non solo le stime ma anche gli elementi di incertezza sul clima futuro in Italia. E’ intenzione degli autori anche contribuire a gettare un ponte tra la comunità scientifica che sviluppa e applica i modelli climatici e alcune categorie di utenti finali (decisori politici, stakeholders). (altro…)
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