Quando il negazionista climatico delira
Nei 15 anni di attività di Climalteranti abbiamo incontrato tante tesi infondate sul clima, tanti errori, esagerazioni, fraintendimenti sulla scienza del clima, oppure le cosiddette bufale. L’ultimo articolo pubblicato su La Verità da Franco Battaglia è invece classificabile nella categoria dei deliri. Ne parliamo perché segna la definitiva sconfitta del negazionismo climatico, ormai ridotto ad argomenti del tutto inconsistenti, palesemente assurdi. La tesi dell’articolo è che tutti i dati delle temperature globali usati dagli scienziati del clima non hanno alcun valore. Abbiamo chiesto un commento al Prof. Maurizio Maugeri, fisico dell’atmosfera e uno dei principali esperti delle serie storiche dei dati delle temperature italiane.
Tra le tante strampalate argomentazioni proposte dai negazionisti per affermare che non vi siano cambiamenti climatici in atto, quella proposta da Franco Battaglia in un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità il 18 gennaio 2024, intitolato “Il mito temperatura media globale non ha nessun valore scientifico”, merita sicuramente una menzione. Essa riesce infatti a collocarsi in una posizione di assoluto rilievo nella graduatoria delle argomentazioni più assurde.
L’idea di fondo dell’articolo è quella di affermare che il concetto di temperatura media planetaria dell’aria non abbia senso e che non abbia quindi senso parlare di un suo cambiamento.
Come spesso accade per i negazionisti, anche in questo caso Franco Battaglia parte da premesse che possono avere una propria ragionevolezza. Egli afferma, infatti, che quando si opera una media tra diversi numeri occorre farlo in modo corretto e aggiunge che la media esprime solo parzialmente le caratteristiche di una serie di numeri che possono essere meglio descritte da un insieme più ampio di indicatori statistici. Ma è completamente assurdo che da queste premesse l’autore arrivi poi a dire che non abbia senso mediare le temperature, prima nel tempo, per arrivare dai valori istantanei a delle medie giornaliere, mensili e annuali, e poi nello spazio, per arrivare da valori locali a valori rappresentativi di aree più vaste che possono andare da singole aree geografiche a intere nazioni o continenti o anche all’intero Pianeta. Questa operazione va naturalmente fatta in modo critico e rigoroso, e occorre evitare errori in ogni passo della procedura, ma è quanto fanno da molti decenni i climatologi di tutto il mondo (e non solo sui dati delle temperature) per fornire informazioni di grande importanza per la scienza del clima.
Un esempio riguarda la possibile non completezza delle serie di dati che si usano (altro…)

Senza sorprese, nel 2023 nuovo record delle temperature globali. In Italia è il secondo anno più caldo
Le analisi preliminari dei dati della NOAA/NCEP e quelle parziali sugli altri database climatici permettono di affermare che il 2023 è risultato di nuovo l'anno più caldo da quando si misurano le temperature, con un'anomalia pari a poco meno di +1,5 °C rispetto al periodo preindustriale. Un aumento di quasi un decimo di grado rispetto al precedente record del 2016. Per quanto riguarda l'Italia, l'anomalia registrata è stata inferiore a quella dello scorso anno, che era però stata spaventosa (oltre +2,2 °C in più rispetto al periodo preindustriale) ma, con i suoi +2 °C risulta comunque il secondo valore della serie delle temperature annue disponibili.
Come è ormai tradizione, all’inizio del nuovo anno si tirano le somme sull'anno appena trascorso usando come riferimento abituale le anomalie di temperatura estratte dal database NOAA/NCEP della NOAA, che fornisce i dati su punti griglia equispaziati di 2,5° in longitudine e latitudine. Nel fare i calcoli, considererò sia tutto il globo terrestre che un rettangolo che comprende l'Italia e i mari prospicienti. Nelle tabelle farò un riferimento anche ai valori di alcuni database storici (GISS, HadCRU, ERA5), anche se incompleti, considerando gli ultimi dodici mesi disponibili.
I numeri mostrati sulle tabelle sono le anomalie rispetto al periodo storico 1850-1900 (noto come periodo preindustriale), mentre le mappe mostrano le anomalie rispetto al trentennio più recente (1991-2020). Nella tabella 1, che riassume i principali risultati a scala mondiale, ho inserito soltanto gli anni a partire dal (altro…)
La COP28 di Dubai e il “transitioning away” dai combustibili fossili
La COP di Dubai ha visto l’approvazione di numerosi documenti, fra cui quello relativo al primo Global Stocktake. Oltre alla novità dell’introduzione in un documento ufficiale delle COP del riferimento all’abbandono dei combustibili fossili, non mancano i riferimenti alle valutazioni dell’IPCC e dell’IEA. Come e quando sarà possibile capire se è solo retorica o se è un passo importante nella lotta al riscaldamento globale?
La COP28 di Dubai, terminata il 13 dicembre 2023, ha visto l’approvazione di 34 decisioni su diversi temi “storici” del negoziato (adattamento, loss and damage), ma la decisione principale– che ha ritardato la conclusione dei lavori – è quella relativa al documento “Matters relating to the global stocktake under the Paris Agreement”. Si tratta del risultato della Global stocktake (bilancio globale) in cui, come abbiamo spiegato in un precedente post, si riconosce in modo chiaro l’insufficienza di quanto fatto finora a livello internazionale, degli impegni degli NDC (Nationally Determined Contribution), e del divario tra questi impegni e le politiche effettivamente messe in atto.
Numerose sono le analisi ben fatte sui risultati della COP28, a cui rimandiamo per gli approfondimenti, ad esempio dell’IISD (29 pagine!) o di Carbon Brief (147.000 caratteri!) o dell’Italian Climate Network (in italiano).Da queste analisi emerge non solo la complessità del negoziato, ma quanto siano semplicistiche (e sbagliate) le conclusioni secondo cui alla COP28 (come nelle precedenti) non si sia combinato niente, non ci siano stati risultati concreti, non sia stato altro che un fallimento (l’ennesimo).
Nessuna COP salva il pianeta
Come abbiamo già avuto modo di scrivere su Climalteranti, il negoziato sul clima è un processo lento, e, proprio per come è stato pensato e approvato l’Accordo di Parigi, non può essere una singola conferenza a risolvere la crisi climatica. Chi - ogni anno - si aspetta una COP che “salva il pianeta” non potrà che restare (altro…)


Perché è dannoso esagerare il ruolo delle foreste nella crisi climatica
Una delle soluzioni alla crisi climatica più frequentemente citate è l’aumento della superficie forestale – anzi, semplicemente “piantare alberi”. Una soluzione con molti benefici e apparentemente nessuna controindicazione, che piace a chiunque, e che instilla una visione positiva del futuro. Eppure, una riforestazione dall’efficacia climatica erroneamente amplificata potrebbe facilmente trasformarsi in inerzia o alibi nel ridurre le emissioni e uscire il prima possibile dalle fonti fossili.
La proposta di avvalersi del contributo potenziale al contenimento della CO2 in atmosfera di piantagioni massive di alberi non è nuova. Già alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, Freeman J. Dyson propose un programma mondiale di piantagione di emergenza come risposta temporanea all'aumento dei livelli di anidride carbonica nell'atmosfera, in linea con un numero crescente di scienziati del clima dell'epoca. Dyson prevedeva che la piantagione massiva di alberi a rapido accrescimento potesse essere utilizzata come una "banca del carbonio" in modo da accompagnare la transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili.
Gli alberi inoltre svolgono un importante contributo all’adattamento, tramite la schermatura e l’ombreggiamento al suolo, l’effetto termoregolatore dell’evapotraspirazione, il contributo alla formazione delle nubi mediante il rilascio di composti organici volatili, la modifica dell’albedo superficiale e l’effetto “frenante “ di chiome e radici nei confronti del deflusso superficiale e dell’instabilità dei versanti.
Tuttavia, (altro…)

Net-zero, carbon budget e foreste: guida per non perdersi tra gli alberi
Sempre più si sente parlare di net-zero, di carbon budget, e del contributo delle foreste: questo post aiuta a capire alcuni concetti basilari per le politiche sul clima
Secondo l’IPCC, per limitare l’aumento di temperatura globale a 1.5 oC, oppure ben al di sotto dei 2oC rispetto all’epoca preindustriale, occorre giungere a emissioni di CO2 antropogeniche nette pari a zero (net-zero CO2), con forti riduzioni delle emissioni degli altri gas serra. Anche lo stesso accordo di Parigi prevede che per raggiungere questi obiettivi di contenimento delle temperature globali si debba raggiungere un equilibrio tra le fonti di emissioni e l'assorbimento di gas a effetto serra di origine antropica, indicando nell’articolo 4 che questo dovrà avvenire nella seconda metà di questo secolo, “su una base di equità, e nel contesto dello sviluppo sostenibile e degli sforzi tesi a sradicare la povertà”.
Il modo in cui questo equilibrio viene interpretato, raggiunto e mantenuto influenza il risultato, ossia l’aumento della temperatura globale. Alcune delle questioni da chiarire influenzano le scelte sulle politiche da intraprendere e la modalità della loro attuazione.
Tra gli aspetti da interpretare vi è la modalità di stima dell’assorbimento di CO2 da parte delle foreste. Diverse interpretazioni, ad esempio tra i modelli globali e gli inventari nazionali di gas serra, possono influenzare alcune informazioni necessarie per le politiche climatiche, ad esempio quanto sia il “carbon budget” residuo, come sarà spiegato in seguito.
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Global Stocktake 2023: gli impegni climatici nazionali sono ancora insufficienti

La presidente di Arpa Lombardia e il clima del Mesozoico

La scienza del clima vintage – e sbagliata – di Franco Prodi

Senza precedenti

Come travisare quanto scrive l’IPCC
Negli ultimi mesi, dopo l’alluvione in Emilia-Romagna, le temperature molto alte di inizio luglio e la tempesta che ha sconvolto il milanese, si è parlato molto di cambiamento climatico nei mezzi di informazione. Si è incredibilmente visto un rigurgito del negazionismo climatico, con alcuni giornali (in particolare La Verità e Libero) impegnati in una vera e propria campagna di propaganda negazionista, come non si era mai visto.
Pagine e pagine dedicate ad articoli zeppi di errori, falsità o assurdità, senza alcun riguardo per i dati e le informazioni che si sono accumulati in decenni di scienza del clima. Sono stati toccati tutti i temi classici del negazionismo climatico (niente sta cambiando / il clima è sempre cambiato / l’uomo non c’entra / non dobbiamo preoccuparci / fare qualcosa costa troppo / ormai è troppo tardi), classificati nella Figura 1 di Qualcuno Piace Caldo nel 2008 (Parte II) e oggetto di altri post.
Niente di nuovo sotto il sole, se non gli estremi di stupidità che hanno toccato alcuni articoli, su cui torneremo in altri post.
Vorremmo partire nell’analisi di questa ondata negazionista valutando i (pochi) argomenti scientifici che sono stati prodotti, articolati facendo riferimento a qualche fonte scientifica.
Una delle critiche più strutturate è arrivata dall’articolo di Francesco Ramella, pubblicato su Il Foglio del 27 luglio 2022, col titolo “Non si può attribuire al climate change ogni fenomeno avverso” (riprodotto tre giorni dopo su Start Magazine col titolo “Vi svelo le opposte bugie sul clima”, e qui leggibile interamente). L’articolo è stato (altro…)


Scenari climatici tra decarbonizzazione spinta e punti di non ritorno
Lo scorso 2 dicembre 2024 si è svolto presso il Politecnico di Milano l’evento “Scenari climatici tra decarbonizzazione spinta e punti di non ritorno”. L’evento è stato organizzato in collaborazione con climalteranti.it, dal cui comitato scientifico provengono numerosi dei relatori intervenuti. Nel seguito è riportata una sintesi di alcuni interventi. La registrazione dell’evento è disponibile qui, mentre le slide presentate dai relatori durante la conferenza sono scaricabili qui. Segnali di ottimismo in tempi bui L’intervento iniziale di Mario Grosso...

Il clamoroso e preoccupante record delle temperature medie globali nel 2024
Le consuete analisi di inizio anno sui dati della NOAA/NCEP e, per confronto, su quelle relative ad altri tre database climatici, concordano sul fatto che, per il secondo anno consecutivo (ma come anche successo nel 2019 e nel 2020), l’anno appena trascorso è risultato il più caldo da quando si misurano le temperature. L’aumento di temperatura di +1,54 °C rispetto al periodo preindustriale è un dato molto preoccupante, ma ancora non implica il superamento del limite previsto dell’accordo di Parigi....

L’auto termica green di Francesco Giavazzi non esiste
Fra gli autori delle panzane che inquinano il dibattito sulla transizione energetica, si è aggiunto lo storico editorialista del Corriere della Sera Francesco Giavazzi, che in un editoriale del 28 dicembre 2024 ha sostenuto una tesi facilmente confutabile, la presunta esistenza di auto a combustione interna in grado di emettere poche decine di grammi di CO2 per km, ossia l’80-90% in meno di quelle oggi circolanti. Il contesto è un articolo intitolato “Le scelte (utili) sui conti” in cui lo...

Il fuoco amico, una forma di inattivismo climatico: 2/ l’opposizione alle auto elettriche
Le emissioni di CO2 dai trasporti sono le uniche ad essere sostanzialmente aumentate in Europa nel periodo 1990-2022 (+26%). Il contributo del trasporto su strada è oggi pari al 70% delle emissioni da trasporto, e all’interno di quest’ultimo il peso delle automobili è pari al 60% (dettagli e infografiche disponibili qua). In Italia un quarto delle emissioni è dovuto ai trasporti, e le automobili italiane emettono circa 60 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, una cifra pari alle emissioni...

Finanziamenti e meccanismi di supporto all’azione climatica: alcuni risultati della COP29
Moltiplicati per tre gli impegni finanziari dei paesi sviluppati per favorire l’azione sul clima, menzionati le migliaia di miliardi a cui si dovrà arrivare, approvate le basi dei meccanismi di mercato e di trasferimento internazionali dei crediti, lanciato il miglioramento della nuova piattaforma per i meccanismi non di mercato: avanzamenti utili ed importanti. In attesa del rilancio degli impegni nazionali previsto nel 2025. La COP29 che si è svolta a Baku dall’11 al 24 novembre è stata una COP...

Cerchiamo di metterci in tempo le mani
La catastrofica alluvione che ha colpito la zona di Valencia ha costretto molti mezzi di informazione ad occuparsi del legame fra riscaldamento globale e l’aumento dell’intensità degli eventi estremi di precipitazione. Come noto, si tratta di un legame da tempo messo in luce dai climatologi (si veda ad esempio il libro Tempeste di James Hansen, pubblicato nel 2008), evidenziato chiaramente nella letteratura scientifica, e ben riassunto dall’ultimo rapporto IPCC, come già discusso qui. In diverse trasmissioni televisive (ad esempio qui...

Il fuoco amico, una forma di inattivismo climatico: 1/ l’opposizione alle energie rinnovabili
Climalteranti ha sempre contrastato il negazionismo climatico, sia confutando le argomentazioni più fallaci sulle cause del riscaldamento globale in corso, sia contrastando chi vuole ritardare l’azione di mitigazione dei cambiamenti climatici. Negli ultimi tempi però sta emergendo, anche tra persone attivamente schierate a favore della tutela dell’ambiente, una tendenza verso sforzi inadeguati, in grado di indebolire la già insufficiente lotta alla crisi climatica; il che costituisce una minaccia probabilmente ancora più subdola, una forma di vero e proprio “inattivismo climatico”....

L’emergenza lenta del cambiamento climatico nel discorso pubblico e politico italiano
Nonostante le sue conseguenze siano diventate via via più visibili, il cambiamento climatico è rimasto a lungo sottotraccia nel discorso pubblico e politico italiano. Tuttavia, negli ultimi tempi, sembra che l’emergenza climatica stia emergendo, sebbene lentamente, nei discorsi della classe politica, nel dibattito sui media e anche nelle conversazioni quotidiane. A questo si riferisce il titolo del recente volume “Emergenza lenta: La questione climatica in Italia tra politica, media e società” (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli) di Cecilia Biancalana, ricercatrice in Scienza...

Come rendere utile un dibattito con chi nega la scienza del clima
Quanto avvenuto nel dibattito fra Daniele Visioni e Franco Battaglia (si veda il precedente post) fornisce alcune indicazioni utili per chi si trova a doversi confrontare con chi nega la scienza del clima. Capita spesso che gli organizzatori di convegni o i giornalisti chiedano un confronto fra un esperto del settore e chi nega l’influenza umana sul clima, o ne ridimensiona fortemente l’importanza. C’è purtroppo chi ritiene che, in nome di una presunta par condicio, si debba dare eguale...

Quando il negazionista climatico incontra il climatologo
In un confronto con il climatologo Daniele Visioni, Franco Battaglia ha rimediato una clamorosa figuraccia, che mostra ancora una volta come se si entra nel dettaglio degli argomenti scientifici, le tesi negazioniste sono inconsistenti. Per chi analizza come i “diversamente competenti” inquinano il dibattito sulla crisi climatica, è sicuramente di interesse valutare quanto è successo nel confronto fra Daniele Visioni, climatologo della Cornell University, Department of Earth and Atmospheric Sciences, e Franco Battaglia ex docente di chimica-fisica (qui alcuni...