Notizie e approfondimenti sul clima che cambiaPosts RSS Comments RSS

5 Gennaio 2024

Senza sorprese, nel 2023 nuovo record delle temperature globali. In Italia è il secondo anno più caldo

Categorie: Record, Statistiche, Temperature  -  Postato da: 

Le analisi preliminari dei dati della NOAA/NCEP e quelle parziali sugli altri database climatici permettono di affermare che il 2023 è risultato di nuovo l’anno più caldo da quando si misurano le temperature, con un’anomalia pari a poco meno di +1,5 °C rispetto al periodo preindustriale. Un aumento di quasi un decimo di grado rispetto al precedente record del 2016. Per quanto riguarda l’Italia, l’anomalia registrata è stata inferiore a quella dello scorso anno, che era però stata spaventosa (oltre +2,2 °C in più rispetto al periodo preindustriale) ma, con i suoi +2 °C risulta comunque il secondo valore della serie delle temperature annue disponibili.  

 

Come è ormai tradizione, all’inizio del nuovo anno si tirano le somme sull’anno appena trascorso usando come riferimento abituale le anomalie di temperatura estratte dal database NOAA/NCEP della NOAA, che fornisce i dati su punti griglia equispaziati di 2,5° in longitudine e latitudine. Nel fare i calcoli, considererò sia tutto il globo terrestre che un rettangolo che comprende l’Italia e i mari prospicienti. Nelle tabelle farò un riferimento anche ai valori di alcuni database storici (GISS, HadCRU, ERA5), anche se incompleti, considerando gli ultimi dodici mesi disponibili.

I numeri mostrati sulle tabelle sono le anomalie rispetto al periodo storico 1850-1900 (noto come periodo preindustriale), mentre le mappe mostrano le anomalie rispetto al trentennio più recente (1991-2020). Nella tabella 1, che riassume i principali risultati a scala mondiale, ho inserito soltanto gli anni a partire dal Continua a leggere…


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29 Dicembre 2023

La COP28 di Dubai e il “transitioning away” dai combustibili fossili

Categorie: Protocollo di Kyoto  -  Postato da: 

La COP di Dubai ha visto l’approvazione di numerosi documenti, fra cui quello relativo al primo Global Stocktake. Oltre alla novità dell’introduzione in un documento ufficiale delle COP del riferimento all’abbandono dei combustibili fossili, non mancano i riferimenti alle valutazioni dell’IPCC e dell’IEA. Come e quando sarà possibile capire se è solo retorica o se è un passo importante nella lotta al riscaldamento globale?

 

La COP28 di Dubai, terminata il 13 dicembre 2023, ha visto l’approvazione di 34 decisioni su diversi temi “storici” del negoziato (adattamento, loss and damage), ma la decisione principale– che ha ritardato la conclusione dei lavori – è quella relativa al documento “Matters relating to the global stocktake under the Paris Agreement”. Si tratta del risultato della Global stocktake (bilancio globale) in cui, come abbiamo spiegato in un precedente post, si riconosce in modo chiaro l’insufficienza di quanto fatto finora a livello internazionale, degli impegni degli NDC (Nationally Determined Contribution), e del divario tra questi impegni e le politiche effettivamente messe in atto.

Numerose sono le analisi ben fatte sui risultati della COP28, a cui rimandiamo per gli approfondimenti, ad esempio dell’IISD (29 pagine!) o di Carbon Brief (147.000 caratteri!) o dell’Italian Climate Network (in italiano).Da queste analisi emerge non solo la complessità del negoziato, ma quanto siano semplicistiche (e sbagliate) le conclusioni secondo cui alla COP28 (come nelle precedenti) non si sia combinato niente, non ci siano stati risultati concreti, non sia stato altro che un fallimento (l’ennesimo).

 

Nessuna COP salva il pianeta

Come abbiamo già avuto modo di scrivere su Climalteranti, il negoziato sul clima è un processo lento, e, proprio per come è stato pensato e approvato l’Accordo di Parigi, non può essere una singola conferenza a risolvere la crisi climatica. Chi – ogni anno – si aspetta una COP che “salva il pianeta” non potrà che restare Continua a leggere…


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17 Dicembre 2023

Perché è dannoso esagerare il ruolo delle foreste nella crisi climatica

Categorie: Assorbimenti, foreste, Rimozione CO2  -  Postato da: 

Una delle soluzioni alla crisi climatica più frequentemente citate è l’aumento della superficie forestale – anzi, semplicemente “piantare alberi”. Una soluzione con molti benefici e apparentemente nessuna controindicazione, che piace a chiunque, e che instilla una visione positiva del futuro. Eppure, una riforestazione dall’efficacia climatica erroneamente amplificata potrebbe facilmente trasformarsi in inerzia o alibi nel ridurre le emissioni e uscire il prima possibile dalle fonti fossili.

 

La proposta di avvalersi del contributo potenziale al contenimento della CO2 in atmosfera di piantagioni massive di alberi non è nuova. Già alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, Freeman J. Dyson propose un programma mondiale di piantagione di emergenza come risposta temporanea all’aumento dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera, in linea con un numero crescente di scienziati del clima dell’epoca. Dyson prevedeva che la piantagione massiva di alberi a rapido accrescimento potesse essere utilizzata come una “banca del carbonio” in modo da accompagnare la transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili.

 

Gli alberi inoltre svolgono un importante contributo all’adattamento, tramite la schermatura e l’ombreggiamento al suolo, l’effetto termoregolatore dell’evapotraspirazione, il contributo alla formazione delle nubi mediante il rilascio di composti organici volatili, la modifica dell’albedo superficiale e l’effetto “frenante “ di chiome e radici nei confronti del deflusso superficiale e dell’instabilità dei versanti.

 

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26 Novembre 2023

Net-zero, carbon budget e foreste: guida per non perdersi tra gli alberi

Categorie: Assorbimenti, foreste, Inventario emissioni  -  Postato da: 

Sempre più si sente parlare di net-zero, di carbon budget, e del contributo delle foreste: questo post aiuta a capire alcuni concetti basilari per le politiche sul clima

 

Secondo l’IPCC, per limitare l’aumento di temperatura globale a 1.5 oC, oppure ben al di sotto dei 2oC rispetto all’epoca preindustriale, occorre giungere a emissioni di CO2 antropogeniche nette pari a zero (net-zero CO2), con forti riduzioni delle emissioni degli altri gas serra. Anche lo stesso accordo di Parigi prevede che per raggiungere questi obiettivi di contenimento delle temperature globali si debba raggiungere un equilibrio tra le fonti di emissioni e l’assorbimento di gas a effetto serra di origine antropica, indicando nell’articolo 4 che questo dovrà avvenire nella seconda metà di questo secolo, “su una base di equità, e nel contesto dello sviluppo sostenibile e degli sforzi tesi a sradicare la povertà”.

Il modo in cui questo equilibrio viene interpretato, raggiunto e mantenuto influenza il risultato, ossia l’aumento della temperatura globale. Alcune delle questioni da chiarire influenzano le scelte sulle politiche da intraprendere e la modalità della loro attuazione.

Tra gli aspetti da interpretare vi è la modalità di stima dell’assorbimento di CO2 da parte delle foreste. Diverse interpretazioni, ad esempio tra i modelli globali e gli inventari nazionali di gas serra, possono influenzare alcune informazioni necessarie per le politiche climatiche, ad esempio quanto sia il “carbon budget” residuo, come sarà spiegato in seguito.

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18 Novembre 2023

Global Stocktake 2023: gli impegni climatici nazionali sono ancora insufficienti

Categorie: Negoziazioni  -  Postato da: 



Com’è noto l’Accordo di Parigi prevede di limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 °C, preferibilmente entro 1,5 °C. La principale autorità scientifica mondiale in materia di cambiamenti climatici, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), ha dichiarato nel suo ultimo rapporto che, per restare in linea con gli obiettivi di 1,5 °C, le emissioni globali di gas serra dovranno iniziare a diminuire tra il 2020 e il 2025 fino a dimezzarsi entro il 2030, e raggiungere le zero emissioni nette  intorno al 2050. Per i 2 °C, l’obiettivo di neutralità emissiva (emissioni nette di gas serra pari a zero) è invece situato intorno al 2070.

 

L’attuazione dell’accordo si basa sui cosiddetti NDC (Nationally Determined Contributions, contributi o impegni determinati a livello nazionale): dopo un primo round di impegni presi tra il  2015 e il 2016, il secondo round di NDC nel periodo 2020-2021 ha portato ad un rilancio degli obiettivi di riduzione delle emissioni.

Questa è la prima conclusione del rapporto appena diffuso dal Segretariato della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), che ha passato in rassegna gli impegni climatici dei paesi contenuti negli NDC trasmessi dai paesi che nel complesso rappresentano il 95% del totale delle emissioni globali nel 2019.

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6 Novembre 2023

La presidente di Arpa Lombardia e il clima del Mesozoico

Categorie: Protocollo di Kyoto  -  Postato da: 

Ha suscitato un po’ di clamore il caso della Presidente di Arpa Lombardia, Lucia Lo Palo, che in un’intervista su una web tv ha dichiaratoIo non credo che il cambiamento climatico sia frutto dell’uomo” perché “l’Italia è una regione che è hot spot, essendo un hot spot il cambiamento è in corso, ma è una cosa che è in corso da varie ere geologiche, noi attraversiamo il cambiamento climatico da molto tempo, da sempre, da quando la Terra esiste” (si ascolta dopo 8’15’’).

Sono argomentazioni già sentite: la tesi secondo cui “il clima è sempre cambiato” è usata molto frequentemente da chi non può più negare che sia in corso un cambiamento. Tuttavia, mentre di solito si citano a sproposito il riscaldamento del medioevo, l’optimum del periodo romano o le presunte calde temperature di migliaia di anni fa, Annibale, la Groenlandia-terra-verde, spesso col supporto di grafici privi di fondamento scientifico, il riferimento alle ere geologiche è insolito.

L’attuale era geologica, il Cenozoico, è iniziata 66 milioni di anni fa, quando non esistevano non solo gli umani ma neppure i mammiferi che conosciamo, e i continenti non avevano ancora raggiunto l’attuale posizione.

 

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16 Ottobre 2023

La scienza del clima vintage – e sbagliata – di Franco Prodi

Categorie: Negazionisti, Vintage  -  Postato da: 

Fra chi nega in modo ostinato la responsabilità delle attività umane sulle variazioni climatiche e i pericoli legati alle variazioni future, il prof. Franco Prodi è quello considerato più autorevole dal punto di vista scientifico. Forse perché ex professore di fisica dell’atmosfera, ex direttore della  l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del CNR, Prodi è considerato un esperto del problema del cambiamento climatico.

Come abbiamo già avuto modo di segnalare, in realtà Prodi scrive e afferma cose palesemente sbagliate sulla scienza del clima (si veda qui, qui e qui). Negli ultimi anni Prodi si è isolato dai colleghi e dalle istituzioni scientifiche per le quali ha lavorato (vedasi qui), e il suo discorso è ulteriormente peggiorato, diventando più sbagliato, confuso e spesso arrogante.

Con tutta la simpatia che Prodi può suscitare per un pubblico non specialistico, per via del fare bonario e della parlata emiliana, le sue sono presentazioni di un dinosauro. Dal punto di vista scientifico è come se fosse stato ibernato negli ultimi 20-30 anni, e sia ora riemerso inconsapevole di cosa sia successo negli ultimi decenni di scienza del clima. Solo così si può spiegare che, nel 2023, Prodi mostri un andamento delle temperature globali che si ferma all’anno 2000 (23 anni fa!); e che citi un tasso di riscaldamento di 0.7°C per secolo, mentre il tasso di riscaldamento nell’ultimo secolo è del 50% superiore (1,1 °C/secolo) e il trend di riscaldamento degli ultimi 60 anni è del 260% superiore, 1,8°C/secolo.

Per parlare del riscaldamento degli ultimi 1000 anni, Prodi utilizza Continua a leggere…


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28 Agosto 2023

Senza precedenti

Categorie: Ghiacci, Statistiche, Temperature  -  Postato da: 

fig SPM1aNel rigurgito di negazionismo climatico che si è visto sui media italiani nel luglio-agosto 2023, peraltro mesi caratterizzati dalla continua caduta di record meteo-climatici, l’argomento più utilizzato è che le attuali variazioni nelle temperature e nelle precipitazioni intense non sarebbero anomale, rientrerebbero in cicli naturali. “Il clima è sempre cambiato”, hanno scritto e detto giornalisti, opinionisti e politici, “in estate ha sempre fatto caldo”.

La conseguenza che si vorrebbe far derivare da questa (errata) tesi è che la crisi climatica non esisterebbe, o non sarebbe importante, e quindi le ambiziose politiche sul clima decise a livello europeo non sarebbero necessarie.

Ad esempio, Marcello Veneziani ha ricordato che nella sua infanzia, prima che ci fosse l’emergenza climatica, faceva molto caldo, da cui l’ironia “che strano, eppure allora non c’era il surriscaldamento del pianeta”. Giuliano Ferrara, ha sostenuto di aver veduto e toccato “una certa regolarità dei fenomeni, una loro naturale, ripetitiva, monotona autonomia dalla mano umana, dal sistema economico e sociale e ambientale”, incappando quindi nella sfortunata previsione “a metà agosto l’aria comincerà a rinfrescarsi”. Il Ministro delle infrastrutture dei trasporti ha dichiarato “D’inverno fa freddo; d’estate caldo… quando vai sull’Adamello e sul Tonale e vedi i ghiacciai che si ritirano anno dopo anno ti fermi a pensare, poi studi la storia e vedi che sono cicli”. Tutti interventi accomunati da due caratteristiche: da un lato la volontà di fare gli spiritosi, con la frase ad effetto e la battuta piaciona; dall’altro evitare accuratamente ogni citazione o riferimento a qualche straccio di dato, a supporto delle proprie affermazioni.

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10 Agosto 2023

Come travisare quanto scrive l’IPCC

Categorie: Eventi estremi, Impatti, Statistiche, tendenza  -  Postato da: 

Negli ultimi mesi, dopo l’alluvione in Emilia-Romagna, le temperature molto alte di inizio luglio  e la tempesta che ha sconvolto il milanese, si è parlato molto di cambiamento climatico nei mezzi di informazione. Si è incredibilmente visto un rigurgito del negazionismo climatico, con alcuni giornali (in particolare La Verità e Libero) impegnati in una vera e propria campagna di propaganda negazionista, come non si era mai visto. Pagine e pagine dedicate ad articoli zeppi di errori, falsità o assurdità, senza alcun riguardo per i dati e le informazioni che si sono accumulati in decenni di scienza del clima. Sono stati toccati tutti i temi classici del negazionismo climatico (niente sta cambiando / il clima è sempre cambiato / l’uomo non c’entra / non dobbiamo preoccuparci / fare qualcosa costa troppo / ormai è troppo tardi), classificati nella Figura 1 di Qualcuno Piace Caldo nel 2008 (Parte II) e oggetto di altri post.

Niente di nuovo sotto il sole, se non gli estremi di stupidità che hanno toccato alcuni articoli, su cui torneremo in altri post.

Vorremmo partire nell’analisi di questa ondata negazionista valutando i (pochi) argomenti scientifici che sono stati prodotti, articolati facendo riferimento a qualche fonte scientifica.

Una delle critiche più strutturate è arrivata dall’articolo di Francesco Ramella, pubblicato su Il Foglio del 27 luglio 2022, col titolo “Non si può attribuire al climate change ogni fenomeno avverso” (riprodotto tre giorni dopo su Start Magazine col titolo “Vi svelo le opposte bugie sul clima”, e qui leggibile interamente). L’articolo è stato Continua a leggere…


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1 Agosto 2023

L’Italia in ritardo sulla diffusione delle auto elettriche

Categorie: Mitigazione, Trasporti  -  Postato da: 

In molti paesi europei la mobilità elettrica si sta diffondendo più velocemente che in Italia, a causa di scelte politiche più lungimiranti. Se si aggiunge l’insufficienza della promozione anche delle altre forme di mobilità sostenibile (trasporto pubblico, mobilità non motorizzata, ecc.) appare a rischio il raggiungimento degli obiettivi sulla riduzione delle emissioni di gas climalteranti già assunti dall’Italia in sede europea.

 

Rifornimento elettrico auto elettricaPartiamo dai dati. L’Italia nel 2021 ha emesso 417,5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, di cui l’80% imputabili alla sola CO2, il 15% al metano e il resto ad altri gas serra. Pur in presenza di oltre un terzo del territorio a bosco (37%), gli assorbimenti forestali sono stati modesti, -27 Mt CO2eq, e di conseguenza le emissioni nette sono pari a 390 Mt CO2eq, ovvero 6,6 t CO2eq pro capite. Le emissioni dovute ai soli trasporti sono state pari a 102 milioni di tonnellate (il 24% del totale), due terzi delle quali sono da imputare alle autovetture, per lo più private.

In effetti gli italiani possiedono e usano moltissime, troppe auto: con una popolazione inferiore ai 59 milioni di abitanti, e in calo di circa 180mila unità ogni anno, le auto immatricolate a fine 2022 erano ben 39,2 milioni, in sostanza una per ogni patentato. I motivi sono o dovrebbero essere piuttosto chiari: la cattiva qualità e palese insufficienza dei trasporti pubblici urbani e metropolitani, la grande dispersione dei residenti in una miriade di centri abitati per lo più medi e piccoli, cattive politiche urbanistiche che hanno portato alla costruzione di aree residenziali, lavorative e commerciali in zone dove il trasporto pubblico non arriva, o fornisce un servizio assolutamente insufficiente, talvolta persino con l’eliminazione o interruzione di ferrovie locali. Continua a leggere…


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21 Luglio 2023

Attenzione alle temperature!

Categorie: Eventi estremi, Statistiche, Temperature  -  Postato da: 

Una gran parte dell’Italia e diversi altri posti nel mondo stanno sperimentando, negli ultimi giorni, temperature molto alte. Per chi ha capito in cosa consiste il riscaldamento globale, non c’è niente di anomalo: un aumento delle temperature medie comporta anche un aumento della frequenza dei valori più estremi delle temperature.

Al di là di chi non riesce ad arrendersi all’evidenza del dispiegarsi degli effetti della crisi climatica, neppure quando la vive sulla propria pelle, non c’è però molta chiarezza su cosa siano e come vengano misurati i dati di temperatura citati da quotidiani, televisioni e social media, comunicati da agenzie meteorologiche o da istituti scientifici. Proviamo a spiegarlo.

 

La temperatura dell’aria a livello del suolo

Quando si parla della temperatura di un luogo si intende generalmente la temperatura dell’aria vicino alla superficie del suolo. I protocolli di misura stabiliscono di misurarla tra 1,25 e 2 metri dal suolo, con sensori classicamente montati in capannine di misura (i cosiddetti Stevenson Screen) dislocate in varie parti delle città e dei territori. Termometro ariaNegli ultimi anni si sono diffusi sensori elettronici più moderni (il più comune è la cosiddetta Pt100, resistenza al platino da 100 ohm), racchiusi in piccoli schermi ventilati naturalmente (v. foto), e connessi con un data logger trasmettitore, che si possono collocare direttamente all’esterno, senza bisogno di capannina. In entrambi i casi, il sensore (il termometro) deve essere posizionato in modo da essere sempre riparato dalla radiazione solare, per non rimanere surriscaldato da essa. Le modalità di schermatura rispondono a criteri rigidi dettati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) Continua a leggere…


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3 Giugno 2023

Alcune gravi limitazioni nello studio del World Weather Attribution sull’Emilia-Romagna

Categorie: Attribuzione, Eventi estremi, Precipitazioni, Protocollo di Kyoto  -  Postato da: 

Usando una metodologia rapida e semplificata, e inadatta al contesto, lo studio non ha rilevato una connessione statistica tra cambiamento climatico e le precipitazioni estreme cadute in una parte dell’Emilia-Romagna; ma non ha certo dimostrato che questo legame non esista.

 

Sta facendo molto discutere lo studio di 14 scienziati internazionali “Limited net role for climate change in heavy spring rainfall in Emilia-Romagna”, pubblicato sul sito del World Weather Attribution (WWA), un gruppo di ricerca che da anni studia il legame fra eventi meteorologici estremi ed il cambiamento climatico.

Come si può evincere già dal titolo, lo studio non evidenza un legame significativo fra il cambiamento climatico globale e lo straordinario evento meteorologico che ha colpito l’Emilia-Romagna nel mese di maggio.

Lo studio disponibile non è stato soggetto al processo di peer review (revisione dei pari) che viene effettuato prima della pubblicazione su una rivista scientifica, e solo il protocollo di valutazione probabilistica su cui si basa è stato pubblicato dopo revisione dei pari. Non è stato al momento pubblicato su alcuna rivista scientifica, è solo disponibile nel “repository” Spiral dell’Imperial College London.

Pur non mettendo in discussione in alcun modo la competenza dei 14 autori e la qualità del valore del lavoro del WWA in generale, alcuni aspetti dello studio appaiono deboli, come mostriamo qui di seguito.

 

Scelta delle stazioni osservative

Il lavoro confronta tre set di dati: Continua a leggere…


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24 Maggio 2023

Sì, c’è un legame fra riscaldamento globale ed eventi estremi

Categorie: Eventi estremi, Precipitazioni  -  Postato da: 

Secondo la comunità scientifica, già si vedono i segni dell’intensificazione delle precipitazioni in molte parti del mondo, e su scala globale le piogge forti diventeranno più frequenti e più intense che nel recente passato.

La grande siccità dei primi mesi del 2023 e la successiva alluvione in Romagna ha portato alla ribalta dei media nazionali il legame fra il surriscaldamento globale e l’aumento della frequenza degli eventi estremi. Diverse trasmissioni televisive hanno, purtroppo, nuovamente dato ampi spazi all’antiscienza, in dibattiti popolati dai soliti opinionisti negazionisti spacciati per esperti (Franco Prodi e Alberto Prestininzi in prima fila). Ci siamo ormai stancati di commentare queste mortificanti parodie di giornalismo televisivo, o il diluvio di stupidaggini pubblicate su Il Foglio, Il Giornale, Libero e la Verità.

Riteniamo più utile ricordare come la scienza del clima abbia studiato in modo approfondito il legame fra l’aumento delle temperature e l’aumento dell’intensità e durata di ondate di calore, siccità o precipitazioni intense, arrivando a conclusione chiare.

 

Un legame studiato da anni

Rapporto Speciale pubblicato da IPCCPrima di tutto va detto che gli scienziati studiano questo legame da diversi decenni. Nel marzo del 2012 l’IPCC ha pubblicato il Rapporto Speciale  proprio sul tema degli eventi estremi (Managing the risks of extreme events and disasters to advance climate change adaptation), una sintesi di più di 500 pagine della conoscenza scientifica di allora, con centinaia di riferimenti bibliografici a lavori pubblicati nel decennio precedente. In questo rapporto già si sottolineava che la variabilità climatica naturale e i cambiamenti climatici di origine antropoegenica  possono influenzare la frequenza, l’intensità, l’estensione spaziale e la durata di alcuni eventi meteo-climatici estremi.  Il Quinto Rapporto di Valutazione sul clima (Assessment Report 5, AR5) del 2013-2014 e il Sesto Rapporto IPCC (AR6) sul clima hanno ulteriormente approfondito la conoscenza su questo tema. Nel Rapporto del primo gruppo di lavoro dell’AR6 è disponibile un intero capitolo, l’undicesimo, intitolato “Weather and Climate Extreme Events in a Changing Climate”: 254 pagine, 29 figure, quasi duemila riferimenti bibliografici. Continua a leggere…


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30 Aprile 2023

Un’allarmante distanza dagli obiettivi di riduzione di gas serra al 2030

Categorie: Emissioni, Obiettivi  -  Postato da: 

Con le politiche approvate fino a fine 2021, si prevede per l’Italia al 2030 una riduzione delle emissioni pari a meno della metà di quanto richiesto a livello europeo.

 

È stato appena pubblicato il rapporto “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi”, da parte di ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Si tratta di un rapporto “ufficiale” sull’andamento delle emissioni italiane, in quanto gli autori sono in buona parte componenti del gruppo che annualmente realizza le stime delle emissioni di gas serra (e degli assorbimenti di CO2) per l’Italia, dati che sono poi comunicati a livello europeo e alla Convenzione delle Nazioni Unite sul clima (UNFCCC).

Dopo le 7 pagine del capitolo 2 “Il contesto normativo internazionale ed europeo”, un riassunto molto utile sui principali risultati degli ultimi 30 anni di negoziato sul clima e politiche europee, le 28 pagine del capitolo 3 “L’inventario nazionale dei gas serra” presentano un quadro dettagliato e coerente delle emissioni italiane, il trend dal 1990 al 2021, e la suddivisione per i settori emissivi: nelle 8 tabelle e 29 figure sono mostrati anche gli andamenti dei fattori che determinano le emissioni, ad esempio le percorrenze veicolari o il numero di viaggi aerei.

 

La riduzione delle emissioni di gas serra in Italia

La sostanza è che l’Italia ha ridotto le sue emissioni climalteranti annue, calcolate in termini di CO2 equivalente, senza considerare i cambiamenti di uso dei suoli (chiamati LULUCF – land use, land use change and forestry, include l’assorbimento di CO2 delle foreste ed altre emissioni dovute a tagli e incendi delle foreste), da 521 a 418 milioni di tonnellate nel periodo 1990-2021.

Dopo aver rispettato gli impegni del primo periodo del Protocollo di Kyoto (dal 1990 al 2008-2012), seppur con l’acquisto di crediti del mercato del carbonio per circa un terzo del suo obiettivo di riduzione, l’Italia ha rispettato i suoi impegni europei per il periodo 2013-2020, superando di molto i propri obiettivi di riduzione. Continua a leggere…


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20 Aprile 2023

La rimozione di CO2 atmosferica con il biochar

Categorie: biochar, Rimozione CO2  -  Postato da: 

Un’opzione per rimuovere CO2 dall’atmosfera, che coinvolge ancora il suolo, è quella basata sulla produzione e il successivo spandimento sui terreni agricoli del biochar.

Il termine “biochar” è un neologismo, in cui il prefisso “bio” è unito al termine “char”, una forma contratta della parola inglese “charcoal”, in italiano “carbone vegetale”. La scelta linguistica del “bio” è volta ad indicare un uso prettamente “agronomico”, rispetto ad altri usi tipici del passato.

 

La produzione del char: un processo antico

Il biochar è un materiale carbonioso che si ottiene trasformando termo-chimicamente una qualsiasi biomassa organica, in assenza di ossigeno. Quando la temperatura supera i 200 °C e non c’è ossigeno per innescare la combustione, il materiale organico inizia a modificarsi liberando calore, un liquido denso detto “tar” e un gas infiammabile composto per lo più da monossido e biossido di  carbonio (CO e CO2), metano (CH4) e idrogeno (H) che prende il nome convenzionale di syngas. Il processo, noto come “pirolisi” porta alla completa gassificazione anche del tar e se non si eccedono i 600-700 °C non si producono quasi ceneri e la pirolisi giunge naturalmente a termine lasciando un residuo ad alto contenuto di C, infiammabile, leggero e poroso (densità fra 0.2 e 0.6 t/m3). Il carbone vegetale mantiene gran parte della struttura tridimensionale della biomassa originale, lasciando quasi inalterata la trama dei vasi legnosi e di altri elementi che davano sostegno e forma ai tessuti vegetali originali. Continua a leggere…


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